Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 maggio 2023, n. 13236
Lavoro, Appalto e subappalto, Verbale ispettivo, Esclusione di alcune voci dalla base imponibile contributiva, Beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori, decadenza di cui all’art. 29, comma 2, del d.lgs. 276/2003, Fallimento del subappaltatore, Rigetto
Fatti di causa
1.- K.N. s.r.l., con contratto d’appalto concluso il 1° dicembre 2011, ha affidato a I.L.S., società cooperativa a responsabilità limitata (poi I.L.S. s.p.a.), l’esecuzione di lavori di stoccaggio e movimentazione merci nel magazzino di Brignano Gera d’Adda.
L’appaltatrice I.L.S. s.p.a. ha subappaltato i lavori indicati a L.N.L. Soc. Consortile a responsabilità limitata, che a sua volta ha affidato la commessa alla consorziata L., società cooperativa a responsabilità limitata, dichiarata fallita l’11 luglio 2016.
Il contratto d’appalto tra K.N. s.r.l. e I.L.S. s.p.a. è cessato il 31 marzo 2014.
Il 4 luglio 2014, l’INPS ha notificato alla società K.N., in qualità di committente obbligata in solido, un verbale ispettivo, contestando l’arbitraria esclusione di alcune voci dalla base imponibile contributiva, per il periodo dal primo giugno 2012 al 31 agosto 2013.
Il 14 luglio 2016, l’INPS ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale di Bergamo per chiedere la condanna della società committente K.N., in qualità di obbligata in solido, al pagamento dell’importo di Euro 906.362,00 a titolo di contributi, in relazione ai lavori di logistica eseguiti da L..
Il Tribunale di Bergamo, dopo aver integrato il contraddittorio nei confronti del Fallimento L., di I.L.S. s.p.a. e di L.N.L. Società Consortile a responsabilità limitata, ha dichiarato improcedibile la domanda dell’INPS, sul presupposto della vis attractiva del Tribunale fallimentare.
2.- L’INPS ha interposto gravame, accolto dalla Corte d’appello di Brescia con sentenza depositata il 25 maggio 2018 con il numero 123 del 2018.
La Corte territoriale ha condannato K.N. s.r.l. a pagare all’Istituto la somma di euro 906.362,00, con interessi di legge dalla notifica del verbale al saldo, e a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio. Sono state rigettate le domande di I.L.S. s.p.a., con compensazione delle spese nel rapporto processuale tra la società e le altre parti del giudizio.
2.1.- I giudici d’appello hanno escluso, in prima battuta, la vis attractiva del foro fallimentare, osservando che l’Istituto ha intrapreso l’azione nei confronti del solo committente in bonis.
Quanto alla previsione dell’art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che impone ratione temporis di convenire in giudizio il committente unitamente all’appaltatore e agli eventuali ulteriori subappaltatori, la Corte territoriale osserva che il litisconsorzio necessario viene meno, quando la partecipazione al processo di uno dei litisconsorti non sia possibile per il sopravvenuto fallimento.
Peraltro, nei confronti di L., società fallita, la pretesa dell’Istituto è oramai definitiva, in quanto la società non ha tempestivamente impugnato l’avviso di addebito.
Una diversa opinione vanificherebbe la speciale tutela accordata dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, «proprio nel caso più eclatante di inadempimento, costituito dall’insolvenza e dal fallimento del datore di lavoro».
2.2.- Ad avviso della Corte territoriale, la domanda dell’INPS può essere esaminata nel merito ed è fondata.
All’accoglimento non è d’ostacolo la decadenza biennale di cui all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, applicabile alla sola azione dei lavoratori nei confronti del committente e non all’azione intrapresa dagli enti previdenziali: difetta un’espressa previsione di legge che disponga in tal senso. Viene in rilievo, a tale riguardo, «la differente posizione in cui si trova l’INPS, che non può rinunciare a riscuotere i contributi».
2.3.- Quanto al merito della pretesa, la Corte territoriale ha osservato che non sono state assoggettate a contribuzione alcune voci che pure costituiscono parte integrante della retribuzione, in quanto «sono state corrisposte fin dall’inizio del rapporto, ogni mese e per la quasi totalità dei lavoratori». L’INPS ha provveduto a un «minuzioso accertamento» della misura dell’imponibile contributivo.
