Ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, occorre avere riguardo al concreto atteggiarsi del potere direttivo del datore, il quale, per assurgere a indice rivelatore della subordinazione, non può manifestarsi in direttive di carattere generale (compatibili con il semplice coordinamento sussistente anche nel rapporto libero professionale), ma deve esplicarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, stabilmente inserita nell’organizzazione aziendale

Nota a Cass. (ord.) 7 ottobre 2024, n. 26138

Francesca Albiniano

Il requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato consiste nel “vincolo di soggezione del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro – il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative – la cui esistenza deve essere concretamente apprezzata, con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, dal giudice di merito con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione…”

In particolare, gli ordini del datore di lavoro devono essere “reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, stabilmente inserita nell’organizzazione aziendale”

Lo ribadisce la Corte di Cassazione (Cass. ord. 7 ottobre 2024, n. 26138; conf. Cass. n. 2728/2010)

La Corte precisa inoltre che nell’ipotesi di prestazioni di natura intellettuale o professionale, l’assoggettamento del lavoratore alle direttive in questione “si presenta in forma attenuata, in quanto non agevolmente apprezzabile a causa dell’atteggiarsi del rapporto”. Pertanto, “occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale” (v. Cass. n. 5436/2019).

Nella fattispecie sottoposta all’attenzione della Cassazione non si è configurata né la prova della subordinazione, né l’indice sintomatico sussidiario del “coordinamento dell’attività lavorativa con l’assetto organizzativo aziendale e del relativo suo inserimento in esso”.

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2024, n. 26138

Rilevato che

1.con sentenza 30 settembre 2019, la Corte d’appello di Roma ha accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 1° settembre 2004 al 30 giugno 2009 tra B.M. e UGL F.R.A.L. e F.N.A., con diritto del lavoratore all’inquadramento al IV Livello del CCNL Terziario e condanna in solido delle datrici e del segretario F.M. al pagamento, in suo favore a titolo di differenze retributive e T.F.R., della somma di € 98.828,61 oltre accessori di legge: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva rigettato le domande del lavoratore, in particolare alla condanna solidale di UGL F.R.A.L. e del segretario regionale al pagamento, in proprio favore, della somma di € 120.080,25 per competenze maturate;

2. preliminarmente ravvisata l’ammissibilità del gravame, per conformità al paradigma legale prescritto dall’art. 434 c.p.c. e in assenza dei requisiti stabiliti ai sensi dell’art. 348bis c.p.c, nel merito la Corte capitolina, in applicazione dei richiamati principi giurisprudenziali in materia e in esito ad argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie, ha ritenuto provata la ricorrenza di un rapporto di subordinazione tra le parti, con mansioni corrispondenti all’inquadramento al IV Livello del CCNL Terziario e così condannato (in difetto di prova della gratuità della prestazione, a carico datoriale) le parti appellate (F.M., per avere agito in nome e per conto della Federazione regionale, ai sensi dell’art. 38 c.p.c.) al pagamento in via solidale della somma suindicata;

3. con atto notificato il 26 marzo 2020, UGL F.R.A.L. e F.M. hanno proposto ricorso per cassazione con sette motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c., cui ha resistito il lavoratore con controricorso e UGL F.N.A. con proprio controricorso ha aderito al ricorso;

4. con atto notificato il 27 marzo 2020, introduttivo dell’autonomo giudizio rubricato R.G. 12208/20 avverso la medesima sentenza della Corte d’appello d Roma, UGL F.N.A. ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c., cui ha resistito il lavoratore con controricorso e UGL F.R.A.L. e F.M. con proprio controricorso hanno aderito al ricorso;

5. il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.

