Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 maggio 2023, n. 12380
Lavoro, Passaggi di livello, Risarcimento del danno da perdita di chance, Differenze retributive, Selezione con valutazione comparativa, Nesso di causalità tra il comportamento datoriale e la perdita della possibilità di conseguire la qualifica superiore, Quadro, Rigetto
Rilevato che
1. R.S. convenne in giudizio RFI e chiese che, accertata la violazione della procedura prevista dal c.c.n.l. per i passaggi di livello e la copertura del posto professional B, la società fosse condannata a corrisponderle il risarcimento del danno da perdita di chance.
2. Il Tribunale di Messina accolse la domanda e condannò la società, nella contumacia di F.C., al pagamento della somma di € 67.996,23 oltre accessori e spese, che compensava con la parte contumace.
3. La Corte di appello di Messina, investita del gravame da parte di RFI s.p.a., in parziale accoglimento dello stesso ha condannato la società a corrispondere a titolo risarcitorio da perdita di chance il 75% della somma individuata nelle differenze retributive tra il livello D) Capo stazione ed il livello B) professional da calcolarsi per il periodo dal 28.10.2008 alla data della decisione (5.12.2017) ed ha ordinato la restituzione delle somme “eventualmente versate alla Siracusa in esecuzione della sentenza di primo grado qualora eccedenti quelle alla stessa dovute per la presente sentenza” compensando per metà le spese di primo grado e quelle di appello che nel resto ha posto a carico della società.
3.1. Il giudice di appello ha ritenuto che correttamente fosse stato accertato che in base a quanto disposto dall’art. 13 dell’accordo di confluenza del c.c.n.l. del 2003, in particolare dal paragrafo 18, per l’attribuzione della qualifica di quadro sarebbe stato necessario procedere ad una selezione con valutazione comparativa dei possibili aspiranti che invece non era stata effettuata.
3.2. Ha escluso che la circostanza che il controinteressato C. avesse conseguito la qualifica in esito alla conciliazione di una possibile controversia, di cui la stessa società aveva riconosciuto la fondatezza, non escludeva che in base all’accordo di confluenza la società era tenuta ad effettuare la selezione per attribuire la qualifica di quadro.
3.3. Ha accertato che la nota del 31.12.2007 era stata presa in esame dal Tribunale e tenuta in considerazione proprio nel valutare l’esistenza di una chance perduta. A tal proposito ha osservato che la graduatoria ben poteva essere valorizzata in tale prospettiva e che dimostrava l’esistenza di una ragionevole possibilità per la lavoratrice di conseguire la posizione all’esito del positivo superamento della selezione considerato che la stessa società le aveva riconosciuto una valutazione superiore a quella del controinteressato, collocandoli rispettivamente al primo e al diciassettesimo posto.
3.4. Ha osservato che la chance, vale a dire la concreta ed effettiva perdita di un’occasione favorevole di conseguire un bene o vantaggio, costituisce un’entità patrimoniale autonoma e a sé stante giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione. Una buona e comunque non trascurabile probabilità di superare la selezione e non la mera possibilità di parteciparvi.
3.5. Ha ritenuto che la produzione della graduatoria e della nota di accompagnamento alla stessa costituisse una idonea allegazione a supporto della richiesta e che la misura del 75% della retribuzione che avrebbe percepito quale livello B professional costituisse un congruo parametro. Tuttavia il giudice di appello ha ritenuto che di dover limitare alla data della sentenza la liquidazione del danno che invece era stata effettuata, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio, tenendo conto delle differenze retributive tra il tentativo di conciliazione ed il possibile pensionamento della Siracusa (il 30.6.2028), stabilendo quale termine iniziale di decorrenza la data di espletamento della procedura conciliativa tra RFI e il contro interessato C. quando questi era stato immesso nel livello superiore rivendicato dalla lavoratrice ricorrente.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.S. affidandolo a cinque motivi. R.F.I. s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso ed ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale articolando quattro motivi. F.C. è rimasto intimato. R.F.I. s.p.a. ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..
