In caso di decesso per mesotelioma contratto sul lavoro, anche il figlio riconosciuto solo dopo la morte del lavoratore può agire in giudizio per il danno parentale.
Nota a App. Bologna 12 aprile 2024, n. 250
Daria Pietrocarlo
Il figlio del lavoratore, riconosciuto come tale in via giudiziale molti anni dopo il decesso del padre, ha diritto non solo al risarcimento del danno alla salute del padre in via successoria, ma anche al cd. danno parentale, in quanto il defunto, pur non avendo mai voluto riconoscerlo come figlio naturale in vita, aveva sempre partecipato alle spese necessarie per crescerlo.
È quanto afferma la Corte d’Appello di Bologna (12 aprile 2024, n. 250) in merito al ricorso di un figlio naturale che ha agito al fine di ottenere il risarcimento del danno subito a seguito della prematura morte del padre.
I giudici rilevano come la violazione degli artt. 589 e 590 c.p. nonché degli artt. 2087, 2049 e 2050 imponga il risarcimento integrale di tutti i danni di origine contrattuale ed extracontrattuale derivanti dalla violazione delle suddette norme. In particolare, la Corte evidenzia che il decesso del padre per il giovane che all’epoca aveva appena due anni e pochi mesi “ha comportato per lui un enorme vuoto morale, oltre che materiale…”.
Come noto, “il c.d. danno parentale è legato al tema della plurioffensività dell’illecito civile e penale che permette la risarcibilità de pregiudizio non solo nell’ambito del rapporto autore/vittima, ma anche nei confronti del terzo che subisce – come nel caso di specie – la violazione di un interesse costituzionalmente presidiato qual è quello alla integrità delle relazioni familiari e più in generale quello alla conservazione di un legame di solidarietà”.
Nello specifico, il danno parentale concerne la lesione di due beni: quello all’integrità familiare riguardante la vita quotidiana della vittima con i suoi familiari (artt. 2,3,29,30,31 e 36 Cost.) e quello della solidarietà familiare, riferito sia alla vita matrimoniale che al rapporto parentale fra i componenti della famiglia (v. Cass. n. 16912/2015).
Nella fattispecie, il padre aveva partecipato al mantenimento de figlio, ma anche a voler prescindere da questa circostanza, secondo la giurisprudenza, anche la morte del genitore che si disinteressa del figlio non fa venir meno il suo diritto al risarcimento del danno non patrimoniale. “Anche se al momento della nascita il figlio sia stato riconosciuto da un solo genitore che ha integralmente provveduto al suo mantenimento, l’altro genitore è obbligato anche per il periodo antecedente la sentenza dichiarativa di paternità/maternità naturale”.
Anche se la procreazione venga accertata successivamente con sentenza, l’obbligo del genitore naturale di concorrere al mantenimento del figlio si configura “al momento della sua nascita” (Cass. n. 27653/2011 e Cass. n. 23596/2006). La dichiarazione giudiziale di paternità comporta il riconoscimento e, ex art. 261 c.c., tutti i doveri propri della procreazione, mantenimento incluso. Conseguentemente, il totale disinteresse “di un genitore nei confronti del figlio naturale, determinando la lesione di interessi e diritti garantiti dagli artt. 2 e 30 Cost., nonché dall’art. 24 Carta di Nizza e dall’art. 5 del 7° Protocollo addizionale CEDU, configura il c.d. illecito endofamigliare, generando il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., derivati dalla privazione affettiva subita sin dalla nascita e tali da incidere perennemente sulla vita dell’abbandonato in modo negativo”.