È onere del datore provare il notevole inadempimento degli obblighi lavorativi.
Nota a Cass. (ord.) 6 aprile 2023, n. 9453
Fabrizio Girolami
Il licenziamento intimato al lavoratore “per scarso rendimento” è legittimo qualora sia provata, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso e in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, un’evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – e a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media attività tra i vari dipendenti e indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza 6 aprile 2023, n. 9453 in relazione alla vicenda di un lavoratore che era stato licenziato “per scarso rendimento” da un istituto bancario. Nello specifico, la banca aveva intimato al dipendente (addetto presso l’Ufficio Sviluppo) un licenziamento “per giusta causa” sulla base di 5 addebiti disciplinari, uno dei quali a titolo di “scarso rendimento”, contestato per il periodo novembre 2015- aprile 2016, in relazione al quale la banca aveva comparato l’esiguo numero di visite a filiali e clienti effettuate dal lavoratore con i dati di produzione degli altri colleghi addetti al medesimo ufficio e mansioni, risultati enormemente superiori.
Il Tribunale di Treviso – in sede di opposizione avverso l’ordinanza resa nella fase sommaria dal medesimo Tribunale, e in riforma di tale ordinanza – aveva confermato la legittimità del licenziamento intimato dalla banca, sia pure convertendo il recesso da “licenziamento per giusta causa” a “licenziamento per giustificato motivo soggettivo”, riconoscendo, per l’effetto, al lavoratore l’indennità di mancato preavviso.
Nel giudizio di appello, la Corte territoriale di Venezia aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Treviso, considerando l’inadempimento contestato al lavoratore di notevole gravità, avuto altresì conto della mancanza di elementi obiettivi che giustificassero la riduzione di attività da parte del lavoratore medesimo.
La Cassazione ha confermato la sentenza impugnata, affermando quanto segue:
- il licenziamento per scarso rendimento del lavoratore rientra nel novero del “licenziamento per giustificato motivo soggettivo”, caratterizzato da un notevole inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di lavoro;
- l’onere di provare lo scarso rendimento del lavoratore spetta al datore di lavoro. Detto onere probatorio non può limitarsi a provare (solo) il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilità, ma deve anche provare che la causa di esso derivi da un colpevole negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale prestazione;
- nel caso di specie, l’effettività dello scarso rendimento e la sua gravità risultano adeguatamente dimostrati dalla palese sproporzione tra l’attività svolta dal lavoratore nel periodo oggetto di contestazione (poco più di una decina di visite a clienti nell’arco di un intero trimestre e un solo cliente acquisito) e i dati di produzione dei colleghi nel medesimo periodo, che erano risultati enormemente superiori;
- fermo restando che il mancato raggiungimento di un risultato prefissato “non costituisce di per sé inadempimento”, laddove siano individuabili dei parametri per accertare se la prestazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, lo scostamento da essi “può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione, sulla scorta di una valutazione complessiva dell’attività resa per un apprezzabile periodo di tempo” e può giustificare il licenziamento a titolo di “scarso rendimento”.