Lo sforamento dall’orario stabilito in un rapporto di lavoro part time non può essere dilatato al punto da costituire la modalità continuativa della prestazione nonché il superamento del tempo orario della prestazione ordinaria a tempo pieno, pena la trasformazione del rapporto in full time.
Nota a Cass. 22 aprile 2024, n. 10746
Maria Novella Bettini
Secondo la giurisprudenza consolidata, la reiterazione della prestazione secondo modalità a tempo pieno può attestare una implicita modifica in fatto della volontà delle parti rispetto all’iniziale assetto voluto per il contratto. In altre parole, la prestazione continuativa di un orario corrispondente a quello previsto per il lavoro a tempo pieno può determinare una trasformazione da un originario part-time ad un full-time “per fatti concludenti” (Cass. n. 20209/2019 e Cass. n. 8658/2019, annotata in q. sito da A. EVANGELISTA, e, nel vigore del D. Lgs. n. 61/2000, Cass. n. 31342/2018).
Lo ribadisce la Corte di Cassazione (22 aprile 2024, n. 10746) precisando che, per configurare una novazione oggettiva “l’animus novandi, dunque lo specifico intento negoziale dei contraenti, deve risultare in modo non equivoco, non precludendosi quindi la possibilità di desumerne la presenza attraverso fatti concludenti”. Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, il contratto di lavoro risultava strutturato con un orario elastico, non rispettoso di quello part time indicato nel contratto di assunzione. Il che aveva comportato di fatto l’osservanza di un orario lavorativo pari o anche superiore a quello previsto per il tempo pieno. Tale condotta, secondo i giudici, appare idonea “a comportare, nonostante la difforme iniziale volontà delle parti, la trasformazione del rapporto part-time in altro a tempo pieno, non occorrendo, a tal fine, l’osservanza di alcun requisito formale, ma soltanto la verifica e valutazione di facta concludentia significativi di una comune volontà modificativa (v. Cass. n. 20209/2019, cit.).
La Corte richiama alcuni importanti precedenti (Cass. n. 8904/1996) secondo i quali in relazione ai diritti spettanti al prestatore per la sua attività lavorativa, non è decisivo il negozio costitutivo del rapporto ma il rapporto nella sua concreta attuazione; sicché, laddove si accerti che la prestazione si è effettivamente svolta secondo determinate modalità, opera il “principio di corrispondenza del trattamento del lavoratore all’effettiva consistenza del proprio impegno”, allorquando si tratti “di riconoscere i diritti del prestatore di lavoro per la propria attività, in quanto ciò che risulta decisivo non è il negozio costitutivo del rapporto, ma il rapporto nella concreta attuazione dalla quale sorgono siffatti diritti”.
In sintesi, il mero superamento del tetto delle ore previste per il tempo parziale non ne determina automaticamente la trasformazione occorrendo un preciso accertamento giudiziale (v. Cass. n. 29781/2017) che valuti “se le concrete modalità del rapporto di lavoro costituiscano i c.d. fatti concludenti, tali da rendere esplicita la volontà dei contraenti di modificare l’iniziale assetto contrattuale” (v. Cass. n. 6226/2009; Cass. n. 3228/2008).
Nella fattispecie, il giudice di merito ha rilevato che il lavoratore aveva osservato un orario medio di 168 ore mensili, superiore anche al tetto massimo previsto dallo stesso CCNL (art. H4) per l’orario ordinario a tempo pieno (154 ore).
Sentenza
Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 aprile 2024, n. 10746
Lavoro – Trasformazione del rapporto di lavoro da part time a full time-tempo pieno – Lavoro supplementare nel part time – Principio di corrispondenza del trattamento del lavoratore all’effettiva consistenza del proprio impegno – Trasformazione per fatti concludenti – Novazione oggettiva – Rigetto
Fatti di causa
La Corte di appello di Milano aveva rigettato il ricorso proposto da A.H. spa avverso la decisione con cui il tribunale di Busto Arsizio aveva affermato il diritto di I.S., dipendente della società, alla trasformazione del rapporto di lavoro pattuito come part time in rapporto di lavoro full time-tempo pieno.
