La trattenuta del 5% di cui al D.L. n. 158/2012, non costituisce un prelievo forzoso a carico del professionista e va definita in sede di contrattazione integrativa aziendale previa intesa con i dirigenti interessati.

Nota a Cass. 3 ottobre 2023, n. 27883

Flavia Durval

Con riguardo alla tariffa per l’attività libero professionale intramuraria, il D.L. n. 158/ 2012  stabilisce che essa vada determinata d’intesa con i dirigenti interessati, previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale, con la definizione degli importi da corrispondere a cura dell’assistito. Nell’applicazione degli importi si deve tenere conto anche dell’incidenza della nuova trattenuta (“Balduzzi”)  pari al 5% (già prevista dalla L. n. 488 del 1999, art. 28,) del compenso del libero professionista, indicata come quota ulteriore rispetto a quella già prevista dalla vigente disciplina contrattuale.

Pertanto, l’Azienda sanitaria non può applicare la trattenuta di cui all’art. 1, co. 4, lett. c), secondo periodo della L. n. 120 del 2007, come modificato dal D.L. n. 158 del 2012 cit., in difetto di previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale e di intesa con i dirigenti interessati intervenuti in epoca successiva all’entrata in vigore della disposizione siccome modificata; la trattenuta va applicata una volta intervenuto l’accordo successivamente all’entrata in vigore della norma ancorchè, nella determinazione della tariffa, la stessa non sia stata espressamente indicata”.

Così, la Corte di Cassazione 3 ottobre 2023 n. 27883, la quale precisa che l’importo dell’emolumento in questione (5%) deve essere considerato in sede di determinazione della tariffa a carico dell’utenza ”e non va quindi trattenuto sul compenso dei medici, ma solo parametrato su di esso, in quanto concorre, quale “quota aggiuntiva” (quindi si somma alle altre componenti di costo del servizio intra moenia ), alla formazione dell’intera “tariffa” e va isolato dal resto e destinato (questo il significato dell’espressione “trattenuta”) al miglioramento del servizio sanitario, come indicato dalla legge.

“Consentire che la trattenuta venga operata direttamente sul compenso del medico, senza essere preceduta dalla contrattazione ed intesa sulla determinazione della tariffa, comporterebbe l’inidoneità della stessa a remunerare il professionista e si tradurrebbe in un prelievo forzoso, non concordato, in contrasto con le previsioni di legge, che, proprio nella versione introdotta con il D.L. n. 158/2012 cit., stabiliscono, come modalità da rispettare da parte delle aziende sanitarie, la “definizione, d’intesa con i dirigenti interessati, previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale”.

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA 3 ottobre 2023 n. 27883

Svolgimento del processo

1.La Corte d’appello di Milano, in accoglimento del gravame presentato A.A., B.B., C.C., D.D. e E.E., dirigenti medici in servizio presso l’Azienda Ospedaliera (Omissis) divenuta dal (Omissis) ASST (Omissis), ha riformato la sentenza di primo grado e dichiarato l’illegittimità della trattenuta che la ASST (Omissis), sulla base del disposto della L. 3 agosto 2007, n. 120, art. 1, comma 4, lett. c), come modificato dal D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 2, comma 1, conv. con modif. dalla L. 8 novembre 2012, aveva effettuato sui compensi di libera professione intramuraria maturati dai predetti medici dal (Omissis), condannando la ASST a restituire a ciascuno di essi le suddette trattenute, oltre interessi e rivalutazione.

