All’agente commerciale può essere legittimamente corrisposta l’indennità per il patto di non concorrenza, quantificata in percentuale rispetto alle provvigioni maturate e pagata congiuntamente a queste, salvo successivo conguaglio.

Nota a Cass. (ord.) 29 agosto 2024, n. 23331

Alfonso Tagliamonte

L’indennità per patto di non concorrenza può essere derogata “nel quo modo ovvero nella modalità di liquidazione e di pagamento della relativa indennità (ed erogata attraverso un compenso di natura provvigionale, con anticipi in corso di rapporto, salvo conguaglio finale) …  Non esiste quindi la nullità della clausola contrattuale che ha previsto la liquidazione anticipata di un’indennità di natura provvigionale…”

Questa, l’affermazione della Corte di Cassazione (ord. 29 agosto 2024, n. 23331) in un giudizio in cui l’appellante sosteneva che l’indennità per patto di non concorrenza dovesse essere corrisposta separatamente dalle provvigioni e non sotto forma di una quota di queste, avendo appunto natura non provvigionale, ed al termine del rapporto di agenzia e non in anticipo, salvo conguaglio finale.

La Corte ha riconosciuto che (ex art. 1751 bis c.c.), “l’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale, indicando i parametri cui l’indennità va commisurata, affidando la sua determinazione alla contrattazione tra le parti (tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria) e prevedendo che in difetto di accordo l’indennità venga determinata in via equitativa dal giudice”.

Secondo la Cassazione la mancata specificazione della valorizzazione economica dell’impegno “può giustificarsi come conveniente nel contesto dell’intero rapporto di agenzia” (v. Cass. n. 12127/2015) e “la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale”.

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 agosto 2024, n. 23331

Lavoro – Patto di non concorrenza post contrattuale – Pagamento dell’indennità – Provvigioni maturate – Modalità di liquidazione e di pagamento della relativa indennità – Clausola contrattuale – Rigetto

Fatti di causa

1.- La Corte d’appello di Trieste, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da B.D.B. avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto la sua domanda con cui chiedeva il pagamento dell’indennità per patto di non concorrenza post contrattuale di durata biennale a seguito delle dimissioni dell’1 luglio 2020, dovutagli ai sensi dell’articolo 1751 bis c.c.

2. – Il tribunale aveva invece accolto la domanda riconvenzionale proposta da S.Z. spa osservando che l’indennità per il patto di non concorrenza fosse stata legittimamente quantificata in percentuale rispetto alle provvigioni maturate e pagata congiuntamente a queste, salvo successivo conguaglio, non essendo ciò vietato da alcuna norma imperativa.

3. – La Corte d’appello ha ribadito che era infondato il gravame proposto dal D.B., secondo cui l’indennità per il patto di non concorrenza post contrattuale doveva essere corrisposta separatamente dalle provvigioni ed al termine del rapporto di agenzia.

Secondo la Corte d’appello si trattava di una tesi non supportata né del tenore letterale delle norme, né della loro finalità.

Non essendo l’articolo 1751 bis c.c. preposto alla tutela di interessi pubblici di carattere generale, come affermato dalla Corte di cassazione nn. 12127/2015 e 13706/2017; e quindi, se le parti potevano derogare alla naturale onerosità del patto di non concorrenza, tanto più si doveva ritenere che fosse loro consentito di regolare diversamente le modalità di liquidazione e di pagamento della relativa indennità.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.D.B. con tre motivi ai quali ha resistito S. con controricorso. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.

Ragioni della decisione

1.- Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., ex articolo 360 numero 4 c.p.c., omessa motivazione e conseguente nullità, in quanto la sentenza era priva di motivazione non recando alcuna effettiva esplicitazione delle ragioni del decisum.

1.1. Il motivo è privo di fondamento atteso che, come risulta dalle premesse trascritte nella parte in fatto, la sentenza impugnata contiene l’esposizione di esaustive ragioni, di fatto e diritto in merito alla soluzione accolta circa la liquidazione anticipata dell’indennità per patto di non concorrenza unitamente alle provvigioni maturate, salvo conguaglio.

D’altra parte, va ricordato che il vizio di motivazione può essere censurato in Cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 4 in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia.

