La decadenza è inapplicabile in caso di somministrazione a termine in frode alla legge

Nota a Cass. 14 marzo 2024, n. 6898

Paolo Pizzuti

I termini decadenza (applicabili quando si impugna un atto scritto o un fatto tipicizzato, come ad es. la scadenza del contratto a termine) non si applicano nell’ipotesi di frode alla legge per elusione del necessario carattere temporaneo della somministrazione come prescritto dalla normativa comunitaria, poiché in tal caso non viene impugnato un atto o più atti, ma la valutazione sub iudice investe una situazione complessa articolatasi nel corso del tempo.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione (14 marzo 2024, n. 6898; v. anche,  Cass. n. 19216/2023 e Cass. n. 29570/2022), in linea con il proprio orientamento, accogliendo il ricorso di un lavoratore che aveva eccepito “che l’intera somministrazione intercorsa era da considerarsi fraudolenta per violazione degli artt. 1344 e 1418 c.c. e dell’art. 28, D.lgs. 276/2003, circostanza desumibile dalla durata della somministrazione intercorsa ininterrottamente dal 12.07.2007 sino al 24.11.2014, dall’esorbitante numero dei contratti di lavoro firmati” (n. 437 + n. 343 firmati con l’agenzia interinale per missioni sempre presso la Interbus Spa e la Etna Trasporti Spa) e dalla modalità della chiamata al lavoro che “in tali sette anni avveniva sempre ad opera di personale riconducibile agli utilizzatori e mai da parte della società interinale” (la pronuncia dei giudici di merito, in difformità dalla sentenza in esame, aveva respinto le domande per intervenuta decadenza dell’azione ai sensi dell’art. 32, co. 4, lett. d), L. n. 183/2010 – relativa all’ipotesi “in cui si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto” –).

La Corte precisa che la disposizione di decadenza di cui alla L. n. 183/2010, art. 32, co. 4, lett. d), e la conseguente proroga, attiene anche ai contratti a termine in somministrazione (v. Cass. n. 23413/2023). In particolare, il termine decadenziale, introdotto dalla L. n. 183/2010, opera anche in tutti i casi di impugnativa dei contratti di somministrazione a termine in cui venga denunciata la nullità per difetto di forma scritta (in tal senso, v. Cass. n. 19216/2023, cit.). Pertanto, quando la nullità dell’intera serie dei molteplici contratti di lavoro somministrato a termine sia dedotta (anche) a motivo della nullità dei correlativi contratti (commerciali) di somministrazione di manodopera per vizio di forma di questi ultimi, opera il termine decadenziale di cui all’art. 32, comma 4, lett. d), L. n. 183/2010”.

Tuttavia, la decadenza dall’impugnativa dei contratti di somministrazione a tempo determinato precedenti non preclude l’accertamento dell’abusiva reiterazione, atteso che “la vicenda contrattuale, pur insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei confronti dell’utilizzatore per la intervenuta decadenza, può rilevare come antecedente storico che entra a far parte di una sequenza di rapporti, valutabile, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 14 ottobre 2020, in causa C-681/18 e del 17 marzo 2022, in causa C-232/20”. Tali sentenze sono ambedue annotate in q. sito da A. TAGLIAMONTE.

Nello specifico, i giudici hanno ritenuto che missioni successive assegnate allo stesso lavoratore tramite agenzia interinale presso la medesima impresa utilizzatrice possono eludere le disposizioni della Direttiva 2008/104/CE, nonché costituire un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, “in quanto idonee a compromettere l’equilibrio realizzato da tale Direttiva tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima, specialmente quando non viene fornita alcuna spiegazione al fatto che un’impresa utilizzatrice ricorra a tale successione di contratti”. In tal caso, spetta al giudice nazionale verificare se una delle disposizioni della Direttiva 2008/104/CE venga aggirata e ciò anche se sia maturata la decadenza prevista dall’art. 32, L. n. 183/2010 per l’azione di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore.

