In presenza di maggiori imposte versate e rivelatesi, a posteriori, non dovute per effetto di una sentenza del giudice del lavoro, il contribuente può chiederne il rimborso entro 2 anni dalla data in cui detta sentenza diviene definitiva.

Nota a AdE Risp. 26 settembre 2024, n. 186

Francesco Palladino

Con la Risposta ad interpello n. 186 del 26 settembre 2024, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, ove un soggetto passivo IRAP abbia pagato imposte rivelatesi, successivamente, non dovute per effetto di una sentenza del giudice del lavoro, ha diritto alla loro restituzione presentando apposita domanda, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/92, e, dunque, entro il termine di due anni, decorrenti dalla data in cui la sentenza in parola è divenuta definitiva.

Nello specifico, il contribuente istante aveva calcolato e versato l’IRAP dallo stesso dovuta per gli anni dal 2002 al 2011 con il c.d. metodo retributivo, computando anche le retribuzioni di un ex dipendete le quali, a seguito di una sentenza della Corte di Appello, erano state dichiarate “indebitamente percepite” e, per l’effetto, il dipendente era stato condannato a restituirle al datore di lavoro. L’istante si poneva quindi il dubbio sulle modalità operative per fruire del recupero dell’IRAP versata sugli emolumenti soggetti a ripetizione.

L’istante riteneva che il recupero dell’IRAP potesse esser consentito integralmente a decorrere dall’inizio della restituzione da parte del debitore, scomputando l’importo lordo soggetto a restituzione dall’imponibile IRAP da versare sulle retribuzioni mensili del personale dipendente, a partire dal primo mese utile.

L’Amministrazione finanziaria è stata di diverso avviso e ha chiarito che, con specifico riferimento all’IRAP, la norma di riferimento per i rimborsi sarebbe l’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973, secondo cui in caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, il soggetto che ha effettuato il versamento può presentare istanza di rimborso entro il termine di decadenza di quattro anni dalla data del versamento stesso. Tuttavia, nel caso di specie, dal momento che il versamento dell’imposta era in origine dovuto (nell’an e nel quantum) e solo successivamente è divenuto non dovuto, non può trovare applicazione il predetto art. 38. La questione deve, invece, essere risolta alla luce dell’art. 21, co. 2, del D.Lgs. n. 546/1992, quale norma di carattere residuale e di chiusura del sistema dei rimborsi. Essa consente di presentare apposita istanza di rimborso entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Nel caso in esame, l’Agenzia osserva che, poiché, il presupposto per la parziale restituzione dell’IRAP versata con riferimento agli anni dal 2002 al 2011 è da individuarsi nella sentenza della Corte d’Appello che ha riconosciuto la non debenza delle retribuzioni corrisposte in detto periodo dall’istante al proprio dipendente, la norma di riferimento da applicare nel caso concreto è proprio l’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992. Pertanto, dalla data in cui la predetta sentenza è divenuta definitiva decorre il termine biennale per la presentazione della richiesta di rimborso all’Ufficio dell’Agenza delle entrate territorialmente competente.

Sentenza civile quale presupposto per il rimborso IRAP
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