Considerato che
5. Il ricorso principale.
5.1. Con il primo motivo è denunciata ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c.. La ricorrente deduce che il danno da mancata promozione è diverso dal danno da perdita di chance ed osserva che per il primo deve essere provata l’illegittimità della procedura concorsuale ovvero, in caso di suo legittimo espletamento, la circostanza che si sarebbe stati certamente inclusi tra i promossi. Per il secondo, considerata l’irripetibilità della procedura, si deve far valere il danno associato alla perdita di una possibilità non trascurabile di conseguire il risultato utile. Nel primo caso il danno è ristorato in pieno tenuto conto della perdita dei vantaggi connessi alla superiore qualifica di carattere economico e normativo. Nel secondo invece va commisurato alla perdita dei vantaggi tenuto conto del grado di probabilità, esistente al momento della illegittima esclusione, di conseguire la promozione. Rileva allora che, nella specie, era stato disconosciuto il lucro cessante essendo stati limitati gli effetti dannosi risarcibili allo spazio temporale intercorrente fino alla data della sentenza di secondo grado con esclusione degli effetti ulteriori che si ripercuoteranno sul patrimonio giuridico ed economico della lavoratrice. Sostiene che seguendo il ragionamento della Corte di appello il danno sarebbe risarcibile e determinabile nel suo ammontare esclusivamente in ragione della durata del processo. Rileva che più correttamente, invece, il giudice di primo grado aveva tenuto conto della espansione del danno riconoscendone l’incidenza del tutto certa sulle differenze retributive, la maturazione del TFR e del trattamento pensionistico.
5.2. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata ancora in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. la violazione dell’articolo 416 c.p.c..
Ad avviso della ricorrente la società nel costituirsi in primo grado non aveva mosso alcuna specifica contestazione alla domanda della lavoratrice che aveva chiesto che si tenesse conto degli effetti della denunciata perdita di chance sul TFR futuro e sul trattamento pensionistico. La questione era stata posta solo in appello e perciò avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile.
5.3. Il terzo motivo del ricorso principale denuncia la violazione dell’articolo 132 n. 4 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. e si deduce che la sentenza non conterrebbe una seppur concisa esposizione delle ragioni di diritto che hanno determinato la limitazione del danno da perdita di chance alla data della sentenza. Sostiene la ricorrente che la Corte di appello, nel procedere ad una valutazione prognostica con giudizio ex ante, avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali si era discostato dalla scelta del primo giudice nell’individuare il termine finale.
5.4. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 157 comma 2 c.p.c. e si deduce che la Corte di merito, nel limitare alla data della sentenza il risarcimento, aveva di fatto accolto una contestazione mossa alla consulenza tecnica d’ufficio che, a norma dell’articolo 157 comma 2 c.p.c., avrebbe dovuto essere sollevata a pena di decadenza nella prima difesa successiva al deposito dell’elaborato peritale ed era perciò preclusa in appello.
5.5. Con l’ultimo motivo del ricorso principale, infine, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e si sostiene che il giudice sarebbe incorso nella denunciata violazione di legge atteso che solo nel secondo grado era stato chiesto di limitare il danno alla data della pronuncia e, comunque, non era stata formulata a tal fine una domanda subordinata. Pertanto, una volta confermata la pronuncia in termini di esistenza del danno, in mancanza di una formale domanda di liquidazione anche solo in via equitativa del danno stesso, la Corte territoriale non avrebbe potuto ridurne l’ammontare, salvo incorrere, come accaduto, nella denunciata violazione di legge.
6. Il ricorso incidentale.
6.1. Con il primo motivo la società denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 paragrafo 18 del Contratto aziendale del gruppo Ferrovie dello Stato e dell’Accordo di confluenza al CNL 2003 delle attività ferroviarie oltre che di ogni altra norma e principio in tema di potere discrezionale dell’imprenditore. La ricorrente sostiene che i giudici di merito – in mancanza di elementi dai quali supporre che il verbale di conciliazione fosse stato dolosamente preordinato all’elusione delle norme sull’accordo di confluenza che sancivano l’obbligo di esperire una selezione per l’immissione di dipendenti già in servizio nell’esercizio delle mansioni relative alla qualifica di quadro – non potevano escludere la “valenza di conciliazione” all’accordo intervenuto con il dipendente, controinteressato nel presente giudizio, signor C.. Ad avviso della società sarebbe stato necessario dimostrare che l’accordo raggiunto era strumentale all’aggiramento della graduatoria e che, non solo tale prova non era stata offerta, ma la Corte si era espressa in termini di mera probabilità, con una valutazione solo astratta e non concreta, senza verificare se fosse effettivamente ragionevole ritenere che quella conciliazione mascherasse un’arbitraria e illegittima preferenza della società in favore di un dipendente ed in danno di un altro. La società sostiene che all’accordo avrebbe potuto essere attribuito un tale rilievo solo nell’ipotesi in cui fosse stato adottato nel corso di una procedura selettiva e che nel caso in esame, invece, l’immissione del C. nel profilo superiore era stata determinata da ragioni del tutto indipendenti dalla graduatoria predisposta nel 2007 nella quale la Siracusa ed altri lavoratori erano risultati meglio posizionati. In definitiva sostiene che nella specie non si erano mai verificati i presupposti per l’applicazione dell’Accordo di confluenza. Rammenta poi che, peraltro, l’odierna ricorrente principale era stata direttamente interpellata per la copertura temporanea della posizione superiore e, pur avendo aderito inizialmente alla proposta, vi aveva poi rinunciato così come aveva rinunciato a partecipare all’interpello per le posizioni vacanti di quadro operativo Professional. Il C. invece aveva maturato il diritto a conseguire la qualifica in via autonoma per effetto dello svolgimento protratto delle mansioni poi riconosciutegli in via conciliativa per prevenire possibili controversie.