2. La Corte territoriale, nel proprio iter decisionale, ha dapprima sintetizzato l’interpretazione della norma adottata dal giudice di prima istanza nei seguenti termini: le modifiche apportate dal D.L. n. 158 del 2012, della L. n. 120 del 2007, art. 1, comma 4, lett. c), con la previsione di apposita trattenuta sui compensi dei medici per le prestazioni rese in regime intramurario, sono finalizzate a sostenere interventi di prevenzione e di riduzione delle liste di attesa, corrispondenti all’interesse pubblico della miglior tutela della salute dei cittadini, onde la materia non può essere rimessa alla disponibilità delle parti ovvero ad un’intesa da raggiungersi in sede di contrattazione collettiva aziendale per il rinnovo delle tariffe; pertanto, la norma in esame dispone una trattenuta da operare sul compenso del professionista e non sulla tariffa finale ogni volta che si faccia applicazione degli importi versati dagli assistiti per la prestazione intramuraria; peraltro, non poteva insorgere una questione di tutela dell’affidamento sul recupero retroattivo della trattenuta (operata dall’ASST a partire dal (Omissis) nonché, con successiva determinazione, disposta anche sui compensi maturati nel periodo antecedente, dal (Omissis)), e la norma può trovare applicazione immediatamente dopo la sua entrata in vigore, atteso che esiste una disposizione sulle tariffe, esito di accordo sindacale, che consente di soddisfare le esigenze dei medici, trasferendo sui pazienti anche il costo della trattenuta in questione, aumentando individualmente il proprio onorario.

2.1. – Tanto premesso, la Corte d’appello ha disatteso il convincimento espresso in primo grado sul rilievo che l’interpretazione logico-letterale della norma conduce ad una visione unitaria delle due parti della stessa, entrambe introdotte dal D.L. n. 158 per 2012 cit., a modifica della precedente disposizione, sicché la nuova norma, nel suo insieme, detta i criteri con cui definire le tariffe da porre a carico dell’utente per la prestazione libero professionale intramuraria, previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale. Infatti, nella prima parte si stabilisce che gli importi da corrispondere a cura dell’assistito vengano determinati tenendo conto dei compensi del professionista, dell’equipe e del personale di supporto sanitario, dei costi pro quota per l’ammortamento e la manutenzione delle apparecchiature e degli ulteriori costi diretti e indiretti sostenuti dalle aziende, ivi compresi quelli connessi all’attività di prenotazione; nella seconda parte viene stabilito che nell’applicazione dei predetti importi da corrispondere a cura dell’assistito si introduce quale ulteriore quota, oltre quella già prevista dalla vigente disciplina contrattuale, una somma pari al 5 per cento del compenso del libero professionista. La lettura complessiva ed unitaria della norma rende evidente che il termine “importi” viene utilizzato con il significato di “tariffe”, per esprimere quanto deve essere corrisposto dall’assistito per la prestazione resa in regime intra moenia, tariffe che, d’intesa con i dirigenti interessati e previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale, devono essere elaborate tenendo conto sia delle voci elencate nella prima parte della norma, sia della quota ulteriore costituita da una percentuale fissa computata sul compenso dal professionista, vincolata ad interventi di prevenzione e volta alla riduzione delle liste di attesa. Pertanto, detta quota non va trattenuta dall’azienda direttamente sul compenso del professionista ma va calcolata prendendo come riferimento il compenso del professionista e aggiunta ai fini della determinazione complessiva della tariffa che l’assistito deve pagare.

2.2. – Tale interpretazione, secondo quanto ritenuto dai giudici di appello, è supportata anche dai lavori preparatori del Senato del D.L. n. 158 del 2012 cit., ove si precisa che i costi delle misure introdotte per portare a regime il sistema dell’ALPI (attività libero professionale intramuraria) sono coperti dagli importi delle prestazioni e che “nell’ambito di tali importi va individuata un’ulteriore quota (…) pari al 5% (…) destinata a interventi per la riduzione delle liste di attesa” e che “pertanto la determinazione degli importi risulta idonea ad assicurare l’integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati alla gestione dell’attività libero professionale intramuraria”.

2.3. – Nel medesimo senso milita anche il parere reso dal Ministero della salute alla Regione Veneto, ove si afferma che l’operatività della norma in ordine alla trattenuta del 5 per cento deve trovare attuazione mediante l’adozione di accordi aziendali.