Sul carattere “strutturalmente” temporaneo della somministrazione, v. Cass. n. 22861/2022, in q. sito con nota di M.N. BETTINI.

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE 14 marzo 2024 n. 6898

Svolgimento del processo

1.Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Catania rigettava sia l’appello principale proposto da A.A. che l’appello incidentale proposto da ognuna delle due società attuali controricorrenti contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 1474/2019, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal lavoratore.

1.1. Quest’ultimo, con il ricorso introduttivo del primo grado, aveva chiesto di: 1) accertare e dichiarare che la somministrazione di lavoro tra le parti intercorsa è stata irregolare, fraudolenta, simulata con conseguente nullità dei contratti a termine siglati (interessanti il periodo dal 12.7.2007 al 24.11.2014) e diritto del ricorrente alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato full-time alle dipendenze della Etna Trasporti Spa o, in via gradata, della Interbus Spa sin all’inizio della somministrazione; 2) per l’effetto, ordinare al datore di lavoro l’immediata reintegra e/o la riassunzione e/o ripresa del servizio del ricorrente presso la sede di lavoro in precedenza occupata, con contratto full-time qualifica di Operatore di Esercizio, parametro 140, CCNL Autoferrotranvieri, con condanna in favore del ricorrente a titolo di risarcimento del danno alle retribuzioni medio tempore non corrisposte sin dalla data della messa in mora (29/01/2016) oltre interessi e rivalutazione monetaria; 3) condannare parte avversa al risarcimento di ogni danno patito e patendo dal ricorrente secondo la misura massima stabilita dall’art. 32, comma 5, della L. 183/2010; 4) in via gradata, accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per superamento dei 36 mesi di lavoro complessivi ai sensi degli artt. 1 e 5, comma 4 bis, D.Lgs. 368/2001.

2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che il Tribunale aveva rilevato che, alla data dell’impugnativa stragiudiziale, effettuata tramite raccomandata a/r del 29.1.2016, era ormai ampiamente spirato il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 32L. n. 183/2010, decorrente dalla scadenza dell’ultimo contratto di somministrazione a termine, risalente al 24 novembre 2014. E riteneva infondato l’appello del lavoratore, sull’assunto che correttamente il Tribunale aveva ritenuto applicabile alla fattispecie in esame il termine di decadenza di cui al citato art. 32, comma 4, lett. d), il quale concerne tutte le tipologie in senso lato interpositive e, dunque, ogni ipotesi in cui il soggetto agisca per ottenere un provvedimento dichiarativo o costitutivo di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal formale datore di lavoro e quindi sia nell’ipotesi ai somministrazione irregolare (art. 27D.Lgs. n. 276/2003 nel testo vigente ratione temporis) sia nell’ipotesi di somministrazione nulla per vizio di forma (art. 21 D.Lgs. n. 276/2003).

3. La stessa Corte, inoltre, giudicava infondati anche gli appelli incidentali delle due società circa la disposta compensazione delle spese del primo grado.

4 Avverso tale decisione A.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

5. Hanno resistito entrambe le intimate con distinti controricorsi, peraltro di identico contenuto.

6. Tutte le parti private hanno depositato memoria.

7. Il P.G., nella sua memoria, ha concluso chiedendo di accogliere il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il secondo.

Motivi della decisione

1.Con il primo motivo, il ricorrente denuncia: “Violazione di legge: art. 32comma 4 lett. d) della Legge 183/2010(oggi art. 39 D.Lvo 81/2015), dell’art. 6 legge 604/1966 e dell’art. 21 comma 4 del D.lvo 276/2003 (oggi art. 38 comma 1 D.Lvo 81/2015), (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Deduce in sintesi che, non avendo le società utilizzatrici dato prova di aver stipulato contratti in forma scritta con l’agenzia interinale per ogni rapporto di lavoro instaurato con il Fasolo, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere che la disposizione di cui all’art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183 del 2010, relativa al regime di decadenza ivi previsto, non si applica alle ipotesi in tema di richiesta di costituzione o di accertamento di un rapporto di lavoro ormai risolto, in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto nelle quali manchi un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto stesso.

