Il contratto deve contenere la precisa indicazione della collocazione dei turni di lavoro.
Nota a Cass. (ord.) 29 aprile 2024, n. 11133
Fabrizio Girolami
Con riferimento ai turni assegnati ai lavoratori part-time, le indicazioni di legge e di contratto possono ritenersi rispettate solo quando – in mancanza di “clausole flessibili elastiche” – nel contratto di lavoro vengano indicati i turni in modo preciso e costante, in modo da rendere noto al lavoratore come verrà eseguita nel tempo la propria prestazione, senza che sia possibile per il datore di lavoro indicare i turni solo successivamente, in via periodica, al proprio dipendente.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza 29 aprile 2024, n. 11133, in relazione a una fattispecie di un lavoratore dipendente di una società concessionaria autostradale (con contratto part-time articolato in turni) che aveva lamentato la mancata indicazione della stabile collocazione della prestazione lavorativa nel contratto individuale di lavoro con orario part time verticale.
Secondo la Cassazione:
- il D.Lgs. n. 61/2000 (ratione temporis applicabile ai fatti di causa) richiede una immediata indicazione, nel contratto part-time (anche articolato in turni) dell’articolazione oraria dell’attività, al fine di consentire al lavoratore una migliore organizzazione del tempo di lavoro e del tempo libero. Tale normativa si prefigge, infatti, l’obiettivo di “contemperare le esigenze del datore di lavoro di utilizzazione della prestazione in forma ridotta e del lavoratore di poter consapevolmente organizzare il suo tempo, in modo da poter gestire le sue attività di lavoro ulteriori e di vita quotidiana”;
- pertanto, in assenza di “clausole flessibili elastiche” che attribuiscano al datore di lavoro un potere di variazione unilaterale della collocazione oraria della prestazione lavorativa (jus variandi), non è consentito al datore di lavoro indicare i turni solo successivamente, in via periodica, al proprio dipendente;
- la possibilità – ammessa dalla normativa vigente (cfr. art. 5, co. 3, D.Lgs. n. 81/2015) – di prevedere lo svolgimento dell’orario part-time in turni anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite non comporta anche la deroga all’esigenza della puntuale indicazione dei turni nel contratto di lavoro che la stessa legge vuole programmati per fasce prestabilite;
- la necessaria indicazione della collocazione dell’orario di lavoro anche nel part-time a turni risponde, infatti, alle finalità del legislatore che intende “consentire al lavoratore part time di conoscere con certezza, fin dall’insorgere del rapporto di lavoro, l’entità della prestazione dovuta, anche allo scopo di organizzare l’orario residuo in altre eventuali occupazioni o impegni personali”;
- in caso di mancata precisa indicazione della collocazione dei turni di lavoro, il giudice (ai sensi dell’art. 10, co. 2, D.Lgs. n. 81/2015, che ha mutuato l’analoga disciplina di cui all’abrogato art. 8, co. 2, D.Lgs. n. 81/2015), deve determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle “responsabilità familiari del lavoratore interessato” e della sua “necessità di integrazione del reddito mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa”, nonché delle “esigenze del datore di lavoro”;
- pertanto, quando nel contratto part time risulta mancante la precisa indicazione della collocazione dei turni di lavoro “deve provvedere il giudice, come in qualsiasi altro caso in cui manchi l’indicazione “puntuale” dell’orario di lavoro”. In tale ipotesi, non si configura “nessuna lesione dell’autonomia negoziale” in quanto il legislatore ha riconosciuto “tale potere alle parti nella fase di instaurazione del rapporto” e non risulta lesivo di tale autonomia “il fatto che sia previsto dalla legge l’intervento surrogatorio del giudice in caso di omessa specificazione della fascia oraria dentro cui collocare la prestazione di lavoro, tenuto conto delle esigenze indicate dal lavoratore e di quelle del datore di lavoro”.
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 29 aprile 2024 n. 11333
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, in riforma della sentenza di primo grado, accogliendo l’appello proposto da De.Um. ha accertato l’illegittimità della mancata indicazione della stabile collocazione della prestazione lavorativa nel contratto individuale di lavoro con orario part time verticale ed ha condannato l’appellata (…) Spa a pagare a titolo di risarcimento del danno una somma pari al 5% della retribuzione percepita nei periodi lavorati, oltre accessori e spese.