6.2. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata ancora una volta la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 paragrafo 18 del contratto aziendale del gruppo Ferrovie dello Stato e dell’Accordo di confluenza al CNL 2003 delle Attività ferroviarie e di ogni altra norma e principio in tema di classificazione professionale e criteri di selezione, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.. La società ricorrente deduce che per il conseguimento della qualifica di quadro, in applicazione del paragrafo 18 comma 4, era possibile ma non obbligatorio ricorrere alle procedure dettate dal precedente comma 3 per tutti gli altri profili. Sottolinea che una graduatoria del personale con la qualifica di capostazione livello D era stata redatta per attingervi in caso di scopertura delle posizioni per causa di malattia ferie infortunio etc. a garanzia della sicurezza e della regolare circolazione dei treni e precisa che quell’elenco era stato predisposto per far fronte a situazioni di emergenza con la precisa finalità di far fronte alla “copertura delle posizioni connesse con la sicurezza e la regolarità della circolazione dei treni” come precisato nella nota del 31.12.2007. Deduce inoltre che il controinteressato nel presente giudizio, signor C., aveva conseguito in sede conciliativa la qualifica superiore avendone svolto le funzioni nell’esercizio di mansioni amministrative presso il reparto manovra di Messina. Si trattava di mansioni diverse da quelle specifiche di dirigente centrale movimento di cui alla nota del 31 dicembre 2007 e che perciò prescindevano dalla graduatoria e non richiedevano per la copertura la sollecitazione di “manifestazioni di interesse” ai sensi dell’articolo 13 paragrafo 18.2 dell’Accordo di confluenza .
6.3. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 n.4 c.p.c. e di ogni altra norma che impone di pronunciare su tutta la domanda. Si deduce infatti che, ferma la portata assorbente dei precedenti motivi, la Corte di appello avrebbe trascurato di pronunciare sulla questione, pure sottopostale, relativa alla omessa valutazione da parte del giudice di primo grado della nota di accompagnamento alla graduatoria del 31 dicembre 2007 e del verbale di conciliazione con il dipendente C.. Sostiene che apoditticamente il giudice di appello ha ritenuto che il Tribunale avesse tenuto conto della nota ricordata sol perché ne aveva trascritto una parte. Tuttavia, la Corte non aveva considerato che quel giudice si era limitato ad una mera trascrizione senza procedere all’ interpretazione della nota.
6.4. Con il quarto motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c. e di ogni altra norma il tema di risarcimento del danno ed onere della prova. Ad avviso della ricorrente, anche a voler ritenere che si dovesse procedere ad una manifestazione di interesse per il passaggio al livello di quadro, in ogni caso non era previsto alcun obbligo di assunzione e dunque non sarebbe ravvisabile quella verosimile possibilità di un risultato favorevole per la lavoratrice necessario ai fini del riconoscimento del danno da perdita di chance. Inoltre, la Siracusa non avrebbe fornito elementi chiari ed esaustivi dai quali presumere che in caso di manifestazione di interesse avrebbe avuto la possibilità di vedersi assegnare il posto di quadro, non essendo a tal fine sufficiente l’allegazione della posizione di vertice ricoperta nella graduatoria che era stata formata per finalità diverse. Osserva infatti che l’esito della partecipazione alla manifestazione di interesse sarebbe stato condizionato dal positivo superamento degli strumenti di selezione ulteriori e non identificati dalla norma collettiva. In sostanza secondo la società sarebbe mancata la prova del fatto costitutivo del preteso diritto al risarcimento del danno e più specificatamente dell’esistenza di una concreta ed effettiva occasione favorevole a conseguire quel bene della vita.
