Se l’organizzazione del lavoro è basata essenzialmente su software e strumenti automatizzati, il rapporto di lavoro va imputato al soggetto che abbia la disponibilità di tali sistemi e dei dati personali acquisiti tramite gli stessi.
Nota a Trib. Padova 3 marzo 2023, n. 126
Pamela Coti
Il potere direttivo esercitato direttamente dal committente tramite dispositivi informatici che impiegano algoritmi che di fatto guidano ogni fase della prestazione lavorativa dei dipendenti della cooperativa appaltatrice, costituisce un’ipotesi di interposizione vietata di manodopera, con la conseguenza che i lavoratori sono da ritenersi a tutti gli effetti alle dipendenze della società appaltante.
È quanto stabilito dal Tribunale di Padova con sentenza 3 marzo 2023, n. 126 in relazione al ricorso promosso da alcuni lavoratori, formalmente soci di una cooperativa appaltatrice in uno stabilimento di logistica, ma nella realtà impiegati direttamente dalla committente grazie alla elevata digitalizzazione dell’organizzazione del lavoro, con strumenti nell’esclusiva disponibilità della stessa.
Al riguardo, il giudice di prima cure, confermando il proprio orientamento (adottato con una pronuncia del 2019 in materia di appalti non genuini) ha precisato che:
- l’appalto di manodopera è consentito solo laddove non si traduca in una violazione del divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro, violazione che si configura tutte le volte in cui l’appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata a un risultato produttivo autonomo né un’assunzione di rischio economico con effettivo assoggettamento dei propri dipendenti al potere direttivo e di controllo;
- l’art. 29, D.Lgs. n. 276/2003, precisa che l’appalto è “genuino” quando l’appaltatore assume il rischio di impresa ed esercita un potere di eterodirezione, organizzando i mezzi necessari per l’esecuzione del contratto, con esclusione del committente dalla possibilità di interferire nelle modalità concrete di svolgimento del rapporto di lavoro;
- “sotto questo rispetto deve rilevarsi che l’art. 29, primo comma, D.Lgs. n. 276/03 non contraddice la fattispecie codicista dell’appalto, richiedendo comunque che l’appaltatore organizzi i mezzi necessari all’esecuzione dell’appalto; solo ammettendo, quando ciò sia sufficiente, che l’organizzazione si risolva nell’esercizio dei poteri organizzativi e direttivi dei lavoratori; dovendosi quindi rilevare, nel caso in esame, un difetto di organizzazione, quando un fattore decisivo, quale quello costituito dall’ hardware e dal software di un sistema informatico, sia governato dal committente”;
- nel caso di specie, la società appaltatrice aveva nella sua disponibilità la gestione autonoma del programma informatico, dei dati e dell’algoritmo necessari per l’esecuzione del lavoro: espressione questa di una vera e propria disposizione di lavoro eterodiretta, che dovrebbe essere al di fuori della sfera di competenza della società appaltatrice.