A fondamento della decisione la Corte ha sostenuto che l’appello del lavoratore fosse fondato ai sensi dell’art. 3, comma 7 del D.Lgs. n 61/2000, il quale prevede che nel contratto di lavoro sia indicata la distribuzione dell’orario di lavoro part-time con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all’anno. Nel caso in esame il contratto di lavoro prodotto in atti non rispettava tale previsione di legge limitandosi a riportare l’orario di 1008 ore annuali, il numero di ore giornaliere 8, il numero dei turni mensili 18 ed i mesi complessivi in un anno 7.
Pertanto, mancando qualsiasi indicazione dell’orario di lavoro nel contratto di assunzione, la Corte di appello accertava l’illegittimità dello stesso e condannava la datrice di lavoro al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 10, comma 2 del D.Lgs. 81/2015, risarcimento che stabiliva in via di equitativa nella misura pari al 5% della retribuzione percepita nei periodi lavorati con esclusione delle ferie, dei permessi, delle festività e di quant’altro non rientrante nel lavoro effettivo.
La Corte respingeva invece la domanda con la quale lo stesso lavoratore aveva richiesto di stabilire le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore nonché delle esigenze del datore di lavoro ai sensi dell’art.10, 2 comma del D.Lgs. n. 81/2015.
Ad avviso della Corte la fissazione delle modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa part-time collocata in turni di lavoro atteneva all’autonomia negoziale ed alla discrezionale volontà delle parti, in considerazione delle esigenze di produzione e di lavoro, ed ad esse non poteva sostituirsi il giudice.
Contro la sentenza (…) Spa ha proposto ricorso per cassazione con un motivo al quale ha resistito il lavoratore con controricorso.
Inoltre, contro la medesima sentenza De.Um. ha proposto un successivo autonomo ricorso con un motivo a cui ha resistito (…) Spa con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
Preliminarmente i due distinti ricorsi proposti contro la medesima sentenza devono essere riuniti per essere decisi con il presente unico provvedimento (art. 335 c.p.c.).
Ricorso principale 1.- Con l’unico motivo ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. (…) Spa ha dedotto la violazione e falsa applicazione della legge, artt. 2 e 3 D.Lgs. n. 61/2010 e
10 decreto legislativo n. 81/2015, laddove nel caso di specie andava applicato il disposto dell’art. 5 del D.Lgs. n. 81/2015 e la normativa contrattuale di riferimento (artt. 3 e 9 del CC Data per il personale dipendente da Società e Consorzi Concessionarie di Autostrade e Trafori); erroneità ed inadeguatezza della motivazione della sentenza per violazione della norma di legge, con riferimento alla disciplina normativa e contrattuale da applicare al caso di specie.
Secondo la ricorrente la sentenza impugnata merita senz’altro censura nella parte in cui aveva erroneamente individuato la normativa di legge applicabile alla fattispecie e, inspiegabilmente, omesso quella prevista dal CCNL di riferimento che, al contrario, disciplinava proprio le ipotesi di part time verticale organizzato in turni come il contratto del ricorrente; il quale, come risulta dalla lettera di assunzione, lavorava su turni comunicati anno per anno, come a tutto il resto del personale turnista in regime di part time verticale per i 7 mesi indicati nella predetta lettera.
Alla luce di ciò risultava pertanto evidente l’errore della sentenza gravata nel ritenere illegittimo il contratto di assunzione per la presunta violazione degli artt. 2 e 3 del D.Lgs. n. 66 del 2001.
Inoltre, il D.Lgs. n. 81/2015, applicato dalla Corte d’appello per la quantificazione del presunto danno, prevedeva espressamente al comma 3 dell’art. 5 che quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite. 2.- Il motivo è infondato e non può essere accolto.
Anzitutto va rilevato che il rapporto di lavoro del ricorrente è insorto nel 2009 ed esso è pertanto regolato, quanto alla disciplina dell’indicazione dell’orario nel contratto part time, dal D.Lgs. n. 61/2000, vigente all’epoca della stipulazione del contratto.
L’art. 2, comma 2 del D.Lgs. 61/2000 stabilisce che “Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’articolo 3, comma 7″.
L’art. 3, comma 7 dello stesso D.Lgs. cit. prevede inoltre che ” Ferma restando l’indicazione nel contratto di lavoro della distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all’anno, i contratti collettivi, di cui all’articolo 1, comma 3, applicati dal datore di lavoro interessato, hanno la facoltà di prevedere clausole elastiche in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa, determinando le condizioni e le modalità a fronte delle quali il datore di lavoro può variare detta collocazione, rispetto a quella inizialmente concordata col lavoratore ai sensi dell’articolo 2, comma 2″.
Il successivo comma 8 prevede: ” L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale comporta in favore del lavoratore un preavviso di almeno dieci giorni”.