2.4. – La Corte di merito, inoltre, ha ribadito che entrambi i periodi della L. n. 120 del 2007, art. 1, in esame sono stati inseriti dal D.L. n. 158 del 2012 cit.: mentre la formulazione originaria prevedeva in maniera generica che la tariffa andava determinata in accordo con i professionisti in modo da assicurare l’integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati alla gestione dell’attività libero professionale intramuraria, con la modifica si è inteso fornire un’indicazione più precisa di come determinare le tariffe che l’assistito è tenuto a corrispondere, vincolando alcune percentuali a scopi specifici. La norma, pertanto, va letta nel suo complesso, non apparendo corretto separare il meccanismo della trattenuta dal complessivo sistema di determinazione delle tariffe.

2.5. – Neppure potrebbe sostenersi che l’interpretazione adottata non corrisponda al criterio di neutralità economica, posto a base del regime dell’ALPI, dal momento che nessun costo rimane a carico della struttura pubblica, dovendo il contributo in esame essere ricompreso tra i costi di cui tenere conto nella determinazione della tariffa che viene riversata sull’assistito, il quale liberamente e consapevolmente decide di rivolgersi alla libera attività professionale intramuraria.

2.6. – Infine, non è sostenibile che lo scopo della norma sia quello di disincentivare il ricorso all’ALPI, considerato che, anzi, con il cd. decreto Balduzzi sono state previste misure per rendere più efficiente il servizio dell’attività intramuraria.

3. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale – ASST (Omissis) articolando tre motivi, cui resistono i medici con controricorso.

4. I controricorrenti hanno depositato memoria.

5. La causa giunge in decisione all’esito della trattazione in pubblica udienza nella quale sono intervenuti i difensori delle parti e il rappresentante del Pubblico Ministero, che, nel richiamare le conclusioni già rassegnate nella memoria depositata, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

1.Con il primo motivo l’Azienda ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 120 del 2007, art. 1, comma 4, lett. c), come modificato dal D.L. n. 158 del 2012cit., in quanto la Corte d’appello ha disatteso il tenore letterale nella norma e vanificato la finalità pubblica cui la trattenuta è preordinata, di fatto rimettendo alla disponibilità dalle parti sociali la realizzazione degli obiettivi di interesse pubblico.

1.1. – Il motivo è infondato. È infatti corretta, almeno nell’impostazione centrale, l’interpretazione della L. n. 120 del 2007, art. 1, comma 4, lett. c), come modificato dal D.L. n. 158 del 2012 cit., adottata dalla Corte territoriale, sia pure con alcune precisazioni atte a chiarire la portata della norma.

1.2. – Nella impostazione di parte ricorrente (già accolta dal giudice di prima istanza) la trattenuta va operata sul compenso del medico, e non già considerata ai fini della determinazione della tariffa da applicare all’utente, come risulterebbe dalla lettera della norma e dalla finalità pubblica degli interventi da finanziare con il contributo percentuale, la cui operatività non potrebbe essere subordinata alla previa concertazione tra le parti.

1.3. – Alla medesima conclusione è pervenuto il Procuratore Generale, che, pur riconoscendo che le due parti della norma sono collegate costituendo un unico nucleo, ha valorizzato l’argomento testuale contenuto nel secondo periodo per concludere che la fonte normativa impone una diretta trattenuta sul compenso dei medici, senza riversare il contributo sull’utenza.

1.4. – Tale interpretazione, tuttavia, non è confortata dall’esegesi letterale e sistematica, perché enfatizza un dato testuale avulso dal contesto dell’intera norma siccome introdotta dal D.L. n. 158 del 2012 cit., da leggere necessariamente in maniera unitaria.