Considerato che

1.in via preliminare, il giudizio più recente (R.G. 12208/20) deve essere riunito, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., al precedente (R.G. 12148/20), siccome relativi a ricorsi avverso la medesima sentenza: il secondo da qualificare incidentale, per il principio di unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, comportante la qualificazione, avvenuta la notificazione della prima impugnazione, di tutte le altre come proposte in via incidentale nello stesso processo; sicché, ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, purché rispettoso del termine di ammissibilità di quaranta giorni, a norma del combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c. (Cass. 20 marzo 2015, n. 5695; Cass. 23 novembre 2021, n. 36057);

2. le parti ricorrenti in via principale hanno dedotto nullità della sentenza, nella parte in cui ha accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a titolo oneroso, per: violazione degli artt. 116 e 228 c.p.c. anche in relazione all’art. 2733 c.c., per avere la Corte territoriale qualificato libero anziché formale l’interrogatorio reso dal ricorrente in primo grado, negando rilevanza confessoria o comunque probatoria alle sue dichiarazioni; violazione o falsa applicazione dell’art. 2094 c.c., per avere la Corte territoriale adottato, ai fini qualificatori del rapporto di lavoro, indici sintomatici di subordinazione non previsti dalla legge, anziché quello primario del potere direttivo, di controllo e disciplinare; violazione degli artt. 115, 116 e 132 n. 4 c.p.c., per argomentazioni illogiche o contraddittorie della sentenza, pure smentite da testimonianze in essa trascritte o rese da testi richiamati in parte motiva ma omesse (primo motivo);

nullità della sentenza, nella parte in cui ha negato l’assolvimento dell’onere probatorio, da parte di UGL –F.R.A.L. e F.M., in ordine agli elementi indicati nel precedente motivo per: violazione dell’art. 2697 c.c., per mancata prova dal ricorrente dello svolgimento di concrete attività lavorative a titolo oneroso; violazione degli artt. 115, 116,  132 n. 4 e 228 c.p.c., per illogicità, contraddittorietà e laconicità delle argomentazioni a base dell’accertamento del rapporto di lavoro subordinato tra le parti (secondo motivo); nullità della sentenza per violazione degli artt. 101 c.p.c., 24 e 111 Cost., 115 e 346 c.p.c., 2697 c.c. in relazione all’art. 2094 c.c., per avere la Corte territoriale accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato inassenza di prova e, prima ancora, di allegazione dell’esercizio del potere direttivo, di controllo e disciplinare da parte di F.M. o di altro rappresentante UGL (terzo motivo);

3. essi congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

4. premesso che l’interrogatorio formale è diretto a provocare la confessione dell’altra parte e non è un mezzo difensivo, onde la parte deducente non può dolersi che non sia stata accolta la sua istanza diretta al proprio interrogatorio (Cass. 9 agosto 1977, n. 3641); posto che “funzione dell’interrogatorio formale è quella di provocare la confessione dell’avversario e non quella di acquisire dichiarazioni favorevoli all’interrogando o semplici chiarimenti …” essendo “In definitiva, … soltanto la parte deferente interessata all’espletamento dell’interrogatorio formale della controparte, cui può rinunciare liberamente senza necessità di assenso delle controparti o del giudice; ciò specularmente rispetto all’impossibilità per la parte di chiedere il proprio interrogatorio formale” (Cass. 7 febbraio 2018, n. 2956, in motivaz. sub p.to 6).

E che la confessione deve avere ad oggetto fatti obiettivi, la cui qualificazione giuridica spetta al giudice del merito e risponde alla regola per la quale, ove la parte riferisca fatti a sé sfavorevoli, le sue dichiarazioni hanno valore confessorio (Cass. 27 febbraio 2019, n. 5725); sicché, in assenza di confessione, l’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio formale è soggetta al libero apprezzamento del giudice, il quale ben può ponderarne la consistenza alla luce e nel necessario coordinamento con altri elementi del complesso probatorio (Cass. 15 settembre 1999, n. 9840; Cass. 19 dicembre 2017, n. 30529);