2. Con un secondo motivo, denuncia: “Violazione di legge: Direttiva 2008/104/CEdel 19.11.2008, art. 5.5., relativa al lavoro tramite agenzia interinale, artt. 1344, 1418, 1421e 1422 c.c., art. 32 l. 183/2010, art. 28 del D.lvo 267/2003 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Deduce che la Corte d’appello di Catania erroneamente non scrutinava nel merito la domanda volta ad accertare l’assunzione della somministrazione in frode alla legge (per superamento del requisito della temporaneità) estendendo a tale fattispecie la decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183/2010 in violazione della direttiva 2008/104/CE e della normativa nazionale vigente in materia di atti nulli perché assunti in frode alla legge.

3. Il primo motivo di ricorso è infondato.

4. Questa Sezione, anche di recente, ha confermato che l’operatività della disposizione di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. d), e la conseguente proroga, attiene anche ai contratti a termine in somministrazione (v. in tal senso, tra le altre, di recente Cass. 1.8.2023, n. 23413, e ivi in motivazione il richiamo a diversi precedenti di legittimità conformi).

E va sottolineato che non si è dubitato del fatto che il termine decadenziale, introdotto dalla L. n. 183 del 2010, operasse in tutti i casi di impugnativa dei contratti di somministrazione a termine, quindi anche ove fosse denunciata la nullità per difetto di forma scritta (in tal senso, di recente, Cass., sez. lav., 6.7.2023, n. 19216 che in fattispecie analoga a quella in esame vedeva come ricorrente una delle società attuali controricorrenti; decisione, cui si rimanda anche per la ricostruzione della normativa in subjecta materia e per i precedenti in senso conforme ivi richiamati).

5. Il ricorrente fa riferimento al principio di diritto affermato da Cass., sez. lav., 17.12.2021, n. 40652, secondo il quale la decadenza di cui all’art. 32, comma 4, lett. d) della l. n. 183 del 2010, non trova applicazione nelle ipotesi di richiesta di costituzione o di accertamento di un rapporto di lavoro, ormai risolto, in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto, nelle quali manchi un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto stesso.

5.1. A riguardo in altra decisione afferente fattispecie analoga a quella in esame, questa Corte ha ribadito l’applicabilità dell’art. 32, comma 4, lett. d), ora cit. “laddove vi sia un provvedimento o un atto da impugnare ovvero un fatto tipizzato: come, nel caso di specie, la scadenza di un contratto a tempo determinato. Né in senso diverso può essere letto l’arresto giurisprudenziale di legittimità citato dal lavoratore controricorrente nella sua memoria finale …,  riguardante l’inapplicabilità del regime di decadenza alle ipotesi – in tema di richiesta di costituzione o di accertamento di un rapporto di lavoro, ormai risolto, in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto – nelle quali manchi la titolarità del rapporto stesso: avendo proprio esso ben chiarito la diversità della fattispecie (di appalto irregolare, ai sensi dell’art. 29 D.Lgs. 276/2003), priva di un tale atto o fatto, da quelle, come appunto, l’odierna, in cui esso invece vi sia (Cass. 17 dicembre 2021 n. 4065, in motivazione sub p.ti da 21 a 27)” (così al par. 3 della motivazione di Cass., sez. lav., 5.7.2023, n. 19087).

5.2. Del resto, tutte le più recenti decisioni di legittimità che hanno dato continuità all’indirizzo delineato da Cass. n. 4065/2021 cit. riguardavano fattispecie concrete analoghe a quella esaminata da quest’ultima, vale a dire, fattispecie di interposizione in senso stretto (Cass. n. 30624/2023; n. 21567/2023, n. 34181/2022, n. 30490/2021) oppure di deduzione di un rapporto di fatto con un effettivo datore di lavoro in luogo del datore di lavoro formale (Cass. n. 23763/2023), e non casi nei quali venivano in considerazione plurimi contratti di somministrazione di lavoro a termine, come nella specie; salvo quanto si dirà tra poco a proposito del secondo motivo di ricorso.