2. – Con il secondo motivo si sostiene la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1751 bis c.c., ex articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe omesso di applicare la norma citata laddove prevede che l’accettazione del patto di non concorrenza comporta in occasione della cessazione del rapporto la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale a fronte della corresponsione in corso di rapporto da parte della società convenuta di anticipi a titolo invece provvigionale.

La previsione contrattuale del contratto dell’1/4/2012, dove si prevedeva che una percentuale della indennità fosse già ricompresa nei compensi provvigionali di spettanza dell’agente, era, quindi, nulla, in quanto contraria alla previsione di cui all’articolo 1751 bis c.c., che la Corte d’appello di Trieste aveva omesso di dichiarare.

3. – Con il terzo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione dell’articolo 14 dell’AEC Settore Industria laddove si prevede che, a fronte del patto di non concorrenza post contrattuale, l’agente o rappresentante operante in forma individuale o di società di persone o di società di capitali con un unico socio, avrà diritto a una specifica indennità di natura non provvigionale, laddove, invece, nel corso del rapporto al B. erano stati corrisposti da parte della società convenuta solo anticipi a titolo provvigionale.

4. – Il secondo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente per la connessione delle censure sollevate avverso la tesi sostenuta dalla Corte di appello, secondo cui la previsione dell’art. 1751 bis c.c,. introdotto dall’art. 23 della legge 29.12.00 n. 422 (entrata in vigore il successivo 1.6.01), circa la natura non provvigionale dell’indennità per patto di non concorrenza, possa essere derogata dalle parti.

La stessa questione giuridica, quindi, devoluta alla Corte di merito con il motivo di appello con il quale, come risulta dalla medesima sentenza impugnata, l’appellante sosteneva che l’indennità per patto di non concorrenza dovesse essere corrisposta separatamente dalle provvigioni e non sotto forma di una quota di queste, avendo appunto natura non provvigionale, ed al termine del rapporto di agenzia e non in anticipo, salvo conguaglio finale.

4.1. I due motivi di ricorso, come sopra individuati, sono però infondati, posto che, secondo quanto chiarito nella sentenza impugnata, la tesi sulla derogabilità delle previsioni in materia di compenso per patto di non concorrenza risulta conforme all’ordinamento, giusta la giurisprudenza di questa Corte di legittimità la quale ha riconosciuto la derogabilità della previsione dell’art.1751 bis c.c. con cui il legislatore italiano, senza che ciò fosse necessitato dalla disciplina comunitaria in materia, ha stabilito che, a decorrere dall’ 1 giugno 2001, l’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale, indicando i parametri cui l’indennità va commisurata, affidando la sua determinazione alla contrattazione tra le parti (tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria) e prevedendo che in difetto di accordo l’indennità venga determinata in via equitativa dal giudice.

4.2. Ed invero è stato osservato da Cass. n. 12127/2015 che per l’art. 1751 bis c.c., comma 2, la corresponsione di una indennità all’agente commerciale non è prevista a pena di nullità del patto di non concorrenza post contrattuale; anche per la nuova disciplina l’agente, d’intesa con la preponente, può espressamente stabilire che all’obbligo assunto non sia correlato un corrispettivo, atteso che la non specifica valorizzazione economica dell’impegno può giustificarsi come conveniente nel contesto dell’intero rapporto di agenzia.

Dunque, anche nel vigore della nuova disciplina, la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale.

4.3. Da tale tesi (ripresa anche da Cass. nn. 17239/16 e 13796/17) discende quindi la derogabilità della disciplina del patto di non concorrenza ad opera delle parti e l’inesistenza della nullità della denunciata clausola contrattuale che ha previsto la liquidazione anticipata di un’indennità di natura provvigionale .

4.4. La Corte di appello sulla scorta di tale orientamento consolidato ha riconosciuto quindi che se l’indennità per patto di non concorrenza è derogabile nell’annessa possa essere, a fortiori, derogata anche nel quo modo ovvero nella modalità di liquidazione e di pagamento della relativa indennità (ed erogata attraverso un compenso di natura provvigionale, con anticipi in corso di rapporto, salvo conguaglio finale).

4.5. Non esiste quindi la nullità della clausola contrattuale che ha previsto la liquidazione anticipata di un’indennità di natura provvigionale, in deroga alla previsione di legge,

5. – Sulla scorta di tali considerazioni il ricorso in oggetto va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.

6. – Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie oltre accessori dovuti per legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.

Patto di non concorrenza e indennità provvigionale
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