2.4.- Né la responsabilità solidale può essere esclusa per il sol fatto che il subappaltatore, L.N.L. Società Consortile a responsabilità limitata, abbia affidato i lavori alla Cooperativa L. in virtù di una “assegnazione” e non di un subappalto in senso stretto. Una tesi diversa, e più restrittiva, frustrerebbe «la garanzia predisposta dalla legge per i lavoratori (e quindi per l’INPS) utilizzati nell’appalto».
2.5.- Le somme richieste dall’INPS riguardano il periodo di esecuzione dell’appalto e non includono le sanzioni civili.
2.6.- Le domande di I.L.S. s.p.a. devono essere respinte.
Irrilevanti risultano, in particolare, l’estinzione dell’obbligazione per l’omessa notifica del verbale di accertamento e l’eccepita decadenza biennale, in quanto l’INPS non ha avanzato alcuna pretesa nei confronti della società in questione e la dedotta estinzione dell’obbligazione comunque non si ripercuote sul vincolo solidale tra le società I.L.S. e K.N..
3.- K.N. s.r.l. impugna la sentenza della Corte d’appello di Brescia, con ricorso per cassazione notificato il 14 novembre 2018 e affidato a tre motivi.
4.- Anche I.L.S. s.p.a. impugna la sentenza della Corte d’appello di Brescia, con ricorso per cassazione notificato il 24 novembre 2018 e incentrato su un motivo.
5.- L’INPS resiste con distinti controricorsi al ricorso notificato da K.N. s.r.l. e a quello notificato da I.L.S. s.p.a.
6.- K.N. s.r.l. resiste con controricorso al ricorso notificato da I.L.S. s.p.a.
7.- L.N.L. e Fallimento L. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
8.- Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1. cod. proc. civ., nel testo antecedente alle innovazioni recate dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, e applicabile ratione temporis alla luce della disciplina transitoria dettata dall’art. 35, comma 6, del medesimo decreto legislativo.
9.- Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
10.- In vista dell’adunanza camerale, hanno depositato memorie illustrative K.N. s.r.l. e l’INPS.
Ragioni della decisione
1.- K.N. s.r.l. svolge tre motivi di ricorso per cassazione.
1.1.- Con il primo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la società deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, degli artt. 102 e 474 cod. proc. civ. e dell’art. 24 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
La sentenza d’appello avrebbe errato nel dichiarare procedibile l’azione proposta dall’INPS, devoluta invece alla sezione fallimentare del Tribunale di Bergamo, e nel considerare definitivo l’avviso di addebito non impugnato da L., a dispetto della sua natura di atto amministrativo, inidoneo ad assurgere a titolo esecutivo inoppugnabile.
1.2.- Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), K.N. s.r.l. lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, che sancisce la decadenza biennale anche nei confronti degli enti previdenziali, al contrario di quel afferma la sentenza impugnata.
1.3.- Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la società allega violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e imputa alla Corte d’appello di aver errato nel reputare dimostrata la pretesa dell’INPS sulla base del verbale di accertamento, inidoneo a suffragare il credito vantato dall’Istituto, in difetto di prove documentali o testimoniali.
2.- I.L.S. s.p.a., con l’unico mezzo del ricorso successivo, denuncia omessa valutazione dello svolgimento dei fatti e delle circostanze che escludono il vincolo di solidarietà, con conseguente violazione del diritto di difesa.
In particolare, la decisione d’appello meriterebbe censura nella parte in cui non si è pronunciata sull’estinzione dell’obbligazione, in virtù dell’art. 13, comma 5, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
3.- Si deve osservare, preliminarmente, che il principio dell’unicità del processo d’impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbano essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso. Quest’ultima modalità, nondimeno, non si può considerare essenziale (Cass., sez. lav., 20 marzo 2015, n. 5695).
Ogni ricorso successivo al primo si converte, anche quando sia proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, ma la conversione risulta ammissibile solo se la notificazione del relativo atto non ecceda il termine di quaranta giorni da quello dell’impugnazione principale (Cass., S.U., 25 giugno 2002, n. 9232).
A fronte del primo ricorso, notificato il 14 novembre 2018 da K.N. s.r.l., il ricorso successivo, notificato da I.L.S. s.p.a. il 24 novembre 2018, si converte in ricorso incidentale ed è ammissibile, in quanto risulta proposto nell’osservanza del termine di quaranta giorni.
