Le condotte di abuso del superiore gerarchico nei confronti dei suoi sottoposti legittimano il licenziamento per giusta causa, considerato il “disvalore ambientale” che tali condotte sono idonee a generare.

Nota a Cass. (ord.) 6 settembre 2023, n. 25969

Fabrizio Girolami

In tema di licenziamento disciplinare, ai fini della valutazione di proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione contestata, il giudice di merito deve esaminare la condotta del lavoratore in riferimento agli obblighi di diligenza e fedeltà, anche alla luce del “disvalore ambientale” che la stessa assume quando, in virtù della posizione professionale rivestita, può assurgere, per gli altri dipendenti dell’impresa, a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto di detti obblighi (in termini, v. anche Cass. 28 ottobre 2021, n. 30433, in q. sito con nota di F. IACOBONE).

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 62023, n. 25969, in relazione alla controversia insorta tra una lavoratrice con qualifica di gerente di una filiale di esercizio di vendita di abbigliamento e tessuti che era stata licenziata per giusta causa dalla società datrice di lavoro in seguito alla contestazione di una serie di condotte disciplinarmente rilevanti (tra le quali, l’erogazione in via telefonica di attività di cartomanzia durante l’orario di lavoro, l’occultamento di capi di abbigliamento destinati alla vendita, le reiterate assenze dal negozio senza preventiva autorizzazione e attuato abusi di potere nei confronti delle colleghe di lavoro).

La Corte d’Appello di Genova, pronunciandosi in sede di rinvio a seguito della sentenza della Cassazione 2 ottobre 2019, n. 24619, aveva rigettato l’originario ricorso della lavoratrice d’impugnazione del licenziamento per giusta causa.

Con la sua prima sentenza la Corte d’Appello genovese, in accoglimento del reclamo della lavoratrice, aveva dichiarato risolto il rapporto di lavoro, condannando il datore al pagamento dell’indennità risarcitoria ex art. 18, co. 5, L. n. 300/1970. In accoglimento del ricorso presentato dalla società datrice avverso la sentenza, la Cassazione aveva enunciato il principio di diritto indicato in epigrafe e aveva cassato la sentenza di merito, rilevando che la Corte di merito aveva esaminato le contestazioni disciplinari intimate alla lavoratrice “senza tenere conto della particolare responsabilità e del più intenso obbligo di diligenza derivanti dalle mansioni di gerente di un punto vendita”.

In fase di riassunzione del giudizio, la Corte d’Appello di Genova ha operato una nuova valutazione della giusta causa di licenziamento alla luce degli addebiti disciplinari, come ritenuti confermati in sede di istruttoria dalla sentenza cassata. Alla luce del principio di diritto vincolante enunciato dalla Cassazione, ha ritenuto di non confermare la valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva operata inizialmente con la prima sentenza cassata, per la molteplicità, tipologia e intenzionalità dei fatti addebitati, e ha, pertanto, ritenuto sussistente la “giusta causa di licenziamento”, a fronte del grave inadempimento accertato, idoneo a ledere il rapporto fiduciario.

La Cassazione ha rigettato il ricorso della lavoratrice, affermando, tra l’altro, quanto segue:

  • nel caso di specie, la Corte territoriale, in sede di rinvio, ha correttamente rivalutato le prove alla luce del principio di rilevanza del “disvalore ambientale” di cui alla sentenza rescindente;
  • la sentenza rescindente ha infatti indicato al giudice della fase rescissoria “di procedere ad una nuova valutazione della giusta causa di licenziamento in relazione ai fatti contestati alla lavoratrice nel loro complesso, tenendo conto delle mansioni di gerente da questa svolte e delle maggiori responsabilità connesse a tale ruolo”;
  • sulla scia della giurisprudenza di legittimità che impone la valutazione della condotta oggetto di licenziamento per giusta causa non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva, la Corte territoriale “ha rivisto il giudizio di proporzionalità, operato nella prima sentenza di appello omettendo l’appropriata valutazione del disvalore ambientale, conformandosi così al principio di diritto espresso nella sentenza rescindente”.

Sentenza

Cass. Sez. Lav. ord. 6 settembre 2023, n. 25969

 

Licenziamento per giusta causa e rilevanza del “disvalore ambientale”
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