L’interpretazione del contratto collettivo aziendale del personale delle autostrade non può basarsi solo sul dato letterale per cui i ticket restaurant spettano per le sole giornate di effettivo servizio
Nota a Cass. (ord.) 4 agosto 2023, n. 23839
Fabrizio Girolami
Per il personale dipendente delle autostrade non addetto all’esazione dei pedaggi, il “ticket restaurant” (spettante in luogo dell’indennità sostitutiva di mensa) presuppone l’effettivo svolgimento del servizio, con la conseguenza che lo stesso non spetta per le “giornate non di lavoro effettivo” (i.e. per le giornate di ferie, festività godute, assenze per infortunio sul lavoro e ricoveri ospedalieri di durata superiore a 5 giorni), sulla base della corretta interpretazione delle disposizioni della contrattazione collettiva aziendale di settore, fondata non soltanto sul “criterio letterale” (art. 1362 c.c.), ma anche sul “criterio logico-sistematico” (art.1363 c.c.).
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23839 del 04.08.2023, in relazione alla vicenda instaurata da tre dipendenti di Autostrade per l’Italia S.p.A. (adibiti a mansioni diverse da quelle riservate al personale esattore dei pedaggi) per l’accertamento del diritto alla corresponsione dei ticket restaurant non solo per le giornate di effettivo lavoro, ma anche per le giornate di “lavoro non effettivo” a esse equiparabili.
Nel giudizio di merito, la Corte d’Appello di Milano (confermando la sentenza di primo grado) aveva accolto le istanze dei lavoratori, affermando che – diversamente da quanto sostenuto dalla società datrice – al personale non esattore spettassero i ticket restaurant anche per le giornate non di lavoro effettivo, ma a esse equiparabili, sulla base di una interpretazione esclusivamente letterale delle seguenti clausole contrattuali:
a) art. 43 (“Indennità di mensa”) del C.C.N.L. del 15.07.2005, il quale, al punto g, prevede che “Dove esistono nuclei consistenti di personale la Società esaminerà la possibilità di istituire mense aziendali. Nei casi ove ciò non sia possibile la Società corrisponde, per ogni giornata di effettiva presenza in servizio, intendendosi per tale anche le ferie, le festività godute, le assenze per infortunio sul lavoro ed i ricoveri ospedalieri di durata superiore a 5 giorni, una indennità sostitutiva nella misura di € 2,58 giornaliere”;
b) accordo aziendale del 18.09.2007 relativo al solo personale addetto all’esazione pedaggi, che ha sostituito l’indennità sostitutiva di mensa di cui alla precedente lettera a) con un ticket restaurant del valore unitario di € 5,29, spettante per le sole giornate di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore;
c) accordo aziendale del 21.07.2015 che, con riferimento al personale percipiente l’indennità di mensa ai sensi dall’art. 43 del C.C.N.L., ha sostituito, a decorrere dall’1.10.2015, l’indennità sostitutiva di mensa di cui alla precedente lettera a) con un ticket restaurant del valore di € 5,29.
In particolare – sull’assunto dell’“inequivoco tenore letterale” dell’art. 43, punto g), dell’Accordo aziendale del 21.07.2015 – la Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto che al personale non esattore dovesse essere riconosciuto il ticket restaurant anche per le giornate “equiparabili” a quelle di servizio effettivo (ai sensi del principio di “parificazione” sancito dall’art. 43 C.C.N.L. del 2005, non derogato dall’Accordo medesimo), diversamente dal trattamento “derogatorio” riservato al personale esattore.
Autostrade S.p.A. aveva proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (di cui agli artt. 1362 e ss. del codice civile) in relazione tanto all’Accordo aziendale del 21.07.2015 quanto al successivo Accordo aziendale del 19.07.2018 (che, in relazione a tutto il personale, ha previsto la corresponsione del ticket restaurant per ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore, con conseguente esclusione per lo stesso delle “equiparazioni” previste nel C.C.N.L. alla effettiva prestazione di cui all’art. 43, punto 5).
In particolare, secondo Autostrade la Corte territoriale ha erroneamente interpretato il primo Accordo aziendale del 21.07.2015, in violazione del criterio di letteralità (a causa di una lettura solo parziale del suo testo) e di determinazione della comune interpretazione delle parti in base al loro comportamento successivo (formalizzato nel secondo Accordo aziendale del 19.07.2018).
La Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale in diversa composizione, affermando quanto segue:
- l’interpretazione fornita dal giudice di merito di un contratto collettivo aziendale è sindacabile in sede di legittimità, sotto il profilo del rispetto dei criteri legali di ermeneutica contrattuale stabili dal codice civile (artt. 1362 ss. c.c.);
- nell’interpretazione delle norme dei contratti collettivi aziendali, il giudice di merito può limitarsi a ricercare la comune intenzione delle parti “sulla base del tenore letterale della disposizione” soltanto se esso riveli l’intenzione delle parti medesime “con evidenza tale da non lasciare alcuna perplessità sull’effettiva portata della clausola”, dovendo ricorrere, in caso contrario, alla valutazione del “comportamento successivo delle parti” nella sua applicazione e alla considerazione di tutti gli “altri criteri ermeneutici” indicati dagli artt. 1362 ss. c.c.;
- secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 01.06.2022, n. 17939) il rapporto tra “contratto collettivo nazionale” e “contratto collettivo di carattere territorialmente più circoscritto” non è regolato dai principi di “gerarchia” e di “specialità” propri delle fonti legislative, ma dalla “effettiva volontà delle parti sociali” e, pertanto, dalla maggiore prossimità, in ragione di una reciproca autonomia delle due discipline, talché la fonte collettiva prossima agli interessi disciplinati è, nei limiti della normativa inderogabile di legge, prevalente sulle altre consimili;
- in tema di interpretazione dei contratti collettivi, il giudice non può arrestarsi a una considerazione “atomistica” delle singole clausole “neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del senso letterale delle parole, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano devono essere fra loro coordinate e ricondotte ad armonica unità e concordanza”. Pertanto, sebbene la ricerca della comune intenzione delle parti vada operata alla luce innanzitutto del criterio di interpretazione letterale delle clausole, per desumere la volontà manifestata dai contraenti “si impone il ricorso anche al criterio logico-sistematico stabilito dall’art. 1363 c.c. e quindi a un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, dovendosi altresì tenere conto del comportamento, anche successivo, delle parti”;
- l’applicazione combinata dei criteri previsti dagli artt. 1362 e 1363 c.c., in conformità ai predetti principi di diritto “rende evidente l’erroneità in diritto dell’interpretazione della Corte d’appello, che, in contrasto con essi, ha invece interpretato l’accordo aziendale in termini atomistici, in virtù di una lettura frammentata e parziale, così non cogliendo il senso esatto della previsione negoziale”.
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 agosto 2023, n. 23839
Rilevato che
1.Con sentenza 13 agosto 2021, la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’appello di Autostrade per l’Italia s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato il diritto dei tre lavoratori in epigrafe indicati, dipendenti della società con mansioni diverse da quelle riservate al personale esattore dei pedaggi, ai ticket restaurant anche per le giornate non di lavoro effettivo, ma ad esse equiparabili ai sensi dell’art. 43 CCNL vigente (per tali intese anche ferie, festività godute, assenze per infortunio e ricoveri ospedalieri di durata superiore a cinque giorni);
2. essa ha ciò ritenuto, condividendo il ragionamento decisorio del Tribunale, in esito ad argomentato e combinato esame dell’accordo integrativo aziendale di Autostrade con le OO.SS. del 21 luglio 2015, relativo al personale non addetto all’esazione con l’art. 43, p.to g) del CCNL per il personale dipendente di società e consorzi concessionari di autostrade e trafori del 2005, rubricato “indennità di mensa” e con l’accordo integrativo aziendale di Autostrade con le OO.SS. del 18 settembre 2007, relativo al solo personale addetto all’esazione dei pedaggi (di sostituzione della suddetta indennità con un ticket restaurant, spettante per i soli giorni di effettiva prestazione di servizio pari o superiore a 4 ore). Sull’assunto dell’“inequivoco tenore letterale dell’accordo in discussione”, la Corte territoriale ha pertanto riconosciuto ai predetti lavoratori un trattamento estensivo del ticket restaurant anche alle giornate equiparabili a quelle di servizio effettivo, come previsto dall’art. 43, p.to g), n. 25) in quanto non derogata dall’accordo in questione, diverso da quello invece riservato al personale esattore;
3. con atto notificato il 14 marzo 2022, la società ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, cui hanno resistito i lavoratori con controricorso;
4. entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c..