4.- Il primo motivo del ricorso di K.N. s.r.l. non è fondato, nei termini di seguito precisati.
5.- Occorre premettere che la sentenza impugnata ha deciso la controversia alla stregua dell’art. 29, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 276 del 2003, nella formulazione dettata dall’art. 4, comma 31, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, e applicabile ratione temporis secondo le statuizioni della Corte d’appello, conformi a quelle del Tribunale e non censurate in questa sede, neppure in via condizionata: «Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori».
La partecipazione di tutti i condebitori al processo si raccorda alla facoltà del committente imprenditore o datore di lavoro di eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori. Al giudice, nel sistema così congegnato, è rimesso quindi il compito di accertare «la responsabilità solidale di tutti gli obbligati».
È indicativo, a tale riguardo, che l’art. 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, convertito, con modificazioni, nella legge 20 aprile 2017, n. 49, abbia abrogato l’obbligo di convenire in causa il committente imprenditore o datore di lavoro unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori (art. 29 cit., secondo periodo) e, in pari tempo, la disciplina sul beneficio d’escussione (art. 29, terzo e quarto periodo).
Anche da quest’angolazione si coglie il nesso che intercorre tra la partecipazione al giudizio di tutti gli obbligati in solido e l’operatività del beneficio di escussione allora previsto.
6.- Il fallimento del subappaltatore L. ha indotto il Tribunale a dichiarare l’improcedibilità della domanda proposta verso il committente, obbligato in solido, sulla base dell’art. 24 del r.d. n. 267 del 1942, che attribuisce al Tribunale che ha dichiarato il fallimentola competenza a conoscere di tutte le azioni che ne derivano.
La declaratoria d’improcedibilità è stata riformata dalla Corte d’appello, che ha ritenuto ammissibile l’azione intrapresa dall’INPS nei confronti del solo coobbligato in bonis.
7.- Le conclusioni, cui pervengono i giudici d’appello, non poggiano sulla definitività dell’avviso di addebito nei confronti della curatela fallimentare, contestata con il primo mezzo sulla scorta del carattere meramente amministrativo dell’atto in questione, come tale inidoneo ad assurgere al valore di res iudicata.
L’argomentazione della sentenza impugnata s’incardina sul rilievo che l’INPS ha ritualmente proposto azione nei confronti del committente in bonis. In tale ipotesi, in conseguenza del mero fallimento d’uno degli obbligati, non sussiste quella vis attractiva del Tribunale fallimentare, valorizzata dal giudice di prime cure a fondamento della declaratoria d’improcedibilità del ricorso dell’INPS (pagine 8 e 9 della sentenza impugnata).
Tale rilievo rappresenta il nucleo essenziale della declaratoria di ammissibilità dell’azione dell’INPS. Ad abundantiam, la pronuncia impugnata evoca anche la definitività dell’avviso di addebito nei confronti della parte fallita e svolge ulteriori rilievi sulla concreta modulazione del litisconsorzio necessario.
8.- Il percorso argomentativo della Corte d’appello, nel suo nucleo essenziale, merita di essere confermato, anche alla luce dei seguenti rilievi.
8.1.- Nel sistema delineato dagli artt. 52 e 95 della legge fallimentare, ogni pretesa a contenuto patrimoniale svolta nei confronti d’un soggetto fallito dev’essere azionata mediante lo speciale procedimento dell’accertamento del passivo, dinanzi al tribunale fallimentare. È improcedibile ogni diversa azione e a tale improcedibilità non si sottrae la domanda che presupponga il necessario intervento di più litisconsorti (Cass., sez. I, 5 agosto 2011, n. 17035).
È da quest’angolo visuale, in correlazione con le particolarità dell’accertamento del passivo, che si deve valutare la procedibilità dell’azione dell’INPS, negata dal primo giudice e dalla ricorrente K.N. s.r.l. e ribadita, per contro, dalla sentenza impugnata.
Con riguardo alla domanda di risarcimento del danno da sinistro stradale nei confronti del proprietario del veicolo che ha causato il danno e del suo assicuratore della responsabilità civile, questa Corte ha confermato le enunciazioni di principio richiamate e ha puntualizzato che il fallimento del proprietario implica l’improseguibilità di qualsiasi domanda di condanna sia nei suoi confronti che nei confronti dell’assicuratore. Ne discende la devoluzione della controversia al tribunale fallimentare, dinanzi al quale si dovrà presentare istanza di ammissione al passivo.