5.3. Pertanto, nella fattispecie di cui è processo, in cui la nullità dell’intera serie dei molteplici contratti di lavoro somministrato a termine era dedotta (anche) a motivo della nullità dei correlativi contratti (commerciali) di somministrazione di manodopera per vizio di forma di questi ultimi, operava la decadenza di cui all’art. 32, comma 4, lett. d), L. n. 183/2010.

6. E’ invece meritevole di accoglimento il secondo motivo di ricorso.

7. In proposito, occorre evidenziare che il ricorrente non si era limitato a rappresentare che “per tutti i n. 437 contratti firmati con la Interbus Spa ed i n. 343 contratti firmati con la Etna Trasposti (indicati nell’attestato depositato sub all. 3 del fascicolo di parte del primo grado) non era stato firmato alcun contratto c.d. commerciale, tra la società di somministrazione (Manpower Srl), e le società” convenute.

Nel secondo motivo di ricorso, infatti, ha dedotto che, sia nel ricorso introduttivo che nell’atto di appello, aveva eccepito “che l’intera somministrazione intercorsa era da considerarsi fraudolenta per violazione degli artt. 1344 e 1418 c.c. e dell’art. 28 del D.lvo 276/2003, circostanza desumibile dalla durata della somministrazione intercorsa ininterrottamente dal 12.07.2007 sino al 24.11.2014, dall’esorbitante numero dei contratti di lavoro firmati (n. 437 + n. 343 firmati con l’agenzia interinale per missioni sempre presso la Interbus Spa e la Etna Trasporti Spa) e dalla modalità della chiamata al lavoro che” in tali sette anni avveniva sempre ad opera di personale riconducibile agli utilizzatori e mai da parte della società interinale.

A riguardo ha anche richiamato testualmente quanto aveva in proposito dedotto nel quarto motivo dell’appello proposto alla Corte di merito (cfr. pagg. 15 e 16 del ricorso).

8. Le controricorrenti sul punto, non hanno negato tali prospettazioni del lavoratore, nondimeno hanno sostenuto l’inammissibilità della censura attualmente formulata perché avrebbe introdotto un nuovo motivo di diritto non trattato nei precedenti gradi di giudizio.

In particolare, hanno osservato “che il motivo dedotto in appello attiene esclusivamente alla asserita violazione da parte dell’utilizzatore dell’art. 28 D.Lgs. 276/03 ed in esso non si ritrova alcuno specifico richiamo all’applicabilità/inapplicabilità dei termini decadenziali ex lege anche all’ipotesi della somministrazione fraudolenta, come invece poi sostenuto nel Ricorso per Cassazione”.

9. Tale argomento è privo di qualsiasi fondamento.

10. E’ pacifico, infatti, che unica ed esclusiva ratio decidendi della sentenza di primo grado era stata quella della ritenuta decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d), L. n. 183/2010, in base alla quale il Tribunale aveva dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, rispetto a tutte le varie domande in esso spiegate.

È perciò di tutta evidenza che (anche) il precipuo motivo d’appello cui si riferisce ora il ricorrente nel secondo motivo era volto ad attingere tale statuizione del primo giudice.

11. D’altronde, come peraltro non è sfuggito al P.G., la stessa Corte territoriale si era in realtà espressa a riguardo nel par. 3.7. della sua motivazione, sia pure in termini, come si vedrà subito, non condivisibili.