Nel caso che si giudica risulta evidente che il contratto in oggetto non rispetti le previsioni di legge citate limitandosi a riportare dati numerici complessivi in relazione all’orario di 1008 ore annuali, al numero di ore giornaliere 8, al numero dei turni mensili 18. Solo per i 7 mesi complessivi di lavoro in un anno è invece prevista nella lettera di assunzione una specifica indicazione.
Contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente neppure potrebbe venire in rilievo la disciplina stabilita dall’art. 5 del D.Lgs. n.81/2015 nella parte relativa alla disciplina dell’orario nel contratto part time.
Tale normativa prevede nei suoi tre commi: “1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova. 2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. 3. Quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite”. Ma anche quest’ultima previsione, quand’anche fosse ritenuta applicabile ratione temporis al contratto di specie, deve essere interpretata in coerenza sistematica con il primo ed il secondo comma dello stesso art.5; nel senso della necessità che i turni di lavoro restino indicati per iscritto nel medesimo contratto, con specifica indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
Non è possibile sostenere invece che la possibilità di prevedere lo svolgimento dell’orario part time in turni (anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite) comporti anche la deroga all’esigenza della puntuale indicazione dei turni nel contratto di lavoro (che la stessa legge vuole programmati per fasce prestabilite). Posto che una simile interpretazione sarebbe illogica ed in contrasto anche con la ratio protettiva del part time: sarebbe, infatti, sufficiente articolare il lavoro in turni per superare l’esigenza di indicazione puntuale dell’orario di lavoro nel contratto part time. E ciò porterebbe a legittimare sostanzialmente la mancata indicazione di qualsiasi orario, come è accaduto, appunto, col contratto di lavoro in oggetto, in cui non è contenuta alcuna indicazione dei turni programmati e solo si prevede che essi sarebbero stati comunicati al De.Um. in via successiva, alla fine dell’anno precedente (“Sulla base dell’esigenze organizzative produttive, entro il 31 dicembre di ogni anno, la collocazione, per l’anno successivo, dell’orario di lavoro nell’ambito dei turni mensili, per i mesi di gennaio-giugno-luglio-agosto-settembre-ottobre-dicembre, che Ella sarà tenuto di volta in volta ad osservare”).
Una previsione che consentisse l’esercizio di questa facoltà al datore di lavoro si porrebbe perciò contro la ratio protettiva del part time – richiamata alla base della decisione anche dalla Corte di appello – la quale richiede invece una immediata indicazione dell’articolazione oraria dell’attività al fine di consentire al lavoratore una migliore organizzazione del tempo di lavoro e del tempo libero; posto che la normativa si pone l’obiettivo di contemperare le esigenze del datore di lavoro di utilizzazione della prestazione in forma ridotta e del lavoratore di poter consapevolmente organizzare il suo tempo, in modo da poter gestire le sue attività di lavoro ulteriori e di vita quotidiana.
La tesi sostenuta dalla ricorrente principale si pone contro queste esigenze di tutela che risultano altresì rimarcate nella sentenza n. 210/1992 della Corte Cost. la quale ha affermato che “non vi è quindi alcuna ragione, né alcuna possibilità di attribuire alla normativa una interpretazione tale da consentire la pattuizione di contratti di lavoro a tempo parziale nei quali la collocazione temporale della prestazione lavorativa nell’ambito della giornata, della settimana, del mese e dell’anno non sia determinata o non sia resa determinabile in base a criteri oggettivi ma sia invece rimessa allo ius variandi del datore di lavoro”.
Quanto alla regolamentazione stabilita dal contratto collettivo, deve essere rilevato che l’art.9 del CCNL disciplina in generale l’orario di lavoro, mentre l’art. 3 detta la disciplina del lavoro part time ed essa prevede la puntuale indicazione della prestazione a tempo parziale e della collocazione temporale, anche per il part time verticale.
Si stabilisce anzitutto che nella stessa lettera di assunzione debbano essere indicate le ore giornaliere nelle quali va effettuata la prestazione a tempo parziale.