Nondimeno, quando il danneggiato rinunci ad ogni pretesa verso il fallimento e si limiti a chiedere la condanna diretta dell’assicuratore, la partecipazione del soggetto sottoposto a procedura concorsuale, evocato in giudizio come litisconsorte necessario, non rende operante la vis attractiva della procedura. In tale ipotesi, difatti, la pronuncia giudiziale non può incidere sulla massa e, pertanto, non è suscettibile di compromettere la par condicio creditorum (Cass., sez. VI-III, 22 novembre 2017, n. 27756).
8.2.- I principi di diritto, enunciati con riferimento a una fattispecie di obbligazione solidale che, sul versante processuale, postula per espressa previsione di legge un litisconsorzio necessario, si attagliano anche al caso di specie.
8.3.- Nell’odierno giudizio, il contraddittorio è stato integrato anche nei confronti del coobbligato fallito, alla stregua della norma che imponeva di convenire in causa il committente imprenditore o datore di lavoro unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori.
L’INPS, tuttavia, nel giudizio ordinario di cognizione, non ha proposto alcuna domanda nei confronti della curatela e ha indirizzato le sue pretese verso il solo coobbligato in bonis.
Questo è il dato saliente, posto in risalto dalla sentenza d’appello.
Non è perciò devoluta al tribunale fallimentare la cognizione d’una domanda così formulata, circoscritta al committente e dunque inidonea a ledere la par condicio creditorum.
In una vicenda, in cui nessuna domanda è stata formulata nei confronti dell’obbligato fallito, si deve escludere che il litisconsorzio necessario, oltretutto legato alla normativa sul beneficio d’escussione e alla correlata necessità di unitario accertamento del vincolo solidale, faccia trasmigrare alla sezione fallimentare la cognizione di una controversia che non si riverbera sulla sfera giuridica del fallito.
8.4.- Il motivo va dunque disatteso, sulla base del seguente principio di diritto: «Nel regime delineato dall’art. 4, comma 31, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, poi abrogato dall’art. 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, convertito, con modificazioni, nella legge 20 aprile 2017, n. 49, il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori, con riferimento alle prestazioni eseguite nella vigenza di tale normativa. Nell’ipotesi di fallimento del subappaltatore, non è devoluta alla cognizione del tribunale fallimentare la domanda proposta dall’INPS nei confronti del solo committente, coobbligato solidale in bonis. La partecipazione del subappaltatore sottoposto a procedura concorsuale, evocato in giudizio in applicazione dell’art. 29, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 276 del 2003, nella formulazione ratione temporis applicabile, non rende operante la vis attractiva della procedura, giacché la pronuncia giudiziale non può incidere sulla massa e influire sulla par condicio creditorum, alla cui salvaguardia è preordinato l’accertamento dei crediti nelle peculiari forme degli artt. 52 e 95 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, con la conseguente improcedibilità delle azioni intraprese nella sede ordinaria».
9.- Infondata è anche la seconda censura, che verte sulla decadenza.
9.1.- Sin dall’introduzione del regime di responsabilità solidale di cui all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, poi modificato a più riprese nel volgere degli anni, questa Corte è costante nell’affermare che il termine di decadenza di due anni non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali nei confronti del committente.
Tale azione soggiace al solo termine di prescrizione (Cass., sez. lav., 4 luglio 2019, n. 18004).
9.2.- Ribadito anche di recente (fra le molte, Cass., sez. lav., 13 marzo 2023, n. 7236; Cass., sez. VI-L, 30 dicembre 2022, n. 38151, e 2 dicembre 2021, n. 37985), l’indirizzo richiamato poggia su argomenti di carattere tanto letterale quanto sistematico e teleologico, tra loro inscindibilmente connessi.
Di tale orientamento e delle implicazioni sulla definizione dell’odierno giudizio, si mostra consapevole la stessa parte ricorrente, che ne sollecita una rimeditazione nella memoria illustrativa (pagine da 6 a 10).
