La nozione di disabilità rilevante ai fini dell’applicazione delle tutele antidiscriminatorie è contenuta nella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata dall’Italia con legge 3 marzo 2009 n. 18 (“ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità”) ed approvata dall’Unione Europea, nell’ambito delle proprie competenze, con “decisione del Consiglio del 26 novembre 2009 relativa alla conclusione, da parte della Comunità Europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità” (2010/48/CE), con l’effetto di vincolare la Corte di giustizia Ue ad interpretare la legislazione europea, compresa la Direttiva 2000/78, alla luce della Convenzione Onu. Successivamente, la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue ha ripetutamente affermato che la nozione di disabilità include una “condizione patologica causata da una malattia diagnosticata come curabile o incurabile, qualora tale malattia comporti una limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, possa ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori, e tale limitazione sia di lunga durata” (così CGUE, 11 aprile 2013, C-335/11 e C-337/11; nello stesso senso v. CGUE, 9 marzo 2017, C-406/15; CGUE, 18 gennaio 2018, C-270/16; CGUE, 10 febbraio 2022, C-485/20). Gli approdi interpretativi della Corte di giustizia in ordine alla nozione di disabilità sono condivisi anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (cfr. Cass. 12 novembre 2019, n. 29289).

R. S. 

 

Disabile (nozione UE)
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