Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 maggio 2023, n. 13090

Lavoro, Richieste di indennità sostitutiva delle ferie e permessi, Differenze retributive, Prescrizione, Valutazione delle risultanze istruttorie e del comportamento stragiudiziale e giudiziale delle parti, Art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., Rigetto

 

Rilevato che

 

1. Previo ricorso al Tribunale di Roma G.A. ne otteneva il decreto con cui veniva ingiunto alla G.C. Hotel srl (già CO.GE.A.

C.G.A. srl), di cui era stata dipendente dal 29.5.1991 al 30.9.2012, il pagamento della somma di euro 21.230,31, oltre accessori, a titolo di differenze retributive, ferie, permessi, differenze di 13^ e 14^ mensilità, di TFR e di una tantum.

2. Proposta opposizione il medesimo Tribunale, nel contraddittorio delle parti, revocava il decreto ingiuntivo ritenendo maturata la prescrizione quinquennale dei crediti, con condanna della lavoratrice al pagamento delle spese di lite.

3. Sul gravame presentato da G.A., la Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 3021 del 2021, confermava la pronuncia impugnata.

4. I giudici di secondo grado hanno rilevato che: a) per le richieste di indennità sostitutiva delle ferie e permessi la lavoratrice non aveva fornito la prova dell’espletamento di attività lavorativa nei giorni ad essi destinata;

b) quanto alle differenze retributive, le stesse erano maturate in data antecedente al 2005 e, quindi, erano prescritte già al momento dell’azione monitoria e prima della entrata in vigore della legge n. 92/2012; c) per la indennità sostitutiva del preavviso, la lavoratrice nulla aveva dedotto circa l’insufficienza del pagamento, provato dalla società, di euro 1.341,40; d) analogamente, con riguardo al TFR, la lavoratrice nulla aveva contestato in merito alle somme corrisposte dalla società a tale titolo.

5. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione G.A. affidato a tre motivi, cui resisteva con controricorso la G.C. Hotel srl.

6. La ricorrente depositava memoria.

 

Considerato che

 

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, nonché l’omessa ed insufficiente valutazione su un punto decisivo della controversia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, per non avere considerato la Corte distrettuale i conteggi analitici, redatti anno per anno, ove risultavano chiaramente indicati i periodi di riferimento e la documentazione posta a sostegno della richiesta di pagamento della indennità sostitutiva delle ferie, festività soppresse e dei permessi.

3. Con il secondo motivo si censura l’omessa ed insufficiente valutazione su un punto decisivo della controversia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, nonché la violazione ed errata applicazione dell’art. 2948 cc, in relazione all’art. 18 legge n. 300 del 1970, per avere la Corte territoriale, con riguardo alle richieste di differenze retributive, errato nell’avere ritenuto che la società aveva occupato, sino al marzo del 2011, oltre 15 dipendenti in considerazione del fatto, invece, che la società, dal mese di agosto 2010 a seguire, aveva occupato, come risultava dalla documentazione in atti, meno di 15 dipendenti e che dal 2009 era stata aperta, per essa lavoratrice, una procedura di mobilità in deroga, con una proposta di assunzione alle dipendenze di altra società, che la poneva in una situazione di metus ad azionare i propri diritti.

4. Con il terzo motivo si eccepisce l’omessa ed insufficiente valutazione su un punto decisivo circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 cpc, per non avere considerato la Corte di merito, con riguardo al pagamento del TFR, che comunque, rispetto agli importi erogati, residuava un saldo positivo a favore di essa lavoratrice.

5. I motivi, da esaminare congiuntamente perché interferenti, presentano profili di inammissibilità e di infondatezza.

6. Sono inammissibili tutte le censure veicolate ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc.

7. In primo luogo, va sottolineato che le censure prospettate ai sensi di tale disposizione, su questioni di fatto, sono inammissibili ex art. 348 ter u.c. cpc, vertendosi in ipotesi di cd. “doppia conforme”.

8. In secondo luogo, deve in ogni caso precisarsi che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, nella versione ratione temporis applicabile al caso in esame, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. 19881/2014).

9. Nella fattispecie, invece, i vizi denunciati si riferiscono essenzialmente alla precedente versione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc e, comunque, concernono doglianze non più sottoponibili all’esame in sede di legittimità.

10. Le altre censure, veicolate ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, al di là delle denunziate violazioni di legge, si limitano, invece, in una richiesta di riesame del merito della causa, attraverso una nuova valutazione delle risultanze processuali, in quanto sono appunto finalizzate ad ottenere una revisione degli accertamenti di fatto compiuti dalla Corte territoriale (Cass. n. 6519/2019) che, con motivazione giuridicamente corretta e congrua, è giunta alla conclusione che: a) tutti gli importi richiesti, a titolo di indennità e di TFR, non erano dovuti; b) le differenze retributive erano prescritte in quanto maturate in data antecedente al 2005 e prima della entrata in vigore della legge n. 92/2012; c) non era ravvisabile, fino al 2010, alcuna situazione di incertezza né erano state formulate specifiche deduzioni sulla situazione di metus che avrebbe potuto indurre la lavoratrice a non esercitare il proprio diritto per il timore di incorrere in un licenziamento ritorsivo.

11. Infondata è, poi, la asserita violazione dell’art 2697 cod. civ. che si ha, tecnicamente, solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede dilegittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cpc (Cass. n. 17313/2020).

12. In tema di ricorso per cassazione, infine, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014; Cass. n. 20867/2020; Cass. n. 6774/2022): ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame.

13. Va sottolineato, al riguardo, che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).

14. Nel caso de quo la Corte di appello, come evidenziato nello storico del presente provvedimento, ha operato una valutazione delle risultanze istruttorie e del comportamento stragiudiziale e giudiziale delle parti, anche in ordine alla sussistenza di un paventato metus, giungendo sul punto alle stesse conclusioni del primo giudice, per ritenere infondate le pretese azionate.

15. Trattandosi di accertamenti di merito, argomentati con motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 n. 5 cpc nuova formulazione, essi incontrano i limiti del sindacato di legittimità sopra richiamati.

16. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

17. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.

18. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore della controricorrente. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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