10.- Quanto al dato testuale, punto d’avvio della disamina di questa Corte, occorre ponderare l’assenza di disposizioni espresse sulla decadenza dell’Istituto dal potere di chiedere l’accertamento della pretesa contributiva. Potere che, in linea generale, è soggetto alla sola operatività della prescrizione.
La decadenza, che è fattispecie di stretta interpretazione, contraddistinta da presupposti tassativi, opera per i soli trattamenti retributivi e contributivi che i lavoratori sono legittimati a rivendicare e non vincola i soggetti terzi, come l’ente previdenziale.
Ai medesimi principi era ispirata anche la legge 23 ottobre 1960, n. 1369 (artt. 3 e 4), che questa Corte ha menzionato nel tratteggiare l’evoluzione diacronica della normativa di tutela, senza trascurare la peculiarità delle previsioni introdotte dal d.lgs. n. 276 del 2003 e senza dare àdito ad alcuna impropria commistione tra normative diverse.
11.- Il dato letterale è poi corroborato, sul versante sistematico, dall’autonomia del rapporto previdenziale rispetto al pur correlato rapporto di lavoro e dalla natura indisponibile dell’obbligazione contributiva.
L’inquadramento propugnato dalla parte ricorrente trascura di trarre le necessarie implicazioni dalle specificità richiamate, che non possono non orientare l’interpretazione della lettera della legge.
L’applicazione indiscriminata del termine biennale di decadenza recide il nesso tra la retribuzione, anche quando sia effettivamente erogata in seguito alla tempestiva azione del lavoratore, e l’obbligo contributivo nei casi in cui «l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto» (sentenza n. 18004 del 2019, cit., punto 9).
12.- Si deve rilevare, infine, che l’indistinta operatività del termine di decadenza, ben oltre i confini tracciati dalla lettera e dalla ratio della legge, pregiudicherebbe la protezione assicurativa del lavoratore, che l’intervento riformatore ha inteso invece rafforzare.
13.- È dunque conforme a diritto la sentenza impugnata, nell’escludere l’operatività della decadenza biennale per l’azione degli enti previdenziali, sulla base degl’interessi eminentemente pubblicistici sottesi all’azione di tali enti (pagine 9 e 10 della pronuncia), dell’autonomia del rapporto previdenziale (pagina 10) e delle finalità di tutela del lavoratore connaturate alla normativa in esame e altrimenti vanificate da una diversa interpretazione (pagina 11).
Gli elementi sistematici valorizzati dai giudici d’appello, in coerenza con gli orientamenti oramai consolidati di questa Corte, serbano intatto il loro valore pur nell’incessante evoluzione della responsabilità solidale tratteggiata dal legislatore.
14.- Inammissibile è il terzo mezzo, che denuncia la violazione dei criteri attinenti al riparto dell’onere della prova (art. 2697 cod. civ.).
14.1.- La violazione dell’art. 2697 cod. civ. può essere ritualmente denunciata in sede di legittimità, soltanto quando il giudice di merito abbia fatto gravare l’onere della prova su una parte diversa da quella che deve assolverlo, sulla scorta delle regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (di recente, fra le molte, Cass., sez. lav., 23 marzo 2023, n. 8375, punto 3.2.).
Non può esser denunciata, per contro, la violazione dell’art. 2697 cod. civ., allorché il giudice abbia attribuito ad alcune prove maggiore forza persuasiva che ad altre (Cass., sez. III, 29 maggio 2018, n. 13395) o abbia errato nel concludere che la parte ha ottemperato all’onere della prova sancito dalla legge.
In tal caso si configura un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, oggi censurabile in cassazione nei ristretti limiti definiti dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313).
14.2.- La sentenza impugnata ha ritenuto fondata la pretesa dell’Istituto all’esito di un’accurata disamina del verbale ispettivo, degli elementi oggettivi acquisiti e delle dichiarazioni raccolte, che concorrono ad escludere l’esecuzione di trasferte, sottratte all’imponibile contributivo (pagina 12).
L’indagine dei giudici di merito investe anche la carenza di riscontri oggettivi per alcune voci come l’indennità di presenza, di reperibilità, di fermo, voci che la pronuncia d’appello raffronta con le previsioni della contrattazione collettiva e con l’effettivo atteggiarsi delle prestazioni di lavoro (pagina 13), ponendo in risalto lacune e incongruenze dei dati documentali forniti dalla società.