1.5. – Infatti, della L. n. 120 del 2007, art. 1, comma 4, lett. c), come modificato dal D.L. n. 158 del 2012 cit., recita: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano garantiscono, anche attraverso proprie linee guida, che le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli IRCCS di diritto pubblico gestiscano, con integrale responsabilità propria, l’attività libero-professionale intramuraria, al fine di assicurarne il corretto esercizio, in particolare nel rispetto delle seguenti modalità: (…) c) definizione, d’intesa con i dirigenti interessati, previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale, di importi da corrispondere a cura dell’assistito, idonei, per ogni prestazione, a remunerare i compensi del professionista, dell’equipe, del personale di supporto, articolati secondo criteri di riconoscimento della professionalità, i costi pro-quota per l’ammortamento e la manutenzione delle apparecchiature, salvo quanto previsto dalla lettera a-ter), ultimo periodo, e dalla lettera b), ultimo periodo, nonché ad assicurare la copertura di tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dalle aziende, ivi compresi quelli connessi alle attività di prenotazione e di riscossione degli onorari e quelli relativi alla realizzazione dell’infrastruttura di rete di cui alla lettera a-bis). Nell’applicazione dei predetti importi, quale ulteriore quota, oltre quella già prevista dalla vigente disciplina contrattuale, una somma pari al 5 per cento del compenso del libero professionista viene trattenuta dal competente ente o azienda del Servizio sanitario nazionale per essere vincolata ad interventi di prevenzione ovvero volti alla riduzione delle liste d’attesa, anche con riferimento alle finalità di cui all’art. 2, comma 1, lettera c), dell’Accordo sancito il 18 novembre 2010 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.

Come già sottolineato nella sentenza impugnata, i due periodi fanno parte di una medesima previsione, introdotta proprio con la modifica apportata dal D.L. n. 158 del 2012 cit., in integrale sostituzione della precedente formulazione, che, sempre in riferimento alla tariffa da porre a carico dell’utenza, prevedeva più genericamente la “determinazione, in accordo con i professionisti, di un tariffario idoneo ad assicurare l’integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati alla gestione dell’attività libero-professionale intramuraria, ivi compresi quelli connessi alle attività di prenotazione e di riscossione degli onorari”.

Dal raffronto fra le due versioni della norma emerge con evidenza che, con la riforma del 2012, il legislatore ha inteso regolare in maniera più specifica le modalità di definizione della tariffa per l’attività libero professionale intramuraria, in primo luogo sancendo espressamente – quale modalità che le aziende sanitarie locali e gli altri enti ivi menzionati debbono rispettare nella gestione di tale attività, con integrale responsabilità propria, al fine di assicurarne il corretto esercizio – il ruolo della contrattazione integrativa aziendale quale presupposto dell’intesa con i dirigenti interessati (“definizione, d’intesa con i dirigenti interessati, previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale, di importi da corrispondere a cura dell’assistito”). Anche sul piano contenutistico la disposizione introdotta nel 2012 declina il generico principio di “neutralità economica” già posto nella precedente formulazione (“tariffario idoneo ad assicurare l’integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati alla gestione dell’attività libero-professionale intramuraria, ivi compresi quelli connessi alle attività di prenotazione e di riscossione degli onorari”), esplicitando espressamente la necessità che gli importi da corrispondere a cura dell’assistito sia idonei a coprire, da un lato, i compensi (“del professionista, dell’equipe, del personale di supporto, articolati secondo criteri di riconoscimento della professionalità”), dall’altro tutti i costi diretti e indiretti sostenuti dalle aziende (“i costi pro-quota per l’ammortamento e la manutenzione delle apparecchiature, salvo quanto previsto dalla lettera a-ter), ultimo periodo, e dalla lettera b), ultimo periodo, nonché ad assicurare la copertura di tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dalle aziende, ivi compresi quelli connessi alle attività di prenotazione e di riscossione degli onorari e quelli relativi alla realizzazione dell’infrastruttura di rete di cui alla lettera a-bis).”).