7. Il ricorso incidentale, il cui esame precede logicamente quello del ricorso principale, non può essere accolto.
7.1. Va qui ribadito che ai fini del riconoscimento dell’esistenza di un danno da perdita di chance, e del suo conseguente risarcimento, è necessario che si dimostri, anche in via presuntiva ma con circostanze specifiche e concrete, l’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, l’attuale esistenza di un danno risarcibile collegato ad un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente nella perdita di una possibilità attuale di conseguire un bene della vita (cfr. Cass. 30/09/2016 n. 19604).
7.2. L’accertamento del nesso di causalità tra il comportamento datoriale e la perdita della possibilità di conseguire la qualifica superiore deve essere accertato dal giudice tenendo conto di tutti gli elementi allegati in giudizio e, specificatamente, tenendo conto delle modalità previste dal contratto collettivo e dall’accordo di confluenza per l’assegnazione delle qualifiche superiori. Nell’ambito delle procedure di selezione del personale per il conseguimento di qualifiche superiori il datore di lavoro privato è tenuto infatti a rispettare i principi di correttezza e buona fede mentre incombe sul lavoratore che agisca per il risarcimento del danno da perdita di “chance”, l’onere di provare, seppure in via presuntiva e probabilistica, sia il nesso causale tra l’inadempimento e l’evento dannoso sia la misura della chance persa. Deve essere dimostrata una concreta e non ipotetica possibilità di conseguire la promozione qualora la comparazione tra i concorrenti si fosse svolta in modo corretto e trasparente (cfr. Cass. 01/03/2016 n. 4014).
7.3. Tanto premesso ritiene il Collegio che la Corte di appello nel confermare sul punto la sentenza di primo grado abbia fatto corretta applicazione dei principi esposti avendo accertato in fatto che con il paragrafo 18 dell’Accordo di confluenza al c.c.n.l del 2003 sono dettate le disposizioni per “favorire la crescita professionale delle risorse umane interne” e che per il conseguimento della qualifica di Quadro tra gli strumenti di selezione utilizzabili vi sono anche quelli attivabili con richieste di manifestazione di interesse dirette a lavoratori inquadrati nel livello professionale inferiore del corrispondente settore di attività da almeno due anni tenendo conto dei requisiti di professionalità acquisita, incarichi ricoperti, specifiche competenze e attitudini, età anagrafica e anzianità aziendale. Selezioni che possono essere svolte seguendo varie modalità (test tecnico attitudinale, intervista di gruppo, colloquio individuale) o, specificatamente per i Quadri, anche ricorrendo ad altri strumenti di selezione non previamente individuati dalla norma collettiva.
7.4. In tale contesto la Corte territoriale ha condivisibilmente ritenuto che l’utilizzo della selezione rappresenti lo strumento privilegiato dalla norma collettiva per il conferimento di mansioni superiori. Modalità che assicura un esercizio corretto e trasparente del potere datoriale espressione di un comportamento ispirato a criteri di buona fede e correttezza.
7.5. Tale modalità di progressione, consentita anche per il conseguimento di una elevata qualifica come quella di Quadro, è stata invece del tutto pretermessa dalla società datrice che neppure ha utilizzato per l’attribuzione della posizione quegli “ulteriori strumenti di selezione”, pure possibili rispetto a quelli già individuati dalla norma collettiva per le qualifiche inferiori.
7.6. Correttamente, allora, è stata ritenuta in contrasto con la norma collettiva richiamata (l’art.13 § 18 dell’Accordo di confluenza), cui la datrice di lavoro era vincolata, e più in generale con i principi di correttezza e buona fede, la scelta datoriale di assegnare, in sede conciliativa di una possibile futura controversia con un suo dipendente, una posizione lavorativa creata ad hoc senza dar corso ad alcun tipo di selezione in concorso con altri possibili aspiranti alla stessa.
7.7. Né era necessario che la lavoratrice dimostrasse che la conciliazione fosse frutto di un accordo fraudolento per privilegiare un altro dipendente.