La Corte d’appello vaglia anche le contestazioni svolte in fase gravame dall’odierna ricorrente e osserva che non è controversa, per il «periodo di causa», la presenza dei lavoratori «indicati negli allegati al verbale di accertamento» (pagina 14).
14.3.- La Corte d’appello non ha invertito l’onere della prova, come si può desumere in maniera inequivocabile dall’approdo del ragionamento: «deve ritenersi che l’INPS abbia sufficientemente provato il proprio credito» (pagina 14).
Nessuna violazione dell’art. 2697 cod. civ., pertanto, si può ravvisare.
La Corte di merito ha valutato in maniera puntuale e coerente gli elementi probatori acquisiti.
La doglianza, sotto le sembianze della violazione dei criteri che presiedono alla distribuzione dell’onere della prova, si sostanzia nella mera richiesta di un riesame del merito, inammissibile in questa sede.
15.- Inammissibile, infine, è il ricorso di I.L.S. s.p.a.
15.1.- Quanto alla richiesta formulata da I.L.S. s.p.a. di dichiarare l’estinzione dell’obbligazione per mancata notifica del verbale di accertamento, la Corte territoriale ha reputato la domanda “irrilevante”, in quanto l’INPS non ha svolto alcuna domanda nei confronti della società e i vizi dedotti esulano dal rapporto di solidarietà che s’instaura tra K.N. s.r.l. e I.L.S. s.p.a. (pagina 19 della sentenza impugnata).
15.2.- La doglianza di I.L.S. s.p.a., rubricata come «omessa valutazione dello svolgimento dei fatti e delle circostanze che escludono il vincolo di solidarietà in capo alla ILS, terza chiamata in causa, determinante ai fini della sua partecipazione al giudizio ed alla sua rispondenza in qualità di soggetto obbligato, con conseguente violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.)», s’incentra sul fatto che la Corte territoriale abbia omesso di valutare la fondatezza della domanda e abbia indebitamente alterato il tema del decidere, identificandolo nel rapporto tra i coobbligati in solido (pagina 9 del ricorso).
15.3.- La censura, nei termini in cui è formulata, è generica, oltre che avulsa dalla ratio decidendi della pronuncia d’appello, e si palesa, pertanto, inammissibile.
Lungi dall’estende il tema del decidere o dall’omettere la pronuncia sul merito d’una domanda ritualmente proposta, in violazione del dovere sancito dall’art. 112 cod. proc. civ., la Corte di merito ha scrutinato la domanda della società per affermarne l’irrilevanza, con motivazione lineare e perspicua.
In una causa che scaturisce da un’azione proposta dall’INPS nei confronti della sola committente K.N. s.r.l. e che non vede alcuna azione di regresso nei confronti di I.L.S. s.r.l., i giudici d’appello hanno affermato che non viene in rilievo l’accertamento dei profili che, anche in questa sede, la società sottopone allo scrutinio di questa Corte.
L’argomentazione che la Corte d’appello ha svolto a sostegno del rigetto del motivo di gravame non è stata efficacemente censurata nel ricorso per cassazione.
La società prospetta genericamente il vulnus al diritto di difesa e stigmatizza la «stringata valutazione» e la «pressapochezza» (pagina 12 del ricorso per cassazione), senza scalfire l’univoca e coerente giustificazione addotta dai giudici d’appello a fondamento della statuizione impugnata e incentrata sulle domande specificamente introdotte nel giudizio tanto dall’INPS quanto dal committente.
16.- In conclusione, il ricorso di K.N. s.r.l. dev’essere nel suo complesso respinto e il ricorso di I.L.S. s.p.a. va dichiarato inammissibile.
17.- La peculiare complessità della controversia, con precipuo riguardo all’avvicendarsi degl’interventi normativi e ai profili posti dal primo motivo di ricorso di K.N. in tema di procedibilità della domanda, induce a compensare per intero le spese del presente giudizio.
18.- In ragione del rigetto del ricorso di K.N. s.r.l. e della declaratoria d’inammissibilità del ricorso di I.L.S. s.p.a., sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il sorgere dell’obbligo dei ricorrenti di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di K.N. s.r.l.; dichiara inammissibile il ricorso di I.L.S. s.p.a.; compensa le spese del presente giudizio.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti K.N. s.r.l. e I.L.S. s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.