I lavoratori sportivi che, al rientro in Italia, intendono optare per il regime speciale degli impatriati, devono essere in possesso non solo dei requisiti ordinariamente previsti per tutti i lavoratori impatriati, ma anche di quelli stabiliti dai commi 5-quater e 5-quinquies dell’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015, come modificato dall’art. 12-quater del D.L. n. 21/2022 (c.d. decreto Ucraina-bis).
Nota AdE Ris., 30 giugno 2023, n. 38/E
Marialuisa De Vita
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 30 giugno 2023, n. 38/E, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla possibilità di fruire del regime speciale per i lavoratori impatriati nell’ambito dei rapporti di “lavoro sportivo”.
Come noto, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs n. 147/2015, i redditi di lavoro autonomo, i redditi di lavoro dipendente, quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente e i redditi di impresa, prodotti in Italia da lavoratori (cittadini italiani o esteri) che vi trasferiscono la residenza fiscale, concorrono alla formazione del reddito complessivo nei limiti del 30% del loro ammontare, ovvero nei limiti del 10% se si trasferiscono nelle regioni meridionali (Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Abruzzo). Tale regime trova attuazione a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi d’imposta successivi.
Possono accedere al regime agevolativo i lavoratori che:
- non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento e si impegnano a permanervi per almeno due anni;
- prestano l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Laddove a rientrare in Italia sia un lavoratore sportivo, il legislatore ha previsto un regime particolare che si differenzia da quello generale previsto per tutti gli altri impatriati sia per la misura del beneficio fiscale, sia per le condizioni di accesso allo stesso.
Quanto alla misura del beneficio, i redditi derivanti da rapporti di lavoro sportivo concorrono nei limiti del 50% (anziché del 30 o del 10%) alla formazione del reddito complessivo.
Quanto alle condizioni di accesso, oltre ai requisiti di cui sopra (non essere stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento, residenza in Italia per almeno due anni e svolgimento dell’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano), sono necessari ulteriori requisiti (art. 16, co. 5-quater, D.Lgs. n. 147/2015):
- l’esistenza di un “rapporto di lavoro sportivo”, disciplinato dall’art. 3 della L. 23 marzo 1981, n. 91 (in vigore fino al 1º luglio 2023), ovvero dagli artt. 25, 26 e 27 del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36 (in vigore dal 1º gennaio 2023);
- lo svolgimento dell’attività lavorativa sportiva in discipline riconosciute dal CONI nelle quali le Federazioni Sportive Nazionali di riferimento e le singole Leghe abbiano conseguito la qualificazione “professionistica”;
- il compimento del ventesimo anno di età da parte del contribuente.
È necessario, inoltre, che il reddito complessivo derivante dal rapporto di lavoro sportivo sia di ammontare superiore a:
- euro 1.000.000, se le Federazioni sportive nazionali di riferimento e le singole Leghe professionistiche hanno conseguito la qualificazione professionistica entro l’anno 1990, ovvero l’attività sia svolta nello svolgimento di un’attività quale calcio, ciclismo, golf e pallacanestro;
- euro 500.000, se le Federazioni sportive nazionali di riferimento e le singole Leghe professionistiche hanno conseguito la qualificazione professionistica dopo l’anno 1990.
L’accesso al regime speciale per i lavoratori sportivi è subordinato, ai sensi dell’art. 16, co. 5-quinquies, D.Lgs. n. 147/2015, al versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile, da pagare entro il termine di versamento del saldo dell’IRPEF relativa al periodo di imposta di riferimento.
Con la Risoluzione in esame, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito al requisito anagrafico, a quello reddituale e a quello temporale.
Relativamente al requisito anagrafico, vale a dire il compimento del ventesimo anno di età, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che esso deve ritenersi soddisfatto per l’intero periodo di imposta in cui il lavoratore sportivo compie 20 anni, indipendentemente dal mese o dal giorno, in virtù del principio di unitarietà del periodo di imposta.
Relativamente al requisito reddituale (reddito complessivo di ammontare superiore a euro 1.000.000 ovvero euro 500.000), l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale requisito deve essere verificato tenendo conto dell’ammontare del compenso spettante al lavoratore sportivo in base al contratto di lavoro sottoscritto con la società sportiva. Ai fini del computo del reddito complessivo occorre tenere conto anche dei redditi derivanti dalla cessione dei diritti di immagine e da attività promo-pubblicitarie «a condizione che siano corrisposti nell’ambito del rapporto di lavoro sportivo col medesimo datore di lavoro».
Infine, quanto al requisito temporale, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il regime si applica se l’attività lavorativa sportiva è prestata prevalentemente nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di ciascun periodo di imposta. Nel computo dei giorni di lavoro prestati in Italia rientrano: i giorni lavorativi, le ferie, le festività, i riposi settimanali nonché gli altri giorni non lavorativi. Non possono essere, invece, computati i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni, essendo l’attività lavorativa prestata fuori dal territorio italiano per più di metà dell’anno.
Con riferimento ai viaggi all’estero effettuati per consentire ai lavoratori di partecipare ad eventi sportivi in ambito internazionale l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che gli stessi assumano a tutti gli effetti natura di trasferta se effettuati nell’arco temporale di vigenza del contratto di lavoro. Pertanto, la partecipazione del lavoratore sportivo ad una competizione a livello internazionale all’estero, ad esempio della durata di 40 giorni, comporta che anche tale periodo rilevi ai fini del conteggio dei 183 giorni per la verifica della prevalenza dell’attività svolta in Italia.