L’art. 3, punto 1 del CCNL prevede inoltre che “Il personale assunto con contratto di lavoro a tempo parziale può essere impiegato anche in attività lavorative in turno.” Nel successivo punto 4 dello stesso art. 3, a proposito dell’indicazione della collocazione dell’orario nel contratto part time, si stabilisce : ” Nel caso di prestazioni lavorative in turni tale indicazione riguarderà la collocazione dell’orario nell’ambito del turno e secondo l’andamento dello stesso, ovvero gli schemi di turno in cui verrà programmata, ai sensi del punto 4 dell’art. 9, la prestazione a tempo parziale; tale articolazione dell’orario non configura fattispecie di clausola elastica di cui al successivo punto 5″
L’art. 9, punto 4 prevede che “per il personale turnista che svolge di norma le proprie prestazioni in turni continui ed avvicendati l’orario contrattuale di 40 ore settimanali viene realizzato come segue: 4 giorni lavorativi e riposo al quinto e al sesto (4+2) con prestazione di 8 ore giornaliere, secondo il seguente orario: 22 – 06; 06 – 14; 14 – 22”. Il punto 4 dell’art. 9 integra pertanto la disciplina del part time e prevede la possibilità per l’azienda di organizzare l’orario di lavoro del personale turnista, anche part time, secondo tre turni: dalle ore 22,00 alle 6,00, dalle ore 6,00 alle 14,00 e dalle ore 14,00 alle 22,00.
Orbene, contrariamente a quando sostenuto dalla ricorrente principale, tale rinvio (dall’art.3 all’art.9 punto 4), nel mentre autorizza la previsione di turni anche nel contratto part time, secondo lo schema di turnazione prevista dal CCNL, non autorizza affatto a non prevedere nulla nel contratto individuale (ovvero a non stabilire nessun turno).
Sulla scorta delle premesse, va, pertanto, affermato che nessuna previsione di legge, di contratto collettivo o di contratto individuale preveda il potere unilaterale che la datrice di lavoro ricorrente ha preteso di esercitare con l’indicare i turni solo successivamente, in via annuale, al proprio dipendente part time.
Neppure si può parlare ovviamente di clausola flessibile, perché nel contratto individuale non è stata concordata la previsione del potere di variare la collocazione oraria della prestazione; né la Corte di appello ha mai sostenuto una simile tesi.
Infine, nemmeno può essere accolto quanto afferma la ricorrente principale laddove, richiamando la sentenza di primo grado, sostiene che la comunicazione annuale dei turni sarebbe consentita per il personale part time dalla dichiarazione a verbale resa dai contraenti in calce all’art. 9 del CCNL, da cui risulta che sarebbe prevista persino la comunicazione mensile dei turni.
Detta indicazione, però, non può essere certamente riferita ai lavoratori part-time, la cui disciplina è dettata invece, come già detto, dall’art. 3 del contratto collettivo integrata dalla sola previsione secondo cui i lavoratori part-time possono rendere la propria prestazione secondo lo schema di turni stabilito nel punto 4 dell’art.9.
La particolare previsione contenuta nella dichiarazione a verbale va invece armonizzata con la specifica disciplina legale del part-time che impone di rispettare l’indicazione della previsione dell’orario o dei turni all’interno del contratto originario; previsione che nessuna norma di legge detta invece per i lavoratori a tempo pieno.
E’ necessario perciò adottare una interpretazione logica e sistematica per armonizzare la normativa primaria e quella secondaria. In altri termini, per quanto riguarda i turni assegnati ai lavoratori parttime, le indicazioni di legge e di contratto possono ritenersi rispettate solo quando – in mancanza di clausole flessibili elastiche – nel contratto di lavoro part time vengano indicati i turni in modo preciso e costante, in modo da rendere noto al lavoratore come verrà eseguita nel tempo la propria prestazione. Questo tipo di facoltà è anche quella attualmente consentita dal comma 3 dell’art.5 del D.Lgs. 81 del 2015 richiamato dalla ricorrente.
Non può invece ritenersi che la stessa dichiarazione a verbale di cui si discute, possa riferirsi al lavoro part-time e dunque autorizzare la comunicazione dell’orario di lavoro ex post con cadenza annuale o addirittura mensile.
Tale opzione configurerebbe uno slittamento interpretativo che si pone contro la ratio ed il sistema normativo. Perché la mera previsione di comunicazione dei turni in via successiva stabilita per i lavoratori a tempo pieno, in quanto applicata nello specifico caso del part time, andrebbe a modificare lo schema legale dell’orario contrattuale, pur in mancanza dell’espresso accordo delle parti con la previsione concordata di una clausola flessibile.
E ciò, come già detto, non è consentito dall’ordinamento; sia per ragioni sistematiche, sia per ragioni teleologiche.
Sotto il primo profilo rileva che le parti collettive mentre hanno previsto espressamente che la disciplina della turnazione stabilita dal punto 4 dell’art.9 si applichi al part time, nulla abbiano stabilito per le altri parti dell’articolo.