In stretta successione logico-letterale, la disposizione prosegue prevedendo che, nella determinazione della tariffa, si tenga conto anche della trattenuta cd. “Balduzzi” di nuova introduzione, come reso palese dall’incipit del periodo (“Nell’applicazione dei predetti importi”), da cui discende che i “predetti importi” sono quelli di cui al precedente periodo della disposizione, vale a dire gli “importi da corrispondere a cura dell’assistito”.

Pertanto, in base al tenore letterale della norma, avuto riguardo alla locuzione utilizzata nel secondo periodo (“predetti importi”), che rimanda univocamente alla definizione di cui primo periodo, ed all’esegesi sistematica dei due periodi in cui risulta articolata la lett. c) in commento, da leggere necessariamente in maniera unitaria per la stessa genesi della norma (così complessivamente riformulata proprio con il D.L. n. 158 del 2012 cit.), deve concludersi che nella applicazione degli importi (cioè della tariffa a carico degli utenti) si deve tenere conto anche dell’incidenza della nuova trattenuta, indicata come quota ulteriore rispetto a quella già prevista dalla vigente disciplina contrattuale.

A tale ultimo riguardo, va chiarito che la norma intende richiamare la quota già prevista dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 28, comma 5, secondo cui “Le tariffe delle prestazioni libero-professionali, ivi comprese quelle di diagnostica strumentale e di laboratorio, erogate in regime ambulatoriale, sono determinate da ciascuna azienda in conformità ai criteri stabiliti dalle regioni e dai contratti collettivi nazionali di lavoro e sono a totale carico dei richiedenti. Per le predette prestazioni all’azienda compete il rimborso dei costi diretti ed indiretti sostenuti nonché una quota della tariffa nella misura stabilita dai contratti collettivi nazionali”.

L’accostamento della nuova trattenuta “Balduzzi” del 5 per cento alla quota già prevista dalla L. n. 488 del 1999, art. 28, rappresenta un’ulteriore argomento, sul piano letterale e logico-sistematico, che avalla l’interpretazione per cui anche l’onere derivante dalla “ulteriore quota” deve essere considerato in sede di determinazione della tariffa a carico dell’utenza: in effetti, la differenza fra le due ipotesi consiste non già nel soggetto su cui, in definitiva, il contributo è destinato a gravare, bensì nella determinazione dell’importo da trattenere, nel caso della L. n. 488 del 1999, rimessa all’autonomia delle parti sociali, nel caso della “ulteriore quota” rappresentata dalla nuova trattenuta “Balduzzi” definita direttamente ex lege come percentuale prefissata del compenso del libero professionista.

1.6. – L’opposta interpretazione, predicata dalla parte ricorrente, non risulterebbe neppure coerente con i principi che governano le prestazioni in regime di intra moenia, con particolare riferimento al principio di neutralità economica, ribadito e specificato con la formulazione della norma introdotta dal D.L. n. 158 del 2012 cit., secondo cui gli importi da corrispondere a cura dell’assistito debbono essere idonei a coprire necessariamente tutti i costi per l’effettuazione della prestazione, a partire dalla remunerazione del compenso del professionista. Infatti, consentire che la trattenuta venga operata direttamente sul compenso del medico, senza essere preceduta dalla contrattazione ed intesa sulla determinazione della tariffa, comporterebbe l’inidoneità della stessa a remunerare il professionista e si tradurrebbe in un prelievo forzoso, non concordato, in contrasto con le previsioni di legge, che, proprio nella versione introdotta con il D.L. n. 158 del 2012 cit., stabiliscono come modalità da rispettare da parte delle aziende sanitarie la “definizione, d’intesa con i dirigenti interessati, previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale”.