La corte di merito, per quanto di interesse in questa sede, aveva confermato la decisione del tribunale valutando che l’orario di lavoro osservato dal lavoratore (mediamente 168 ore al mese) era stato continuativamente superiore al tetto orario previsto per una prestazione a tempo pieno (154 ore mensili) e che tale maggiorazione non era quindi qualificabile come lavoro straordinario o supplementare, attesa la non saltuarietà dell’utilizzo e dunque la stabilità delle esigenze datoriali. La corte valutava altresì superfluo accertare la volontà novativa delle parti nella trasformazione del contratto in ragione della dimostrata costante effettuazione di un orario sovrapponibile alla prestazione a tempo pieno.
Avverso detta decisione proponeva ricorso A.H. spa, cui resisteva con controricorso I.S.. Entrambe le parti depositavano successiva memoria.
L’Ufficio della Procura Generale concludeva per il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1). Con l’unico motivo la società ricorrente deduce la violazione degli artt. 4-12 D.lgs n. 81/2015, art. H4 del CCNL Trasporto aereo – parte specifica Handler del 11.12.2015 e art. 1362 c.c. (art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.).
La società ricorrente lamenta la determinazione del giudice di appello circa la automatica trasformazione del contratto di lavoro da part time in full time in ragione della eccedenza di orario prestato, pari (o superiore) a quello previsto per la prestazione a tempo pieno. In particolare rileva che la disciplina sull’orario di lavoro anche parziale è contenuta nell’art. 6 d,lvo n. 81/2015 e che in detta disposizione è espressamente prevista la possibilità, in caso di part time, di lavoro supplementare o straordinario. Richiama altresì la disposizione contrattuale H4 del CCNL relativa alla elasticità dell’orario ed in particolare alla lett.c) che prevede l’orario supplementare per i lavoratori in part time, sino a concorrenza dell’orario ordinario.
Si osserva preliminarmente che la corte territoriale ha rilevato che il lavoratore aveva osservato un orario medio di 168 ore mensili, quindi superiore anche al tetto massimo previsto dallo stesso CCNL (art. H4) per l’orario ordinario a tempo pieno (154 ore). Il motivo di censura non si confronta con tale dato poiché richiama genericamente l’astratta possibilità che anche nel rapporto di lavoro a tempo parziale possa essere svolto lavoro supplementare, dovendo invece concretamente considerare come il legittimo sforamento dall’orario stabilito in un rapporto di lavoro part time, non possa essere dilatato al punto da costituire la modalità continuativa della prestazione nonché il superamento del tempo orario della prestazione ordinaria a tempo pieno.
Tale premessa è utile per perimetrare l’esatto ambito in cui la vicenda lavorativa si è svolta e rispetto alla quale la corte di merito ha svolto le valutazioni attualmente impugnate. Le concrete modalità di atteggiarsi del rapporto di lavoro forniscono infatti i parametri necessari per valutarne la effettiva tipologia anche rispetto all’iniziale scelta contrattuale adottata.
Questo Giudice di legittimità sin da Cass. n. 8904/1996, con riguardo alla trasformazione del contratto part time in full time, ha infatti precisato il principio secondo cui in materia di lavoro, in relazione ai diritti spettanti al lavoratore per la sua attività lavorativa, non è decisivo il negozio costitutivo del rapporto ma il rapporto nella sua concreta attuazione; sicché, ove sia accertato che la prestazione si è effettivamente svolta secondo determinate modalità, opera il “principio di corrispondenza del trattamento del lavoratore all’effettiva consistenza del proprio impegno”, allorquando si tratti “di riconoscere i diritti del prestatore di lavoro per la propria attività, in quanto ciò che risulta decisivo non è il negozio costitutivo del rapporto, ma il rapporto nella concreta attuazione dalla quale sorgono siffatti diritti”.
Si è nel tempo sviluppata una consolidata giurisprudenza la quale ha sempre ammesso che, “in base alla continua prestazione di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, un rapporto di lavoro nato come a tempo parziale possa trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo pieno, nonostante la difforme, iniziale, manifestazione di volontà delle parti, non occorrendo alcun requisito formale per la trasformazione di un rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno” (cfr. Cass. n. 5520 del 2004; v. pure: Cass. n. 3228 del 2008, Cass. n. 6226 del 2009); si è altresì precisato che “risulta del tutto inutile ogni discussione in ordine alla possibilità di riscontrare o meno una volontà novativa della parti, una volta che sia stata dimostrata la costante effettuazione di un orario di lavoro prossimo […] a quello stabilito per il lavoro a tempo pieno e del pari inconferente il richiamo alla disciplina codicistica in tema di conversione del contratto nullo” (cfr. Cass. n. 25891 del 2008; conf. Cass. n. 17774 del 2011).
