L’addizionale IRPEF del 10% sui compensi corrisposti a titolo di bonus e stock option si applichi anche nei confronti dei dirigenti e degli amministratori delle holding industriali.
Nota a Cass. 13 giugno 2023, n. 16875
Francesco Palladino
La Cassazione, con la sentenza n. 16875/2023, ha ritenuto che l’addizionale sui compensi corrisposti a titolo di bonus e stock option di cui all’art. 33 del DL 78/2010 si applica anche nei confronti di dirigenti e amministratori delle holding industriali, rientrando queste società tra i soggetti operanti nel settore finanziario. Con tale pronuncia la Corte procede a definire il controverso perimetro del c.d. “settore finanziario”.
Si ricorda che l’art. 33 del d.L. n. 78/2010 prevede l’applicazione di un’aliquota addizionale dell’IRPEF, in misura del 10%, per gli emolumenti corrisposti, a titolo di bonus e stock option eccedenti il triplo della parte fissa della retribuzione, erogati in favore di dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario, nonché corrisposti nei confronti di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (quali gli amministratori) appartenenti allo stesso settore.
La norma ha sollevato si da subito numerose perplessità sul significato da dare alla nozione di “settore finanziario”, il che ha dato luogo a orientamenti discordanti.
Da un lato, l’Agenzia delle Entrate attribuiva un perimetro esteso al “settore finanziario” ritenendo che, in assenza di una indicazione espressa, esso comprendesse anche le “holding che assumono e/o gestiscono partecipazioni in società finanziarie, creditizie o industriali” (Circolare n. 4 del15 febbraio 2011 §13.1; si veda anche Risposta n. 106 del 13 dicembre 2018).
Dall’altro, la giurisprudenza di merito e di legittimità propendevano per un perimetro più ristretto nel quale potevano confluire solo i soli soggetti esercenti attività nei confronti del pubblico, posto che la disciplina in questione aveva, quale obiettivo, quello di disincentivare le attività speculative che non sono proprie delle holding operanti nel proprio gruppo di appartenenza (in questo senso, Cass. n. 22692/2020).
Successivamente, la risposta all’interrogazione parlamentare 12 gennaio 2022 n. 5-07328, nel tentativo di individuare un discrimine oggettivo, ha identificato i destinatari della norma in esame mediante rinvio all’art. 162-bis comma 1 lett. a) e b) del TUIR (intermediari e società di partecipazione finanziaria), escludendo, dunque, le holding industriali di cui alla lett. c).
In questo contesto si inserisce la sentenza in commento con cui la Corte ha cassato la pronuncia del giudice di seconde cure, con cui si erano escluse le holding industriali dall’alveo del settore finanziario, in quanto “soggetti economici privi di ogni potere di destabilizzazione dell’economia dal momento che la loro attività è rivolta a favore delle società del gruppo, se non esclusivamente, almeno principalmente”.
La Cassazione è, invece, giunta a conclusioni opposte, affermando il principio di diritto in base al quale la nozione di settore finanziario è da intendersi “nella sua globalità e complessità, sì da ricomprendere anche soggetti non necessariamente sottoposti a vigilanza e/o che svolgano attività rivolta al pubblico”. I giudici hanno fatto leva sulla ragione socio-economica sottesa dalla norma sub iudice, volta a comprendere “tutti quegli attori di compagini che, essendo attive sulla scena finanziaria, sono in grado, direttamente e/o indirettamente, di indurne torsioni pregiudizievoli per effetto di abnormi incentivi retributivi”. In ragione della ratio della disposizione, secondo la suprema Corte, il “settore finanziario” è da intendersi come comprensivo di quei soggetti con attitudine a produrre, a fronte di una maggiore retribuzione variabile dei ruoli apicali, effetti economici potenzialmente distorsivi. Questi effetti sono stati ritenuti potersi produrre non solo per i dirigenti di banche e intermediari finanziari, ma anche per i dirigenti delle holding di grandi gruppi industriali sicché è corretto ritenere dovuta l’addizione IRPEF del 10% di cui all’art. 33 del d.L. n. 78/2010 anche da parte di tali soggetti.
Ai fini dell’applicazione dell’art. 33 citato, occorre, pertanto, applicare la norma in esame, da un lato, verificando se le remunerazioni erogate a titolo di bonus e stock option eccedano il triplo della parte fissa della retribuzione e, dall’altro, riscontrando se tali remunerazioni sono corrisposte da soggetti in grado di minare la stabilità finanziaria del Pese.