1.7. – Né risulta condivisibile il pur suggestivo rilievo, già posto a fondamento della interpretazione resa dal giudice di prima istanza, secondo cui il perseguimento dell’interesse pubblico sotteso all’introduzione della trattenuta del 5 per cento resterebbe condizionato dalla previa concertazione sindacale, atteso che, a ben vedere, tutto il funzionamento del regime intra moenia (e, in particolare, la definizione della tariffa, secondo quanto precisato dalla norma proprio come modificata dal D.L. n. 158 del 2012 cit.) risulta assoggettato al medesimo “condizionamento”, sicché dovrebbe predicarsene la complessiva illegittimità. Resta, invece, inteso che le parti e, in prima battuta, gli enti pubblici, sono responsabili per la piena attuazione delle previsioni normative in materia e per l’efficace svolgimento delle prestazioni in regime intramurario, così come per il soddisfacimento delle condizioni atte a rendere operativa la trattenuta di nuova introduzione.

Soccorre, in tal senso, la previsione, dettata dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 3, tuttora vigente, già richiamata da questa Corte proprio in riferimento agli oneri derivanti dalle prestazioni libero professionali intramurarie (Cass. Sez. L, 21/06/2022, n. 20010), di una contabilità separata per la gestione delle camere a pagamento e delle prestazioni ambulatoriali, che deve tener conto di tutti i costi, diretti ed indiretti, con obbligo posto a carico del Direttore generale di assumere i provvedimenti necessari in caso di riscontrato disavanzo, secondo quanto recita il successivo comma 7 della disposizione richiamata (“Nel caso in cui la contabilità separata di cui al comma 6 presenti un disavanzo, il direttore generale è obbligato ad assumere tutti i provvedimenti necessari, compresi l’adeguamento delle tariffe o la sospensione del servizio relativo alle erogazioni delle prestazioni sanitarie. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle prestazioni ambulatoriali fornite a pazienti solventi in proprio”).

1.8. – L’interpretazione qui adottata si pone in continuità con i precedenti di questa Corte in tema di determinazione dei compensi per le prestazioni rese in regime intra moenia ai fini della ripartizione dell’esborso a titolo di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

In particolare, Cass. Sez. L, n. 20010 del 2022 cit., ha affermato il principio per cui “la determinazione delle tariffe e la ripartizione dei compensi inerenti alle attività libero professionali rese dai dirigenti sanitari in regime di intra moenia, che le Aziende Sanitarie stabiliscono in conformità alle previsioni della contrattazione nazionale (che a sua volta rinvia a quella integrativa decentrata), devono tener conto dei costi diretti ed indiretti sostenuti dalle Aziende stesse, ivi compreso il maggior esborso a titolo di IRAP derivante dall’aumento della base imponibile per effetto dell’attività libero professionale” senza che le Aziende sanitarie possano “unilateralmente modificare i criteri di quantificazione dei compensi concordati in sede di contrattazione decentrata”. Al quadro normativo e contrattuale compiutamente ricostruito in tale precedente occorre fare riferimento anche nella presente controversia, così come ai principi sopra richiamati, che vanno confermati.

Non è invece qui mutuabile l’ulteriore principio, pure affermato nel citato precedente, della ripartizione del maggiore esborso, non previsto né prevedibile, derivato dalla maggiorazione dell’aliquota IRAP fra il dipendente e l’azienda in rapporto alle rispettive quote di partecipazione alla suddivisione dei proventi dell’attività libero professionale. La divergenza, sul punto, è riconducibile alla differente natura dell’esborso rappresentato dall’IRAP, quale imposta da corrispondere necessariamente rispetto agli importi percepiti indipendentemente dall’avvenuto adeguamento della tariffa, rappresentando un costo a carico dell’azienda, rispetto alla trattenuta oggi all’esame, vincolata ad interventi di prevenzione ovvero volti alla riduzione delle liste di attesa e dunque alla promozione di iniziative di miglioramento del servizio sanitario, iniziative che vanno, dunque, programmate tenendo conto del finanziamento ritraibile dalla ulteriore quota introdotta dal D.L. n. 158 del 2012 cit.

