Il dirigente medico di struttura pubblica che violi il regime di esclusività, con comportamento reiterato in spregio all’elevato grado di affidamento che la sua posizione richiede e in violazione dell’art. 2105 c.c., può essere legittimamente licenziato.
Nota a Cass. 13 maggio 2024, n. 12973
Paolo Pizzuti
“Il medico legato ad una pubblica amministrazione da rapporto di impiego a tempo indeterminato, in relazione a detto rapporto ed agli obblighi che dallo stesso scaturiscono, è tenuto al rispetto dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, che richiama il regime delle incompatibilità ed il divieto di cumulo di cui al d.P.R. n. 3/1957”.
Lo afferma la Corte di Cassazione 13 maggio 2024, n. 12973 (conf. Cass. n. 20880/2018, in q. sito con nota di A. TAGLIAMONTE) in una vicenda in cui ad un dirigente medico era stata contestata l’attività privata parallela a quella istituzionale, cui egli era tenuto in regime di esclusività. I giudici precisano che il medico, pur svolgendo la suddetta attività non aveva mai chiesto di modificare il vincolo di esclusività, attuando un grave inadempimento degli obblighi contrattuali che ha legittimato il licenziamento disciplinare del medesimo. Il nucleo essenziale del provvedimento espulsivo è riconducibile al conflitto di interessi, alla concorrenza sleale e, in generale, alla violazione dell’obbligo di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. (sul dovere di fedeltà, v. art. 47 vigente ccnl dirigenza medica).
La Corte ribadisce altresì che “in tema di procedimento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, la valutazione in ordine alla specificità della contestazione deve essere compiuta verificando se la stessa offra le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare i fatti addebitati, prescindendo dai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel processo penale e valorizzando l’idoneità dell’atto a soddisfare il diritto di difesa dell’incolpato” (cfr., fra tante, Cass. n. 24099/2019 e Cass. n. 23771/2018).
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE 13 maggio 2024, n. 12973