Più nello specifico, la Corte catanese ha ritenuto che nessuna rilevanza poteva “riconoscersi alla sentenza richiamata nelle note autorizzate depositate il 9.09.2022 (Cass. civ., sez. lav. 21/07/2022, n. 22861), atteso che la stessa riguarda diversa fattispecie, in cui era sottratto alla eccepita decadenza l’ultimo contratto intercorso tra le parti, in ordine al quale la verifica della sua nullità per essere stato stipulato in frode alla legge involgeva anche i pregressi contratti intercorsi tra le parti, nonostante la mancata tempestiva impugnativa”, e richiamava a riguardo un passo della motivazione di Cass. n. 22861/2022.

12. Tali considerazioni non possono, però, essere condivise.

12.1. è vero che Cass. n. 22861/2022 riguardava caso analogo a quello ora in esame (di plurimi contratti di somministrazione e di lavoro conclusi in ampio ar temporale), ma nel quale il giudice di secondo aveva condiviso l’iter argomentativo del Tribunale, che aveva affermato la decadenza del lavoratore, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. d) con riguardo a tutti i contratti di somministrazione, ad eccezione dell’ultimo, che anzi era stato reputato legittimo dalla medesima Corte di merito (cfr. il par. 2.1. della narrativa di tale sentenza).

Tuttavia, tale peculiarità di quella fattispecie non ha assunto concreto rilievo nell’enunciazione dei principi di diritto affermati in tale sentenza.

In quest’ultima, infatti, si è affermato che il giudicato sull’intervenuta decadenza dall’impugnativa dei contratti di somministrazione precedenti non preclude l’accertamento dell’abusiva reiterazione, atteso che la vicenda contrattuale, pur insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei confronti dell’utilizzatore per la intervenuta decadenza, può rilevare come antecedente storico che entra a far parte di una sequenza di rapporti, valutabile, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione degli obiettivi della Direttiva 2008/104/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 14 ottobre 2020 in causa C-681/18 e del 17 marzo 2022 in causa C-232/20.

In tal senso, si è ritenuto che “missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere l’essenza stessa delle disposizioni della Dir. n. 2008/104 e possono costituire un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto idonee a compromettere l’equilibrio realizzato da tale Direttiva tra la flessibilità per Da i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima”, specialmente quando non viene fornita alcuna spiegazione al fatto che un’impresa utilizzatrice ricorra a tale successione di contratti. In tal caso spetta al giudice nazionale verificare se una delle disposizioni della direttiva 2008/104 venga aggirata e ciò anche se sia maturata la decadenza prevista dall’art. 32 L. n. 183/2010 per l’azione di costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore.

E gli stessi principi di diritto sono stati espressi in Cass. 11.10.2022, n. 29570, e in Cass. 27.7.2022, n. 23494, in fattispecie sovrapponibili a quella considerata in Cass. n. 22861/2022, e con identica motivazione.

12.2. Ma ancor più significativa del medesimo indirizzo interpretativo è la sopra già cit. Cass. n. 19216/2023.

Quest’ultima decisione, infatti, come in precedenza notato relativa fattispecie analoga a quella in esame, aveva accolto il ricorso per cassazione di Interbus Spa, ritenendosi che la decadenza dall’impugnativa del contratto di somministrazione di lavoro ex art. 39 D.Lgs. n. 81 del 2015 si applica anche all’ipotesi di nullità del contratto stesso per mancanza di forma scritta ai sensi del precedente art. 38, comma 1, poiché attraverso il rinvio operato dal citato art. 39 all’art. 38, comma 2, del D.Lgs. in questione, che, a sua volta, richiama le condizioni di cui all’art. 33, comma 1, la predetta ipotesi della nullità viene ad essere inclusa nell’ambito di operatività della disciplina in tema di decadenza.

Il ricorso per cassazione della società che trovò accoglimento riguardava in particolare la statuizione della Corte di merito che aveva ritenuto che per l’ultimo contratto di somministrazione, concluso nel vigore del cit. D.Lgs. n. 81/2015, l’azione volta ad ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro nei confronti dell’utilizzatore non fosse soggetta a decadenza. Cass. n. 19216/2023).