In questa prospettiva, che segna per l’aspetto indicato la distanza rispetto al citato precedente, va anche chiarito che la stessa finalizzazione del contributo “Balduzzi” a sovvenzionare progettualità di miglioramento del servizio sanitario, da attivare nel futuro, non si presta a legittimare un’applicazione retroattiva della trattenuta indipendentemente dalla rinegoziazione della tariffa (se non in virtù di apposito accordo che a ciò espressamente si riferisca); viceversa, l’introduzione di una nuova quota, con specifica destinazione, accanto a quella già prevista siccome determinata dalla contrattazione collettiva, richiede che il finanziamento delle iniziative di prevenzione ovvero di riduzione delle liste di attesa venga riversato sugli importi che gli utenti del servizio intra moenia accettano di corrispondere, in piena coerenza con la ratio stessa della previsione dell’attività libero professionale intramuraria, rappresentata anche dall’incentivare il rapporto di lavoro esclusivo e potenziare le capacità del sanitario, nell’interesse degli utenti e della collettività (così in motivazione Corte Cost. n. 54 del 2015), purché tale attività non pregiudichi l’attività istituzionale e non si risolva in un aggravio di spesa per gli enti del servizio sanitario nazionale.

1.9. – Ne consegue che la trattenuta in questione, perché finalizzata ad interventi che l’azienda deve programmare nel rispetto della contabilità gestionale, non potrà ex se operare retroattivamente, nel periodo intertemporale fra l’entrata in vigore della previsione introdotta dal D.L. n. 158 del 2012 cit., e la sopravvenuta contrattazione integrativa aziendale, che possa tenere conto di tale nuova voce nella rinegoziazione della tariffa, eventualmente assumendo determinazioni concertate anche per il pregresso. L’opposta determinazione, concretamente attuata dall’Azienda ricorrente, si pone in contrasto con il principio posto dalla predetta disposizione normativa, che prevede la determinazione concordata degli importi da corrispondere a cura dell’assistito, e si risolve, in buona sostanza, in un prelievo forzoso a carico del professionista, al di fuori delle condizioni, anche di rilievo costituzionale, a ciò legittimanti.

1.10. – Ne discende, in ragione dell’interesse pubblico sotteso, un dovere di buona fede e correttezza – gravante su entrambe le parti e con correlate responsabilità – nell’addivenire sollecitamente, in esito al mutamento normativo, ad un nuovo accordo che consenta di rendere operativa la trattenuta per le finalità pubbliche indicate, nel quadro delle iniziative da assumere per l’efficienza del servizio sanitario.

1.11. – Tale approdo è pure coerente con l’ulteriore pronuncia di questa Corte (Cass. Sez. L, 16/05/2023, n. 13399) che, in relazione alle questioni in quella sede sollevate, non ha affrontato direttamente il tema dell’esegesi della norma, sostanzialmente arrestandosi al rilievo che, secondo la ricostruzione fornita dal giudice di merito, in quella controversia le parti avevano raggiunto un’intesa sulla tariffa, sicché ogni ulteriore rilievo sul punto non risultava sindacabile in sede di legittimità. Quanto, poi, all’affermazione secondo cui “non è poi vero che la ritenuta realizzi una riduzione unilaterale della retribuzione, proprio perché essa è in realtà imposta dalla legge, il che esclude anche la necessità di un accordo in tal senso rispetto all’applicazione o meno di essa” – che pure si rinviene nel citato precedente a conclusione della assorbente motivazione dianzi richiamata, la stessa non va intesa nel senso di avallare l’interpretazione qui disattesa, bensì come indicazione sulla precettività della trattenuta, siccome legalmente imposta, indipendentemente dall’espresso recepimento della stessa nella contrattazione integrativa in sede di rinegoziazione della tariffa.