Considerato che
1.L’eccezione di tardività del ricorso, sollevata dai controricorrenti, per superamento del termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. novellato, è infondata, perché, essendo stata la sentenza pubblicata il 13.9.2021, detto termine era sì in scadenza il 13.3.2022, che è giorno festivo trattandosi di una domenica, ma, giusta l’art. 155, comma terzo, c.p.c., la scadenza era prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, vale a dire, il 14.3.2022, data in cui il ricorso è stato notificato telematicamente;
2. la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. in relazione all’accordo sindacale aziendale del 21 luglio 2015 (per il personale percipiente l’indennità di mensa ai sensi dall’art. 43, p.to g, n. 25 del CCNL) e al successivo accordo del 19 luglio 2018 (per tutto il personale non percipiente l’indennità di mensa), per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato il primo accordo, in violazione del criterio di letteralità (a causa di una lettura solo parziale del suo testo) e di determinazione della comune interpretazione delle parti in base al loro comportamento successivo. Essa si duole dell’inosservanza dei criteri ermeneutici denunciati per non avere la Corte d’appello, in particolare, valorizzato la comunicazione mail di Autostrade al proprio ufficio del personale del 29 settembre 2015, né il successivo accordo del 2018, di “conferma” della corresponsione dei ticket restaurant per “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”, senza applicazione del“le equiparazioni previste dal c.c.n.l. alla “effettiva prestazione” di cui all’art. 43 punti 25 e 34”), anche in combinazione con il criterio di sistematicità, in riferimento alla sostituzione della disciplina contrattuale collettiva dell’indennità di mensa (art. 43, p.to g del CCNL citato) con i ticket restaurant. Sicché, la società lamenta la non corretta interpretazione dell’accordo aziendale in questione, nella sua previsione per tutti i dipendenti, non esattori di pedaggio al pari degli esattori, di spettanza dei ticket restaurant per i soli giorni di effettiva prestazione di servizio pari o superiore a 4 ore, senza alcuna equiparazione di altre ipotesi, come invece previsto dall’art. 43, p.to g), n. 25) del CCNL (primo motivo);
3. esso è fondato;
4. giova premettere come l’interpretazione dell’accordo sindacale aziendale del 21 luglio 2015 spetti al giudice di merito e sia censurabile in sede di legittimità (oltre che per vizi di motivazione nei limiti del novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.) soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale.
E la ricorrente li ha correttamente denunciati, avendone specificato in concreto la violazione e precisato il modo e le considerazioni attraverso cui il giudice si sia discostato dagli stessi, sicché l’interpretazione dell’accordo è sindacabile in sede di legittimità (Cass. 25 gennaio 2022, n. 2173), nei limiti detti.
Né la censura si risolve in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione: non dovendo, peraltro, l’interpretazione data dal giudice al contratto, per essere insindacabile in sede di legittimità sotto entrambi i profili, essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma soltanto una delle interpretazioni plausibili, in quanto appunto non affetta da errore di diritto (da ultimo: Cass. 2 novembre 2022, n. 32294);
4.1. preme altresì ribadire il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo cui spetta invece ad essa l’interpretazione delle disposizioni contrattuali collettive nazionali in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., come modificato dall’art. 2 d.lgs. 40/2006, per la loro parifìcazione sul piano processuale a quella delle norme di diritto; non già come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione. Sicché, non è necessaria, a pena di inammissibilità della doglianza, una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 28 maggio 2018, n. 13265; Cass. 18 novembre 2019, n. 29893; Cass. 14 gennaio 2021, n. 555; Cass. 12 aprile 2021, n. 9583; Cass. 2 novembre 2022, n. 32294);
5. sulla base della richiamata distinzione, occorre allora procedere alla verifica dell’interpretazione dell’accordo aziendale del 21 luglio 2015, nel rispetto dei limiti del sindacato di legittimità. E pertanto, non in via di interpretazione diretta (non potendo essa sostituire un’interpretazione propria a quella della Corte d’appello), bensì attraverso il filtro devolutivo correttamente formulato (nel rispetto dei principi enunciati al superiore punto 3), per l’eventuale individuazione di una violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale: e segnatamente dell’art. 1362 c.c., alla stregua di errore di diritto, al cospetto della perentoria affermazione della Corte territoriale, per la quale sarebbe “inequivoco” il “dato letterale dell’accordo in discussione” (così al secondo alinea dell’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza);
6. nell’interpretare la norma collettiva aziendale, appare utile richiamare il principio, secondo cui il giudice del merito possa limitarsi a ricercare la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale della disposizione soltanto se esso riveli l’intenzione delle parti con evidenza tale da non lasciare alcuna perplessità sull’effettiva portata della clausola, dovendo ricorrere, in caso contrario, alla valutazione del comportamento successivo delle parti nella sua applicazione ed alla considerazione di tutti gli altri criteri ermeneutici indicati dagli artt. 1362 ss. c.c. (Cass. 4 gennaio 2013, n. 110).