Nondimeno, con tale decisione fu contestualmente accolto anche il secondo motivo del ricorso incidentale del lavoratore, a mezzo del quale lo stesso si doleva che la Corte di merito aveva considerato soggetti all’onere di impugnativa anche i rapporti di somministrazione in frode alla legge.

E tale accoglimento è stato fondato sulla riaffermazione dei medesimi principi di diritto enunciati nelle sentenze già sopra richiamate e in altre decisioni di legittimità espressive del medesimo indirizzo (cfr. i par. 2226 di Cass. n. 19216/2023).

13. Nel caso di specie, in sede d’appello, l’attuale ricorrente, nella prospettiva di una somministrazione in frode alla legge, aveva tra l’altro evidenziato in sintesi: che tutti i contratti (presumibilmente inviati via fax o mail direttamente dalla società di somministrazione) e le relative proroghe venivano siglati ex post (dopo che la prestazione lavorativa veniva resa); il numero impressionante degli stessi contratti, oltre dieci contratti mensili firmati (più le relative proroghe), pari in complesso a circa ottocento in poco più di sette anni; l’innegabile continuità della prestazione resa sempre con la qualifica di autista, nel corso degli anni per lo svolgimento delle stesse mansioni.

14. Pertanto, essendo ininfluente il dato della maturata decadenza anche nel caso di specie, spetterà alla Corte di rinvio, nell’esaminare la questione, finora rimasta non considerata, della prospettata frode alla legge, verificare, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnativa di tutti i contratti di somministrazione di lavoro a termine, il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, sì da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344c.c. e, specificamente, degli obblighi e delle finalità della citata Direttiva.

15. Deve darsi conto, infine, che entrambe le società controricorrenti, circa la violazione della “Direttiva 2008/104/CEdel 19.11.2008, art. 5.5.”, avevano avanzato la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ex art. 267TFUE.

Ebbene, ritiene il Collegio che tale rinvio pregiudiziale non si appalesi nella specie affatto necessario.

Gli argomenti posti dalle parti per sollecitare il rinvio pregiudiziale comprendono una critica a quanto considerato in Cass. n. 22861/2022 più volte cit., non considerandosi che le pressoché coeve Cass. nn. 29570 e 23494/2022, erano state rese in base ad identica e approfondita motivazione, che si fonda in gran parte su esteso esame del “Diritto dell’Unione Europea sul lavoro tramite agenzia interinale”, considerato in rapporto a varie decisioni proprio della CGUE, fino alla più recente sent. 17.3.2022, in causa C-232/20; motivazione cui, quindi, si rimanda anche ex art. 118 disp. att. c.p.c., notandosi comunque che nelle more non sono intervenute altre decisioni della Corte europea in tema di lavoro interinale che possano assumere rilievo rispetto ai temi di cui è causa.

Inoltre, come già rilevato, all’indirizzo espresso dalle suddette sentenze di questa Corte è stata data continuità anche in più recenti decisioni di legittimità.

16. In definitiva, rigettato il primo motivo di ricorso, in accoglimento del secondo motivo, l’impugnata sentenza dev’essere cassata con rinvio alla Corte territoriale che, in differente composizione, oltre a regolare le spese di questo giudizio di cassazione, dovrà riconsiderare il caso in conformità ai principi di diritto esposti al par. 12.1. di questa motivazione, in particolare, verificando se, nonostante l’intervenuta decadenza dall’impugnativa dei singoli contratti di somministrazione di lavoro che hanno riguardato il lavoratore ricorrente, il reiterato invio mediante missioni del medesimo lavoratore possa integrare un abusivo ricorso all’istituto della somministrazione di lavoro, tenendo conto delle indicazioni offerte dalla Corte di giustizia UE.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catania, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

 

Decadenza dell’azione per somministrazione nulla o elusiva
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