La lavoratrice che assiste un familiare disabile ha un diritto non assoluto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da accudire.
Nota a Cass., ord., 20 luglio 2023, n. 21627
Pamela Coti
Il diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona disabile da assistere non è assoluto e illimitato, ma deve essere bilanciato con gli interessi datoriali in conflitto nel caso concreto.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (ord. 20 luglio 2023, n. 21627, conforme ad App. Reggio Calabria n. 567/2019) in relazione alla richiesta di trasferimento di una dipendente per poter assistere il padre convivente portatore di handicap grave.
Al riguardo i Supremi Giudici hanno stabilito e precisato che:
- in materia di assistenza ai portatori di handicap, la L. n. 104/1992, art. 33, co. 5, circa “il diritto del lavoratore che assiste un disabile in situazione di gravità di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, va interpretato nel senso che tale diritto può essere esercitato, al ricorrere delle condizioni di legge, oltre che al momento dell’assunzione, anche nel corso del rapporto di lavoro, deponendo in tal senso il tenore letterale della norma, in coerenza con la funzione solidaristica della disciplina e con le esigenze di tutela e garanzia dei diritti del soggetto portatore di handicap previsti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità” (Cass. n. 6150/2019);
- il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare invalido è da intendersi come limite esterno al potere datoriale, prevalente nei confronti delle ordinarie esigenze tecniche, organizzative e produttive, salva l’insuscettibilità di essere le stesse diversamente soddisfatte (Cass. n. 33429/2022);
- l’onere della prova incombe sul datore di lavoro che deve dimostrare le circostanze ostative all’esercizio del diritto al trasferimento (Cass. n. 3896/2009);
- nello specifico, nel caso di specie, sebbene la sede di provenienza della lavoratrice risultasse parzialmente scoperta, le dimensioni dell’organico aziendale erano tali da escludere che il trasferimento di un’unica risorsa potesse produrre un danno consistente all’organizzazione dell’impresa.
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE ordinanza 20 luglio 2023, n. 21627
Svolgimento del processo
1.la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha rigettato l’appello di (Omissis) avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva confermato nel merito l’accoglimento della domanda cautelare di trasferimento della lavoratrice in epigrafe (addetta al recapito, liv. D), ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, dalla sede di (Omissis) alla sede di (Omissis), comune di residenza, quale congiunta convivente con il proprio padre, in condizioni di disabilità grave, e condannato la società al risarcimento del danno per inattività forzata commisurato, in via equitativa, in un quarto della retribuzione fissa che sarebbe spettata alla lavoratrice nel periodo dal 19/1 al 2/3/2017;
2. la Corte distrettuale, per quanto qui rileva, ha, in particolare, osservato in fatto che:
– la lavoratrice aveva presentato contestuale ricorso ex artt. 700 e 409 c.p.c., depositato il 21/12/2016;
– con ordinanza 10/2/2017, non reclamata, il Tribunale aveva accolto la domanda cautelare di trasferimento con decorrenza 19/1/2017;
– nel giudizio di merito di primo grado l’ordinanza cautelare era stata confermata, con condanna della società al risarcimento del danno per il (breve) periodo dalla data di decorrenza del trasferimento riconosciuta a quella della sua effettiva esecuzione, qualificato come danno da forzata inattività lavorativa e parametrato a quota della retribuzione che sarebbe spettata in tale periodo;
– non era contestata la condizione di handicap del padre della lavoratrice, così come non era contestato che ella lo assistesse e che per questo motivo fossero stati concessi periodi di aspettativa alla medesima;
– la lavoratrice aveva provato l’esistenza di vacanze nella zona di (Omissis) a partire dal 19/1/2017 (ossia dopo l’introduzione del giudizio e prima della decisione cautelare), ed in questo senso era stata fissata la decorrenza del provvedimento cautelare, ritenendo decisivo il documento formato dalla stessa società con il quale essa, in tale data, dichiarava di cercare risorse da inserire nei centri di recapito presenti nel Comune di (Omissis) (quantunque l’invito fosse rivolto ai portalettere a tempo indeterminato assegnati negli uffici di recapito della provincia risultati eccedentari);
– ai fini della maturazione del diritto rilevava la situazione occupazionale della sede ambita e non di quella di provenienza, rilevandosi che nel Comune di (Omissis) (coperto in ragione del 91,5%) il trasferimento non ledeva in maniera consistente le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro, e non avendo la società ventilato che altri soggetti vantassero sui posti di (Omissis) un diritto poziore;
3. per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso (Omissis) con 2 motivi, illustrati da memoria; resiste la lavoratrice con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
Motivi della decisione
1.con il primo motivo di ricorso per cassazione, la società deduce (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) violazione e falsa applicazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, per avere la Corte di merito erroneamente affermato il diritto della lavoratrice al trasferimento nonostante il deposito del ricorso in data precedente (21/12/2016) a quella del verificarsi della sussistenza di posti vacanti nella sede di (Omissis) (19/01/2017), e per avere erroneamente ritenuto oggetto della causa il diritto al trasferimento della lavoratrice e non invece i dinieghi della società alle richieste di trasferimento, omettendo di valutare che le suddette richieste non menzionavano la necessità di assistere il padre disabile;