In particolare, se è vero che l’art. 1362 c.c., sia sotto il profilo del “chiaro tenore letterale” del testo sia sotto il profilo della “comune intenzione delle parti”, costituisce criterio ermeneutico che deve prevalere, quando riveli con chiarezza e univocità la volontà comune delle parti, al punto che non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti (Cass. 28 agosto 2007, n. 18180; Cass. 21 agosto 2013, n. 19357; Cass. 4 maggio 2017, n. 10850), è anche vero che esso non è necessariamente decisivo ai fini della ricostruzione dell’accordo. E ciò, perché il significato delle dichiarazioni negoziali non è un prius, ma l’esito di un processo interpretativo che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore (Cass. 15 luglio 2016, n. 14432), anche secondo una interpretazione orientata dal criterio di buona fede, a norma dell’art. 1366 c.c., avuto riguardo allo “scopo pratico” perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto, e quindi della relativa “causa concreta” (Cass. 17 novembre 2021, n. 34795; Cass. 25 gennaio 2022, n. 2173).
In definitiva, il percorso ermeneutico deve articolarsi, da un punto di vista logico, in una circolarità che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione dei contraenti e di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell’accordo (secondo la previsione dell’art. 1363 c.c.) e con la condotta complessiva tenuta dai medesimi (Cass. 14 settembre 2021, n. 24699), coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette (Cass. 13 ottobre 2022, n. 30141);
7. tanto chiarito, occorre allora verificare la corrispondenza ai suenunciati principi di diritto dell’interpretazione della Corte milanese, esclusivamente sulla base del criterio del tenore letterale della disposizione da interpretare, applicandolo all’accordo sindacale aziendale del 21 luglio 2015, a suo avviso di “inequivoco … dato letterale”.
Orbene, con il verbale sottoscritto dal Gruppo Autostrade per l’Italia e dalle Segreterie Nazionali di FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASORTI, SLA-CISAL e UGL, congiuntamente alle rispettive strutture territoriali e RSA, per l’accordo di rinnovo della contrattazione aziendale di secondo livello per il triennio 2015/2017, le parti hanno, per quanto qui interessa, in particolare, sotto la rubrica Ticket Restaurant, così convenuto: “A tutto il personale che attualmente beneficia dell’indennità di mensa di cui all’art. 43, p.to g del vigente CCNL, l’Azienda riconoscerà a decorrere dall’1.10.2015, in luogo della predetta indennità, un Ticket Restaurant del valore di € 5,29 … ”.
L’indennità di mensa in questione è disciplinata dal CCNL per il personale dipendente di società e consorzi concessionari di autostrade e trafori del 2005, applicabile ratione temporis, che all’art. 43, lett. g), sotto la rubrica “Indennità di mensa”, stabilisce:
“24. Dove esistono nuclei consistenti di personale la Società esaminerà la possibilità di istituire mense aziendali.
25. Nei casi in cui ciò non sia possibile la Società corrisponde per ogni giornata di effettiva presenza in servizio, intendendosi per tale anche le ferie, le festività godute, le assenze per infortunio ed i ricoveri ospedalieri di durata superiore a cinque giorni, una indennità sostitutiva nella misura di € 2,58 giornaliere.