Per quanto concerne il secondo profilo, va evidenziato come la normativa sul part time sia rivolta espressamente a consentire al lavoratore part time di conoscere con certezza, fin dall’insorgere del rapporto di lavoro, l’entità della prestazione dovuta, anche allo scopo di organizzare l’orario residuo in altre eventuali occupazioni o impegni personali; mentre tale esigenza non ricorre nel contratto di lavoro a tempo pieno.
La tesi secondo cui l’art. 9 del CCNL si riferisce anche al part time, non solo relativamente al comma 3 ma per la sua intera disciplina, anche delle parti stabilite a verbale, si pone in definitiva in contrasto con le norme di legge che prescrivono – in mancanza di clausole flessibili- non l’indicazione annuale o mensile dell’orario di lavoro ma l’indicazione dell’orario di lavoro nel contratto, anche per quanto riguarda i turni di lavoro.
Ricorso incidentale
Con l’unico motivo di ricorso ex art. 360 n. 3 c.p.c. si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10, c.2 D.Lgs. n. 81/2015 e 8, c. D.Lgs. n. 61/2000 nella parte in cui prevedono che il giudice determini le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale tenuto conto delle responsabilità familiari del lavoratore interessato e della sua necessità di integrazione del reddito mediante lo svolgimento di altre attività lavorativa nonché delle esigenze del datore di lavoro.
La Corte d’appello, accertata l’illegittimità della mancata indicazione della stabile collocazione della prestazione lavorativa del signor De.Um. nel contratto individuale di lavoro, ha omesso di determinare la collocazione temporale dell’orario sostenendo che la fissazione delle modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa part-time collocata in turni di lavoro attenga all’autonomia negoziale ed alla discrezionale volontà delle parti, in considerazione delle esigenze di produzione e di lavoro, a cui non può sostituirsi il giudice.
Il motivo deve ritenersi fondato per ragioni di carattere logico e testuale.
Ed invero l’art.10, 2 comma del D.Lgs. n. 81/2015 (intitolato sanzioni) – mutuando l’analoga disciplina prevista dall’art. 8, comma 2 D.Lgs. n. 61/2000 – prevede: “Qualora nel contratto scritto non sia determinata la durata della prestazione lavorativa, su domanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla pronuncia. Qualora l’omissione riguardi la sola collocazione temporale dell’orario, il giudice determina le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore interessato e della sua necessità di integrazione del reddito mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro”.
La norma prevede dunque chiaramente che il giudice debba determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale stabilendo anche quali siano i criteri da seguire ai fini della determinazione.
Nessuna controindicazione deriva dal fatto che la prestazione lavorativa part-time sia collocata in turni di lavoro, essendo tale facoltà prevista con l’accordo delle parti dallo stesso art. 5 la cui previsione deve ritenersi disciplinata quanto alle sanzioni dall’art.10.
Pertanto, quando nel contratto part time manchi la precisa indicazione della collocazione dei turni di lavoro deve provvedere il giudice, come in qualsiasi altro caso in cui manchi l’indicazione “puntuale” dell’orario di lavoro.
D’altra parte nessuna lesione dell’autonomia negoziale si può configurare posto che il legislatore ha riconosciuto tale potere alle parti nella fase di instaurazione del rapporto e non risulta lesivo di tale autonomia il fatto che sia previsto dalla legge l’intervento surrogatorio del giudice in caso di omessa specificazione della fascia oraria dentro cui collocare la prestazione di lavoro, tenuto conto delle esigenze indicate dal lavoratore e di quelle del datore di lavoro.
Secondo la difesa della controricorrente risulterebbe evidente come dall’interpretazione seguita dalla Corte d’appello la stessa non abbia dichiarato illegittimo il contratto per violazione della disciplina sui requisiti del contratto ad orario ridotto ex art. 8 decreto legislativo n.61/2000 ed ex art. 10 decreto legislativo n. 81/2015, ma esclusivamente nella parte in cui non essendo stata specificata la distribuzione dell’orario quanto ai giorni alla settimana, ai mesi ed agli anni della prestazione lavorativa, non possono applicarsi le clausole elastiche.
Ma appunto, proprio per questa fattispecie è prevista la determinazione giudiziale delle modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto dei criteri stabiliti dal legislatore.
Conclusivamente, il ricorso proposto da (…) Spa deve essere rigettato; mentre va accolto quello proposto da De.Um.. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto con rinvio alla Corte di appello indicata in dispositivo, la quale nella decisione della causa si atterrà ai principi di diritto stabiliti nei punti che precedono e provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da (…) Spa ed accoglie il ricorso proposto da De.Um.. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.