In caso di plurima e prolungata richiesta di lavoro supplementare e straordinario, con manifesta adesione del lavoratore, si determina una trasformazione del rapporto di lavoro part time in rapporto a tempo pieno.
Nota a Cass. 19 febbraio 2024, n. 4350
Maria Novella Bettini
Posto l’indubbio favore del legislatore verso il lavoro a tempo pieno, nonché il rilievo determinante del criterio dell’effettività come fonte dell’individuazione del trattamento dovuto al lavoratore, in caso di “continua prestazione di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno”, il rapporto di lavoro nato come a tempo parziale può trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo pieno. Ciò, “nonostante la difforme, iniziale, manifestazione di volontà delle parti, non occorrendo alcun requisito formale per la trasformazione di un rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno”.
Così si esprime la Corte di Cassazione 19 febbraio 2024, n. 4350 (in linea con la giurisprudenza consolidata. V., fra tante, Cass. n. 6226/2009 e Cass. n. 3228/2008), la quale ribadisce che la continuativa prestazione di un orario corrispondente a quello previsto per il lavoro a tempo pieno può determinare una trasformazione “per fatti concludenti” da un originario part-time ad un full-time (v. Cass. n. 20209/2019 e Cass. n. 8658/2019, annotata in q. sito da A. EVANGELISTA). Naturalmente, dovendosi “indagare una comune volontà negoziale, sebbene realizzata attraverso la forma di comportamenti concludenti, il relativo accertamento è demandato al giudice”.
Pertanto (accertato che la prestazione si è effettivamente svolta secondo determinate modalità), laddove si tratti di riconoscere i diritti del prestatore di lavoro per la propria attività, ciò che “risulta decisivo non è il negozio costitutivo del rapporto, ma il rapporto nella concreta attuazione dalla quale sorgono siffatti diritti”. Opera quindi il “principio di corrispondenza del trattamento del lavoratore all’effettiva consistenza del proprio impegno”.
In questo quadro, una volta che sia stata dimostrata la costante effettuazione di un orario di lavoro prossimo […] a quello stabilito per il lavoro a tempo pieno, i giudici ritengono inutile discutere circa la possibilità di riscontrare o meno una volontà novativa delle parti ed inconferente il richiamo alla disciplina codicistica in tema di conversione del contratto nullo (cfr. Cass. n. 17774/2011 e Cass. n. 25891/2008).
Quanto al trattamento retributivo, qualora si accerti che, “nonostante la stipulazione di un contratto di lavoro part-time, le concrete modalità di svolgimento del rapporto sono state quelle tipiche del tempo pieno, la determinazione delle spettanze del lavoratore in relazione ai vari istituti retributivi non può che risultare conforme a questa realtà” (così, Cass. n. 8904/1996).
Una volta acclarato che il contratto part-time si è trasformato in un rapporto di lavoro a tempo pieno per facta concludentia, “non vi è più spazio per applicare la disciplina, anche sanzionatoria, prevista dalle diverse leggi che si sono succedute per regolare il contratto a tempo parziale, in quanto tale trasformazione opera non per fonte legale ma per volontà consensuale delle parti; con la conseguenza che i diritti che derivano al prestatore sono quelli che nascono da un ordinario rapporto di lavoro oramai divenuto a tempo pieno”.
La Corte di merito (confermata dalla Cassazione) aveva affermato che “tenuto conto della plurima e prolungata richiesta del datore di lavoro di lavoro supplementare e straordinario, e di manifestata adesione del lavoratore, si verifica una novazione contrattuale – riguardante l’orario, componente essenziale del contratto part time – con conseguente applicazione della disciplina del contratto a tempo indeterminato a tempo pieno, attesa l’intervenuta modificazione delle originarie pattuizioni contrattuali”.
La società era ricorsa in Cassazione, sostenendo che: a) il pagamento delle maggiorazioni per il lavoro supplementare e straordinario escludeva, in capo al datore di lavoro, la volontà novativa indispensabile ai fini dell’operatività della novazione, cosiddetto animus novandi; b) può essere riconosciuto rilievo novativo al superamento dell’orario individuale di lavoro solo in assenza di pagamento delle relative maggiorazioni e in presenza di un ricorso al lavoro supplementare costante e reiterato nel tempo.