26. Tale indennità non compete nel corso della trasferta e quando il lavoratore, che fruisce dell’indennità di zona, abbia usufruito del rimborso pieno di cui al precedente punto 10” (essendo prevista la corresponsione di un rimborso per il pasto in misura pari a € 6,46: sub lett. c), rubricata “Indennità di zona”).
7.1. Tale disposizione contrattuale collettiva deroga al principio generale, per il quale l’indennità di mensa, pur costituendo sotto molti aspetti una voce retributiva, rimane ciononostante per l’appunto una “indennità”, come tale strettamente connessa alla effettiva prestazione dell’attività lavorativa; sicché, in mancanza di una specifica prova dell’esistenza di un patto in senso contrario, non è dovuta per i giorni in cui il dipendente non abbia prestato la propria attività lavorativa, venendo meno le ragioni specifiche per la sua erogazione, posto che il prestatore non si è trovato, a causa degli impegni di lavoro, nella necessità di consumare il pasto fuori casa e di sopportare il relativo maggiore esborso (Cass. 22 luglio 2010, n. 17218, in motivazione sub p.to 3).
Nel caso di specie, la specifica prova dell’esistenza di un patto in senso contrario è appunto rappresentata dall’art. 43, lett. g) del CCNL testé riportato;
7.2. secondo indirizzo interpretativo di questa Corte (ribadito da ultimo da: Cass. 1° giugno 2022, n. 17939, in motivazione sub p.to 10) e che trova applicazione anche nell’ambito del pubblico impiego privatizzato (Cass. 26 maggio 2008, n. 13544; Cass. 13 gennaio 2016, n. 355; Cass. 6 aprile 2017, n. 8892), meritevole di continuità per la sua condivisibile correttezza, il rapporto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale deve essere regolato, non già in base ai principi di gerarchia e di specialità propri delle fonti legislative, ma di effettiva volontà delle parti sociali, in ragione di una reciproca autonomia delle due discipline (e di un loro diverso ambito applicativo, secondo il criterio di competenza e di specialità nel rispetto del principio di autonomia, talché la fonte collettiva prossima agli interessi disciplinati è, nei limiti della normativa inderogabile di legge, prevalente sulle altre consimili: Cass. 19 febbraio 1988, n. 1759). Ed esso ha trovato riscontro nel mondo sindacale anche nell’aspetto delle relazioni industriali (Cass. 18 settembre 2007, n. 19351); sicché, in virtù del principio di autonomia negoziale stabilito dall’art. 1322 c.c., i contratti territoriali possono prorogare l’efficacia dei contratti nazionali e derogarli, anche in pejus, senza che osti il disposto dell’art. 2077 c.c., fatta salva solamente la salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, non suscettibili di un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa di eguale o diverso livello (Cass. 18 maggio 2010, n. 12098). Pertanto, l’effettiva volontà delle parti sociali deve essere desunta attraverso il coordinamento delle diverse disposizioni delle fonti collettive, aventi tutte pari dignità e forza vincolante, con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi ed estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a regole proprie in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito territoriale (Cass. 2 marzo 2021, n. 5651);
8. la Corte territoriale ha tratto argomento di essenziale sostegno (cfr. pg. 5 della sentenza) nell’interpretazione, denunciata come erronea dalla ricorrente, dalla formulazione dell’accordo sindacale aziendale del 18 settembre 2007 di Autostrade con le OO.SS. del 18 settembre 2007, con il quale la Società Autostrade per l’Italia e le Segreterie Nazionali di FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASORTI, SLA-CISAL avevano stabilito, in particolare per quanto qui interessa, sotto la voce “Parte economica”: “Le parti concordano che in sostituzione di quanto contrattualmente previsto a titolo di indennità di mensa, art. 43 punto 25, al personale addetto all’esazione dei pedaggi verrà corrisposto un “ticket restaurant” del valore unitario di € 5,29 … In ogni caso a decorrere dal 1° gennaio 2008 cesserà di avere effetto nei confronti del personale addetto all’esazione dei pedaggi quanto contrattualmente definito sui criteri di erogazione dell’indennità di mensa e verrà corrisposto, anche coprendo il successivo periodo, il “ticket restaurant” … Resta altresì inteso che al momento dell’attivazione del nuovo sistema cessa di aver effetto tutto quanto contrattualmente previsto in materia di indennità sostitutiva di mensa sia ai fini retributivi complessivi sia come modalità di erogazione. Le parti, infatti convengono che l’importo “ticket restaurant” non verrà computato a nessun effetto di legge e di contratto su alcun istituto contrattuale e legale. … Convengono inoltre, in modificazione della disciplina contrattuale sui criteri di erogazione dell’indennità di mensa, che il “ticket restaurant” verrà corrisposto per ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore e … conseguentemente per lo stesso non trovano applicazione le equiparazioni previste nel c.c.n.l. all’effettiva prestazione di cui all’art. 43, punti 25 e 34 … ”;