2. con il secondo motivo, la società deduce (art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione della L. n. 104 del 1992, art. 33per avere la Corte di merito affermato il diritto al trasferimento della lavoratrice nonostante quest’ultimo presupponga che la sede di provenienza non versi in condizione di carenza di organico;
3. osserva il Collegio che i due motivi, che ripetono corrispondenti motivi di appello, non sono ammissibili, in quanto la società ricorrente si duole dell’interpretazione della domanda attorea e della valutazione delle prove del caso concreto, attività pacificamente riservate ai gradi di merito, nel caso di specie, peraltro, in ipotesi di cd. doppia conforme;
4. con specifico riguardo al primo motivo, questa Corte ha chiarito che l’interpretazione della domanda deve essere diretta a cogliere, al di là delle espressioni letterali utilizzate, il contenuto sostanziale della stessa, desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dallo scopo pratico perseguito dall’istante con il ricorso all’autorità giudiziaria; ed è riservata al giudice di merito l’attività di interpretazione della domanda attorea e di individuazione dell’oggetto della stessa (cfr. Cass. n. 11103/2020, S.U. n. 3041/2007);
5. nel caso di specie, in giudici di merito hanno interpretato la domanda dell’originaria ricorrente come avente ad oggetto il diritto al trasferimento ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33 presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, prestando quest’ultima assistenza al padre portatore di handicap grave (e non diretta ad un’impugnativa, di struttura para-amministrativistica, di dinieghi datoriali);
6. d’altra parte, si ha mutatio libelli (vietata) quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte e alterare il regolare svolgimento del processo (v. Cass. n. 12621/2012, n. 1589/2015, n. 19842/2015); nel caso concreto, invece, il riconoscimento, in sede cautelare e confermato nelle fasi processuali di merito successive, del diritto azionato con una decorrenza successiva al deposito del ricorso introduttivo non ha inciso sulla causa petendi (accertamento del diritto al trasferimento ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5), ma si è concretizzato in una semplice limitazione del petitum, in relazione alla prova dei presupposti di fatto finalizzati al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere, secondo il noto, e perfettamente ammissibile, schema processuale del “più contiene il meno” e della rilevanza del dato temporale nell’esercizio dei diritti;
7. in relazione al secondo motivo, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che il diritto in discussione – a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona disabile da assistere (così come lo speculare diritto a non essere trasferito senza consenso) – non è assoluto e illimitato e può e deve essere bilanciato con gli interessi datoriali in conflitto nel caso concreto, come evidenziato dall’inciso “ove possibile” contenuto nella norma (v., ad es., Cass. n. 18223/2011);
8. nel procedere al suddetto bilanciamento di interessi, occorre rammentare che, in materia di assistenza ai portatori di handicap, la L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, nel testo modificato dalla L. n. 53 del 2000e dalla L. n. 183 del 2010, circa il diritto del lavoratore che assiste un disabile in situazione di gravità di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, va interpretato nel senso che tale diritto può essere esercitato, al ricorrere delle condizioni di legge, oltre che al momento dell’assunzione, anche nel corso del rapporto di lavoro, deponendo in tal senso il tenore letterale della norma, in coerenza con la funzione solidaristica della disciplina e con le esigenze di tutela e garanzia dei diritti del soggetto portatore di handicap previsti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata e resa esecutiva con L. n. 18 del 2009(Cass. n. 6150/2019; v. anche, sul divieto di trasferimento del lavoratore che assista con continuità un familiare invalido, quale limite esterno al potere datoriale, prevalente nei confronti delle ordinarie esigenze tecniche, organizzative e produttive, salva l’insuscettibilità di essere le stesse diversamente soddisfatte, Cass. n. 33429/2022; nonchè, sull’onere della prova, spettante al datore di lavoro, di dimostrare le circostanze ostative all’esercizio del diritto al trasferimento, Cass. n. 3896/2009 e successive conformi);
9. i giudici di merito hanno coerentemente applicato i principi giurisprudenziali appena ricordati, pervenendo alla conclusione, attraverso un giudizio di valutazione delle prove non censurabile in questa sede in quanto congruamente e logicamente motivato, nel bilanciamento degli interessi contrapposti nella fattispecie, della carenza di prova di effettiva lesione delle esigenze aziendali; il diritto della lavoratrice al trasferimento è stato affermato per la vacanza di posti di lavoro nella sede di (Omissis) nella quale aveva chiesto di essere trasferita, pur accertata nella sede di destinazione in data successiva rispetto al deposito del ricorso, ciò non ostando al riconoscimento del diritto, in quanto presupposto fattuale per l’esercizio del diritto stesso; la situazione di non pieno organico della sede di (Omissis) di partenza, avuto riguardo alle dimensioni dell’attività e ai dati concreti di copertura/scopertura degli organici nelle rispettive sedi, non è stata, in fatto, valutata quale fonte di danno consistente alle ragioni organizzative aziendali;
10. le spese di lite del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza; al rigetto dell’impugnazione consegue il rddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000 per compensi, Euro 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.