4.1. tanto chiarito, nel caso di specie, sussiste la denunciata violazione dell’art. 228 c.p.c., avendo la Corte territoriale qualificato come libero (al primo capoverso di pg. 5 della sentenza), anziché formale come assunto dal Tribunale all’udienza del 4 dicembre 2012 (secondo la risultanza de relativo verbale prodotto in allegato al ricorso, a pgg. 78 e 79), erroneamente attribuendo “nessuna rilevanza” alle conseguenze confessorie tratte dal Tribunale dalle dichiarazioni rese con esso dal ricorrente (al primo e all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza);

5. giova poi ribadire che costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato il vincolo di soggezione del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro – il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative – la cui esistenza deve essere concretamente apprezzata, con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, dal giudice di merito con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, con accertamento in fatto in esito a valutazione delle risultanze processuali insindacabile, se congruamente argomentato e immune da vizi logici e giuridici, in sede di legittimità: essendo qui censurabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto (Cass. 21 novembre 2001, n. 14664; Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728).

E che, ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, occorre avere riguardo al concreto atteggiarsi del potere direttivo del datore, il quale, per assurgere a indice rivelatore della subordinazione, non può manifestarsi in direttive di carattere generale (compatibili con il semplice coordinamento sussistente anche nel rapporto libero professionale), ma deve esplicarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, stabilmente inserita nell’organizzazione aziendale (Cass. 16 novembre 2018, n. 29646).

Peraltro, in caso di prestazioni di natura intellettuale o professionale, l’assoggettamento del lavoratore a tali direttive si presenta in forma attenuata, in quanto non agevolmente apprezzabile a causa dell’atteggiarsi del rapporto; sicché, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale: con valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, insindacabile, se immune da vizi giuridici e adeguatamente argomentata, in sede di legittimità, essendo ivi censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti, da applicare al caso concreto (Cass. 25 febbraio 2019, n. 5436);

5.1. nel caso di specie, tuttavia, la prova della subordinazione è completamente mancata, non soltanto, come detto, per le dichiarazioni confessorie a sé sfavorevoli dell’interrogatorio formale reso da B.M.; ma neppure essendo risultata, neppure implicitamente né indirettamente, da alcuna delle dichiarazioni testimoniali assunte, sia riportate in sentenza (all’ultimo capoverso di pg. 6, fino al 30° alinea di pg. 7 della sentenza), sia debitamente trascritte nella loro integralità (a verbali di udienza davanti alla Corte d’appello del 23 ottobre 2017 e del 29 ottobre 2018, in allegato rispettivamente da pg. 108 a pg. 114 e da pg. 117 a pg.122 del ricorso).

Nessuno dei testi escussi è stato, infatti, in grado neppure di riferire quale ruolo il predetto rivestisse, né che cosa in concreto facesse; sicché, palesemente non si configura l’indice sintomatico sussidiario del coordinamento dell’attività lavorativa con l’assetto organizzativo aziendale e del relativo suo inserimento in esso.

Tutti hanno semplicemente dato atto della continuità di presenza di B.M., senza nulla dichiarare in ordine all’esercizio del potere direttivo su di lui da parte di F.M. (sebbene il primo stesse “lì per volontà del segretario regionale M.”, come riferito dal teste B.P. : così al quinto e sesto alinea dell’ultimo capoverso di pg. 6 della sentenza), anzi esplicitamente negato dall’unica teste (S.G.) che ha riferito sulla circostanza (“Non ricordo di aver visto il sig. M. dare disposizioni al Sig. M. … ”), addetta alla segreteria ed occupante la medesima stanza di F.M., che non ne aveva una propria (così ai primi sei alinea di pg. 119 del ricorso);

6. ferma allora la riserva al giudice del merito dell’interpretazione e valutazione del materiale probatorio, del controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, oltre che della scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ed alla formazione del proprio convincimento, con la conseguente insindacabilità, in sede di legittimità, del “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (Cass. 10 giugno 2014, n. 13054; Cass. 8 agosto 2019, n. 21187); nel caso di specie, la Corte territoriale ha affermato (all’ultimo alinea di pg. 7 e al primo di pg. 8 della sentenza) la sottoposizione di B.M. al potere direttivo datoriale di F.M. senza alcuna prova, così incorrendo in un evidente errore di diritto, per violazione in particolare dell’art. 2697 c.c.