Ancora di recente, quindi, è stato ribadito come la continuativa prestazione di un orario corrispondente a quello previsto per il lavoro a tempo pieno possa determinare che la trasformazione da un originario part-time ad un full-time si sia verificata “per fatti concludenti” (Cass. n. 8658 del 2019; Cass. n. 20209 del 2019; v. anche, nel vigore del d. lgs. n. 61 del 2000, Cass. n. 31342 del 2018).
I principi, a cui si intende dare continuità, evidenziano come la reiterazione della prestazione secondo modalità a tempo pieno possa essere attestativa di una implicita modifica in fatto della volontà delle parti rispetto all’iniziale assetto voluto per il contratto.
Si è in tal caso in presenza di una fattispecie di novazione oggettiva in cui l’animus novandi, dunque lo specifico intento negoziale dei contraenti, deve risultare in modo non equivoco, non precludendosi quindi la possibilità di desumerne la presenza attraverso fatti concludenti; nel caso di specie si è in presenza di un contratto di lavoro che risulta essersi strutturato con un orario elastico, non rispettoso di quello part time indicato nel contratto di assunzione, che ha comportato di fatto l’osservanza di un orario lavorativo pari o anche superiore a quello previsto per il tempo pieno; condotta, questa, che è idonea a comportare, nonostante la difforme iniziale volontà delle parti la trasformazione del rapporto part-time in altro a tempo pieno, non occorrendo, a tal fine, l’osservanza di alcun requisito formale, ma soltanto la verifica e valutazione di facta concludentia significativi di una comune volontà modificativa (in tal senso Cass. n. 20209/2019).
Compito del giudice di merito è dunque quello di valutare se le concrete modalità del rapporto di lavoro costituiscano i c.d. fatti concludenti, tali da rendere esplicita la volontà dei contraenti di modificare l’iniziale assetto contrattuale (Cass. n. 3228 del 2008; Cass. n. 6226 del 2009, la quale precisa anche che il mero superamento del tetto delle ore previste per il tempo parziale non determina automaticamente la trasformazione); detto accertamento può essere sindacato innanzi a questa Corte nei ristretti limiti in cui può esserlo ogni accertamento di fatto (tra molte, v. Cass. n. 29781 del 2017).
Siffatta valutazione ha svolto la corte d’appello (al di là della non corretta affermazione circa la superfluità del riscontro della volontà novativa delle parti), allorchè ha ritenuto che l’impiego di S.I. in orario superiore a quello contrattuale di part time “non era saltuario e finalizzato a sopperire ad esigenze temporanee ma continuo e massiccio per fronteggiare esigenze permanenti o comunque certamente non provvisorie”.
Si tratta dunque di valutazione di merito, coerente con i principi posti in materia, non ri-valutabile in questa sede di legittimità.
Si osserva infine che neppure dirimente nella censura posta da parte ricorrente risulta essere l’argomento secondo cui il D.lvo n. 81/2015, preveda la trasformazione del rapporto di lavoro part time in full time solo per la totale assenza di clausole di limitazione dell’orario. Da tale assunto si vuol far derivare l’impossibilità di trasformazione in ipotesi differenti.
Occorre chiarire che il piano sanzionatorio è riservato dal legislatore alla totale assenza, nel contratto, di indicazione dell’orario di lavoro asseritamente part time poichè mira a rendere l’accordo chiaro sui termini della prestazione. Differente è invece l’ipotesi in cui, pur in presenza di una specifica pattuizione concordata dell’orario di lavoro e quindi in presenza di una chiara scelta iniziale, sia poi fornita e richiesta una prestazione eccedente, continuativa e sovrapponibile con una prestazione a tempo pieno. In detto contesto la chiave interpretativa è quella del concreto atteggiarsi del rapporto e dei principi sopra richiamati con riguardo alla esplicitazione di una nuova volontà contrattuale evincibile dai fatti concludenti.
Per le ragioni sopra esplicitate, pertanto, deve rigettarsi il ricorso.
Le spese seguono il principio di soccombenza, con distrazione al procuratore antistatario.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.