9. con più specifica e approfondita attenzione all’accordo sindacale aziendale del 21 luglio 2015, occorre ribadire che, quale fonte negoziale prossima agli interessi disciplinati e pertanto prevalente sulle altre consimili nell’interpretazione dell’effettiva volontà delle parti sociali, esso deve essere letto in corretta applicazione dei principi ermeneutici denunciati (in particolare, degli articoli 1362 e 1363 c.c.). Sicché, pur costituendo sempre il criterio letterale previsto dall’art. 1362 c.c. punto di avvio per una corretta interpretazione di ogni clausola contrattuale, il criterio logico-sistematico dell’art. 1363 c.c. assume, in ragione delle particolari caratteristiche connotanti la contrattazione collettiva, un particolare rilievo, ben più accentuato rispetto a quanto accade per i restanti contratti di diritto comune (Cass. 9 marzo 2005, n. 5140); pertanto, sebbene la ricerca della comune intenzione delle parti debba essere operata alla luce innanzitutto del criterio di interpretazione letterale delle clausole, per desumere la volontà manifestata dai contraenti, si impone il ricorso anche al criterio logico-sistematico stabilito dall’art. 1363 c.c. e quindi ad un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, dovendosi altresì tenere conto del comportamento, anche successivo, delle parti (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267; Cass. 18 novembre 2019, n. 29893).
Non può allora il giudice, nell’interpretazione dei contratti, arrestarsi ad una considerazione “atomistica” delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del “senso letterale delle parole”, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano devono essere fra loro coordinate e ricondotte ad armonica unità e concordanza (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267; Cass. 2 novembre 2022, n. 32294);
9.1. occorre allora scrutinare attentamente la previsione dell’accordo in esame:
a) alla luce di un’attenta lettura del tenore letterale del testo (“A tutto il personale che attualmente beneficia dell’indennità di mensa di cui all’art. 43, p.to g del vigente CCNL, l’Azienda riconoscerà a decorrere dall’1.10.2015, in luogo della predetta indennità, un Ticket Restaurant del valore di € 5,29 … ”), alla ricerca della comune interpretazione delle parti: a’) senza “limitarsi al senso letterale delle parole”, e quindi confrontandolo con la volontà manifestata dalle medesime parti nella progressione negoziale aziendale (dapprima con l’accordo integrativo aziendale del 18 settembre 2007, relativo al solo personale addetto all’esazione dei pedaggi), a specificazione “di prossimità agli interessi disciplinati” di quanto previsto dall’art. 43, p.to g) del CCNL vigente; a’’) valutando pure “il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”, in particolare manifestato con la comunicazione mail di Autostrade al proprio ufficio del personale del 29 settembre 2015 e con il successivo accordo del 2018, di “conferma” della corresponsione dei ticket restaurant per “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”, senza applicazione del“le equiparazioni previste dal c.c.n.l. alla “effettiva prestazione” di cui all’art. 43 punti 25 e 34”);
b) in combinazione con il criterio di sistematicità, in particolare riferimento alla sostituzione della disciplina contrattuale collettiva dell’indennità di mensa (art. 43, p.to g del CCNL citato) con i ticket restaurant;
9.1.1. in più specifico riferimento al p.to a’), se indubbiamente l’accordo del 18 settembre 2007 è stato più esplicito nell’affermazione della sostituzione con il Ticket Restaurant “di quanto contrattualmente previsto a titolo di indennità di mensa, art. 43 punto 25” e della “modificazione della disciplina contrattuale sui criteri di erogazione dell’indennità di mensa” con la chiara indicazione della corresponsione del Ticket Restaurant per ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore, sicché per esso “non trovano applicazione le equiparazioni previste nel c.c.n.l. all’effettiva prestazione di cui all’art. 43, punti 25 e 34”, occorre anche sottolineare come esso, per la prima volta, sia intervenuto “in sostituzione di quanto contrattualmente previsto a titolo di indennità di mensa” con l’introduzione, in luogo di quella, di “un “ticket restaurant” del valore di € 5,29”.