Ciò che rileva, ai fini dell’individuazione di un nesso causale tra la condotta datoriale ed il danno da perdita di chance lamentato, è che per l’attribuzione della qualifica sarebbe stato necessario seguire un determinato procedimento che invece era stato del tutto disatteso.
8. Anche il ricorso principale non può essere accolto. Le cinque censure investono sotto vari profili la statuizione del giudice di appello che nel liquidare il danno nella misura del 75% delle differenze retributive tra la posizione di Capo Stazione livello D) posseduta ed il livello B) Professional ha limitato l’arco temporale alla data della sentenza di appello riformando la sentenza di primo grado che invece aveva ritenuto che le stesse spettassero fino alla data futura di possibile pensionamento della lavoratrice (individuata dal Tribunale nel 30.6.2028). Al riguardo va qui ribadito che il danno patrimoniale da perdita di chance è un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione “ex ante” da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale.
L’accertamento e la liquidazione di tale perdita, necessariamente equitativa, sono devoluti al giudice di merito e non sono sindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivati (cfr. Cass. 12/02/2015 n. 2337 17/04/2008 n. 10111).
8.1. Tanto premesso rileva il Collegio che la Corte territoriale ha ben chiarito la ragione per la quale, riformando in parte la sentenza di primo grado, ha ridotto l’arco temporale nell’ambito del quale procedere alla liquidazione del danno. Il giudice di appello ha posto infatti in evidenza come il criterio adottato dal Tribunale fosse aleatorio ed ancorato a dati futuri ed eventuali (la data di possibile pensionamento della lavoratrice). Il danno per perdita di “chance” costituisce infatti un’entità patrimoniale a sé stante in relazione alla quale da un canto deve essere offerta la prova di una concreta ed effettiva occasione perduta. Nel liquidare il danno poi le differenze retributive non percepite ben possono costituire il parametro cui il giudice può fare riferimento nel procedere alla liquidazione equitativa sempre tenuto conto del grado di probabilità e della natura di danno futuro, consistente nella perdita non di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo (cfr. Cass. 21/01/2022 n. 1884). Questo è quello che ha fatto la Corte di merito riconducendo ad un parametro fornito di un minor grado di aleatorietà il criterio sul quale basare la liquidazione equitativa del danno.
8.2. Quanto alla denunciata violazione dell’art. 416 c.p.c., oggetto del secondo motivo di ricorso principale, va rilevato che con la censura si pretende di sottoporre al giudice di cassazione una doglianza che per essere ammissibile avrebbe dovuto essere stata formulata già in appello in replica al gravame della società. Osserva il Collegio che di tanto non vi è alcuna evidenza nella sentenza di appello ed il motivo sul punto è generico poiché non chiarisce se ed in che termini la questione oggi sollevata fosse stata già sottoposta alla Corte di merito.
8.3. Il terzo motivo di ricorso è del pari infondato. La Corte di appello, seppur sinteticamente, ha chiarito le ragioni per le quali ha accolto in parte il gravame della società ed ha ridotto l’arco temporale di riferimento nel liquidare il danno. Non è ravvisabile la denunciata violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. poiché la motivazione non è affatto omessa.
8.4. Neppure è fondata la censura con la quale, nel quarto motivo, è denunciata la violazione dell’articolo 157 comma 2 c.p.c.. La Corte di appello, infatti, non ha aderito a delle contestazioni tardive della consulenza contabile ma, piuttosto, ha scelto un parametro di liquidazione del danno differente rispetto a quello adottato dal Tribunale. Nel far ciò il giudice di secondo grado ha ben chiarito le ragioni dell’opzione adottata.
Si tratta di scelta che appartiene al giudice di merito che, essendo stata adeguatamente motivata, non può essere qui censurata.
8.5. Anche l’ultimo motivo del ricorso principale non può essere accolto.
Non incorre nel vizio di ultrapetizione la Corte territoriale che, a fronte di una integrale contestazione dell’esistenza di un danno da perdita di chance in primo grado e di una più specifica seppur subordinata contestazione in appello dei criteri di liquidazione dello stesso adottati dal Tribunale, utilizzi un criterio di liquidazione del danno in via equitativa diverso da quello scelto dal primo giudice e motivi la sua decisione.
9. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso principale e quello incidentale devono essere rigettati. L’esito del giudizio giustifica la compensazione tra le parti delle spese. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.