Tale assunto consente, invero, di precisare ulteriormente la portata della norma, dal momento che il vincolo del contributo è imposto direttamente dal legislatore. Ne consegue che, esclusa la retroattività della trattenuta, per quanto considerato supra sub 1.8., la percentuale del 5 per cento va comunque applicata in esito agli accordi collettivi successivi all’introduzione della norma anche qualora, nell’adeguamento dell’importo da imporre agli assistiti, non sia stata espressamente prevista una apposita voce ovvero non sia stata comunque menzionata l’incidenza della trattenuta in questione, dovendosi ritenere che le parti sociali, in sede di rinnovata contrattazione aziendale, ne abbiamo comunque tenuto conto nell’ambito della determinazione della tariffa e i medici l’abbiano ritenuta compensativa della propria prestazione.

1.12. – In conclusione: deve escludersi che l’Azienda sanitaria possa applicare la trattenuta di cui all’art. 1, comma 4, lett. c), secondo periodo della L. n. 120 del 2007, come modificato dal D.L. n. 158 del 2012 cit., in difetto di previo accordo in sede di contrattazione integrativa aziendale e di intesa con i dirigenti interessati intervenuti in epoca successiva all’entrata in vigore della disposizione siccome modificata; la trattenuta va applicata una volta intervenuto l’accordo successivamente all’entrata in vigore della norma ancorché, nella determinazione della tariffa, la stessa non sia stata espressamente indicata; fermi restando gli specifici obblighi normativamente previsti a carico delle aziende sanitarie, è configurabile un dovere di buona fede e correttezza in capo alle parti nella sollecita definizione degli accordi successivi all’entrata in vigore della norma per consentire la piena operatività della trattenuta e la realizzazione delle finalità pubbliche cui è destinata.

2. Con il secondo motivo l’Azienda ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto la sentenza impugnata non ha tenuto conto della circostanza per cui le organizzazioni sindacali avevano riconosciuto la legittimità della trattenuta del 5 per cento quantomeno a far data dal (Omissis).

2.1. – Il secondo motivo è inammissibile per difetto del requisito di specificità, in quanto nel ricorso si riporta in maniera solo parziale il contenuto del verbale del (Omissis), dal quale, secondo la tesi dell’Azienda, emergerebbe l’assenso delle sigle sindacali al recupero delle somme in questione, quanto meno per il periodo successivo al (Omissis), rilievo che preclude ogni valutazione anche sulla decisività della circostanza, avuto riguardo alla ampia ricostruzione normativa svolta con riferimento al primo motivo, in ordine al ruolo necessario della contrattazione integrativa aziendale e, comunque, all’intesa dei dirigenti, tanto più che i controinteressati escludono che i sindacati siano addivenuti ad alcuna intesa, trattandosi esclusivamente di trattative finalizzate ad un’eventuale transazione (per cui i medici avrebbero accettato la trattenuta dal (Omissis) se l’ente avesse rinunciato alla pretesa per il periodo precedente), ciò che rende ancor più necessario il requisito della completezza della deduzione rispetto al contenuto complessivo dell’accordo che, secondo la ricorrente, sarebbe intervenuto sul punto.

3. Con il terzo motivo l’Azienda ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto la sentenza impugnata non ha tenuto conto della circostanza per cui le tariffe per l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria dei medici sono oggetto di un accordo sindacale che consente al professionista di modificare unilateralmente il proprio onorario.

3.1. – Anche il terzo motivo si palesa inammissibile perché privo del requisito della decisività, atteso che la sentenza impugnata si è mossa sulla linea interpretativa opposta (secondo cui l’onere va trasferito sulla tariffa complessiva e non sul compenso), se non comunque infondato, posto che la determinazione finale della tariffa è comunque definita attraverso una procedura concertata (come ampiamente sopra considerato) e non attraverso una volontà unilaterale.

4. Il ricorso va dunque respinto; nondimeno, tenuto conto della complessità della questione interpretativa, di cui è indice anche la diversità delle letture che sono state date della norma, va disposta la compensazione integrale fra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

5. Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Dirigente medico: trattenuta Balduzzi e contratto aziendale (Cass. n. 27883/2023)
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