Ciò ha reso necessario una più articolata e puntuale disciplina (sotto la rubrica “Parte economica”), oltre che della decorrenza, della modalità di pagamento, di esclusione dal computo di ogni istituto retributivo legale e contrattuale, diretto e indiretto e pure di delimitazione della sua corresponsione, diversamente che dall’indennità di mensa del CCNL, soltanto per “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”. Per l’accordo del 21 luglio 2015 ciò non è stato necessario, posto che il nuovo emolumento apparteneva ormai alla contrattazione aziendale, sia pure limitatamente al personale addetto all’esazione dei pedaggi: sicché, è stata sufficiente, per “tutto il personale che attualmente beneficia dell’indennità di mensa di cui all’art. 43, punto g) del vigente CCNL” la sola indicazione “Ticket Restaurant”, con indicazione della data di decorrenza e del valore.
In più specifico riferimento al p.to a’’), appare indubbia la manifestazione della volontà di dare seguito all’accordo “dal prossimo 1° ottobre”, espressa dalla società Autostrade con l’informazione via mail del 29 settembre 2015 (appena due mesi dopo) del proprio ufficio del personale, di “distribuzione dei Ticket Restaurant a tutto il personale di tratta … sulla base delle effettive presenze, intendendosi per tali almeno 4 ore di prestazione (es.: le ferie non daranno diritto ai TR)” (come trascritto alla lett. f di pg. 9 del ricorso, con specifica indicazione della sede di produzione nel giudizio di primo grado).
Tale volontà è stata quindi ribadita con l’accordo del 19 luglio 2018 (per tutto il personale non percipiente l’indennità di mensa), di “conferma” della corresponsione dei “Ticket Restaurant per un valore unitario di € 5,29” – senza computo “a nessun effetto di legge e di contratto su alcun istituto contrattuale e legale”, né considerazione “nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto e su qualsiasi altro istituto retributivo diretto e indiretto” – per “ogni giornata di effettiva prestazione pari o superiore alle 4 ore”, senza applicazione del“le equiparazioni previste dal c.c.n.l. alla “effettiva prestazione” di cui all’art. 43 punti 25 e 34” (come trascritto alla lett. g di pg. 9 del ricorso);
9.1.2. in più specifico riferimento al punto b), l’accordo ha stabilito, per tutto il personale percipiente l’indennità di mensa di cui all’art. 43, p.to g) del vigente CCNL, la sua sostituzione integrale (“in luogo della predetta indennità”) con un Ticket Restaurant (del valore di € 5,29: doppio rispetto a quello dell’indennità di mensa).
Essa è stata, infatti, richiamata nella sua intera disciplina, con inclusione ovvia di tutti i punti contenuti (da n. 24 a n. 26: e pertanto anche del n. 25) nell’art. 43, p.to g) del CCNL, con previsione esaustiva, non esigente ulteriore specificazione (spiegabile per la ragione illustrata al punto 8.1.1). D’altro canto, un rinvio all’indennità di mensa di cui all’art. 43, p.to g) senza un richiamo dei punti che lo costituiscono, sarebbe privo di alcun senso, in quanto rinvierebbe a nulla;
10. l’applicazione combinata dei criteri previsti dagli artt. 1362 e 1363 c.c., in conformità ai principi di diritto suenunciati, rende evidente l’erroneità in diritto dell’interpretazione della Corte d’appello, che, in contrasto con essi, ha invece interpretato l’accordo aziendale in termini atomistici, in virtù di una lettura frammentata e parziale, così non cogliendo il senso esatto della previsione negoziale;
11. dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che si uniformerà a quanto statuito, procedendo ad una nuova interpretazione, secondo i principi innanzi richiamati.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.