Tale norma è, infatti, censurabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 29 maggio 2018, n. 13395; Cass. 19 agosto 2020, n. 17313).

Ed è proprio l’ipotesi ricorrente nel caso di specie, per avere la Corte capitolina erroneamente invertito l’onere probatorio: in totale assenza, per le ragioni dette, della positiva dimostrazione, a carico di B.M. della natura subordinata della prestazione di attività resa, essa ha accertato l’esistenza di un rapporto lavorativo subordinato tra le parti per non avere la parte datoriale assolto l’onere, indubbiamente a suo carico, di gratuità della prestazione lavorativa (al primo capoverso di pg. 8 della sentenza), sull’esatto rilievo della sua presunzione di onerosità (al penultimo capoverso di pg. 4 della sentenza) –posto che ogni attività oggettivamente configurabile come di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, salva la prova – da fornirsi da colui che contesti l’onerosità – che la stessa sia caratterizzata da gratuità (Cass. 3 dicembre 1986, n. 7158; Cass. 28 marzo 2017, n. 7925; Cass. 28 marzo 2018, n. 7703) – ma rilevante soltanto quando una tale presunzione sia radicabile su una prestazione lavorativa di natura subordinata, qui indimostrata;

7. le superiori argomentazioni assorbono ogni altro profilo e questione dedotta con gli scrutinati motivi e pure gli altri formulati in gradato subordine: di nullità della sentenza per violazione dell’art. 244 c.p.c., per avere la Corte accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in base a testimonianze inammissibili (quarto motivo); di nullità della sentenza per violazione degli artt. 115, 116, 132 n. 4 c.p.c., per l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in periodo anteriore al 2007 in assenza di alcuna prova (quinto motivo);

di nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 3, nono comma legge n. 335/1995, per non avere la Corte territoriale rilevato d’ufficio la prescrizione dei contributi previdenziali relativi agli asseriti crediti retributivi anteriori al 28 maggio 2007 (sesto motivo);

di nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 38 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto la responsabilità solidale di F.M., in assenza di un rigoroso accertamento del suo avere agito in nome e per conto della Federazione Regionale, né motivazione (settimo motivo);

8. con autonomo ricorso successivo, riunito al primo e pertanto incidentale, UGL F.N.A. ha dedotto nullità della sentenza per essere stata ritenuta parte del giudizio di secondo grado e condannata, in particolare per:

a) violazione degli artt. 100, 105, 112, 344, 350, 404, 437 c.p.c., 24 e 111 Cost., per non essersi la Corte territoriale avveduta della mancata evocazione in giudizio della Federazione Nazionale né in primo né in secondo grado, né essendo mai in esso intervenuta;

b) violazione degli artt. 36 ss. c.c., anche in relazione agli artt. 75, 100 c.p.c., per non essersi la Corte avveduta che la F.N.A. e la F.R.A.L. dell’UGL non sono, né possono essere considerate un unico soggetto giuridico con unica personalità giuridica o comunque unica capacità processuale;

c) violazione del principio del contraddittorio ai sensi degli artt. 101 e 102 c.p.c. e del principio del doppio grado di giudizio ai sensi degli artt. 323 e 354 c.p.c., violazione degli artt. e 111 Cost., per la preclusione, in subordine, dell’esperimento di tutte le difese, eccezioni e istanze istruttorie, per il pieno esercizio del diritto di difesa nell’ambito di un giusto processo (primo motivo);

8. anch’esso è fondato;

