Giuseppe Catanzaro

Il Tribunale di Milano (28 settembre 2023, R.G. n. 6979/2023, in q. sito con nota di C. GIAGHEDDU SAITTA) attua una interessante ricognizione delle posizioni europee in tema di riders. Ciò muovendo dalla nozione eurocomunitaria di lavoratore, inteso come soggetto che necessita di una disciplina protettiva la quale richiede che “una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione” (v. CGUE sentenze N., C-46/12, EU:C:2013:97, punto 40, nonché Haralambidis, C-270/13, EU:C:2014:2185, punto 28).

In particolare, osserva il Tribunale, per “lo status di “lavoratore” ai sensi del diritto dell’Unione non rileva che una persona sia “assunta come prestatore autonomo di servizi ai sensi del diritto nazionale per ragioni fiscali, amministrative o burocratiche, purché tale persona agisca sotto la direzione del suo datore di lavoro, per quanto riguarda in particolare la sua libertà di scegliere l’orario, il luogo e il contenuto del suo lavoro (v. CGUE sentenza Allonby, C-256/01, EU:C:2004:18, punto 72), non partecipi ai rischi commerciali di tale datore di lavoro (CGUE sentenza Agegate, C-3/87, EU:C:1989:650, punto 36) e non sia integrata nell’impresa di detto datore di lavoro per la durata del rapporto di lavoro, formando con essa un’unità economica (v.CGUE sentenza Becu e a., C-22/98, EU:C:1999:419, punto 26)”.

La Corte europea individua l’area dei rapporti contrattuali di lavoro bisognosi di tutela anche sotto il profilo dell’autonomia collettiva nell’insieme dei rapporti di lavoro caratterizzati non tanto da una mera dipendenza economica intesa quale “dipendenza reddituale”, bensì da una “dipendenza organizzativa” e specifica che “in ogni caso, ciò che rileva è il concreto atteggiarsi del rapporto, indipendentemente dalla qualificazione formale data dalle parti al contratto stipulato, in modo che possano applicarsi le tutele del lavoro subordinato in tutte quelle ipotesi in cui l’autonomia del prestatore sia meramente fittizia “(v. CGUE, ord. 22.4.2020, C 692/2019).

In tale contesto la sentenza UBER del 28.10.2016, n. 2202550 dell’Employment Tribunal of London (confermata in appello, è stata definitivamente condivisa dalla Corte Suprema del Regno Unito con la sentenza UKSC 5, del 19 febbraio 2021 ove è stato precisato che il rapporto contrattuale dei drivers è intrattenuto con Uber, non con i passeggeri di volta in volta trasportati) “ha definito la piattaforma UBER riguardante gli autisti non come mero algoritmo di  intermediazione, bensì come azienda privata di trasporto: a seguito dell’accertamento dell’esercizio di un potere di controllo da parte di Uber, gli autisti sono stati qualificati come workers e non come self-employed, ai sensi dell’art. 230 (lett. b) dell’ERA, con il conseguente riconoscimento dei diritti ad una giusta retribuzione e all’applicazione delle norme sull’orario di lavoro degli autisti privati”.

Secondo la normativa inglese lo status giuridico di worker, si distingue da quello di employee derivante da contract of employment, e si configura quando “il rapporto deriva da un contratto di lavoro (lett. a) o da qualsiasi altro contratto in forza del quale una parte si obbliga a fare o a esercitare personalmente un lavoro o servizi per un terzo, il quale non sia un cliente del prestatore (lett. b)”. Lo status di worker implica che agli autisti di Uber siano riconosciuti diritti quali le ferie retribuite e il minimo salariale (id est il riconoscimento di 28 giorni di ferie annuali retribuite e un limite di 48 ore settimanali, nonché il pagamento del salario minimo).

Ulteriori sentenze si sono pronunziate a favore della subordinazione del rapporto di lavoro con l’impresa che gestisce la piattaforma digitale. In Francia, la sentenza della Cour de Cassation, Chambre Sociale del 4.3.2020, n. 374, relativa agli autisti di Uber, ha statuito che “il prestatore di lavoro non è un partner commerciale, in quanto nel momento della stipulazione del contratto aderisce ad un servizio di trasporto interamente organizzato da Uber attraverso la piattaforma digitale e i sistemi di elaborazione algoritmici che ne determinano il funzionamento. L’autista che ricorre all’infrastruttura tecnologica non ha la possibilità di crearsi una propria clientela né di determinare liberamente le tariffe da applicare e, in tal modo, colloca la propria attività lavorativa nell’ambito di un quadro di regole determinato dall’esterno”.

In particolare, ai fini della subordinazione, secondo la Corte francese rilevano talune condizioni applicate al lavoro degli autisti le quali evidenziano il carattere stringente di una serie di vincoli che smentiscono l’obiezione relativa alla pretesa libertà del prestatore di scegliere se e quando lavorare. Tali vincoli sono:

“a) l’imposizione di uno specifico percorso da seguire, ricavabile dal fatto che deviazioni inefficienti avrebbero determinato penalizzazioni economiche;

b) la facoltà di Uber di sospendere temporaneamente l’account dopo tre incarichi rifiutati e di disattivarlo per ragioni rimesse ‘à la discrétion raisonnable d’Uber’;

c) lo svelamento della destinazione solo al momento del contatto con il cliente;

d) la disconnessione o sospensione dall’account in caso di “comportamento problematico” senza alcuna valutazione di proporzionalità della misura o in merito all’attendibilità degli elementi di prova”.

Anche la Corte Suprema Spagnola (Tribunal Supremo, Sala de lo Social, Pleno, sentenza n. 805/2020) “ha accertato che l’indipendenza del rider era solo apparente, anche con riferimento alla scelta del come e del quando lavorare, in quanto assoggettato alla piattaforma nell’organizzazione del proprio lavoro, in relazione al funzionamento dell’algoritmo di assegnazione degli slot, funzionale al migliore servizio per il datore di lavoro, e al sistema premiale e/o punitivo delle valutazioni”. A seguito di tale sentenza in Spagna è stato approvato il Real Decreto Ley n. 9/2021 entrato in vigore il 12.8.2021 con il quale ai riders è stato riconosciuto lo statuto di lavoratori subordinati.

Lo status di lavoratore e la nozione dei riders secondo la CGUE nonché nel Regno Unito, in Francia e in Spagna
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