9. in via di premessa, occorre ribadire che le associazioni locali di un’associazione avente carattere nazionale non sono organi di quest’ultima, ma sue articolazioni periferiche dotate di autonoma legittimazione negoziale e processuale (Cass. 23 giugno 2008, n. 17028; Cass. 10 ottobre 2013, n. 23088, nella specie trattandosi di struttura organizzativa regionale di un’associazione sindacale);

sicché, tali associazioni locali sono le uniche titolari delle situazioni soggettive sostanziali derivanti dagli atti negoziali da esse posti in essere ed assumono in via esclusiva la qualità di parti nelle relative controversie, mentre l’associazione nazionale non risponde delle obbligazioni contratte dalle associazioni locali, ancorché siano preordinate a conseguire finalità istituzionali comuni (Cass. 14 marzo 2000, n. 2952);

9.1. inoltre, è noto che l’intervento in appello sia ammissibile soltanto quando l’interventore faccia valere una situazione soggettiva che lo legittimi a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell’articolo 404 c.p.c.: ossia nel caso in cui egli rivendichi, nei confronti di entrambe le parti, la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione accertata o costituita dalla sentenza di primo grado; non anche quando l’intervento stesso sia qualificabile come adesivo, perché volto a sostenere l’impugnazione di una delle parti, al fine di porsi al riparo da un pregiudizio mediato e dipendente dai rapporti che lo legano ad una di esse (Cass. 23 maggio 2006, n. 12114; Cass. 8 novembre 2022, n. 32887);

9.2. ebbene, la Federazione Nazionale ricorrente non è stata parte nel giudizio di primo grado, essendosi in esso costituito in proprio F.M., chiamato in giudizio con UGL- F.R.A., in quanto all’epoca suo segretario (come da intestazione della sua memoria di costituzione davanti al Tribunale, in allegato a pg. 75 ricorso), non essendo stata in esso convenuta.

Ma neppure avendo essa titolo per intervenire in grado di appello (nel quale invece si è costituita, in persona di F.M. divenuto segretario nazionale e non più regionale di UGL: come da comparsa di costituzione in appello e procura speciale in calce ad essa, in allegato al ricorso, a pgg. da 101 a 111), a norma dell’art. 344 c.p.c., per la sua assoluta estraneità al rapporto di lavoro controverso;

10. le superiori argomentazioni comportano la nullità della sentenza, limitatamente alla pronuncia di condanna di UGL F.N.A., in via solidale con UGL F.R.A.L. e F.M., al pagamento, in favore di B.M. a titolo di differenze retributive e T.F.R., della somma di € 98.828,61 oltre accessori di legge, nonché alla rifusione delle spese in suo favore; con assorbimento degli altri cinque motivi, nell’ordine reiterativi rispettivamente del primo, del terzo, del quarto, del quinto e del sesto del ricorso principale sopra illustrati;

11. in via riepilogativa e conclusiva, i primi tre motivi del ricorso principale (R.G. 12148/20) devono essere accolti, assorbiti gli altri, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Parimenti accolto deve essere il ricorso incidentale (R.G. 12208/20), con la cassazione della sentenza impugnata e, con decisione nel merito, dichiarazione di nullità della sentenza impugnata nella parte relativa alla pronuncia di condanna di UGL F.N.A. in via solidale al pagamento, in favore di B.M. di differenze retributive e di T.F.R., con la compensazione tra le parti delle spese del grado di appello e del giudizio di legittimità, per la sua spontanea costituzione nel giudizio di appello.

P.Q.M.

Dispone la riunione al ricorso R.G. 12148/20 del ricorso R.G. 12208/20.

Accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la nullità della sentenza impugnata nella parte relativa alla pronuncia di condanna di UGL F.N.A. in via solidale al pagamento di somma, a titolo retributivo vario.

Dichiara compensate le spese del grado di appello e del giudizio di legittimità tra le parti.

Subordinazione e autonomia
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