In assenza di condotte violente e di danno alla produttività, il blocco delle merci rientra nell’alveo del diritto di sciopero.

Nota a App. Milano 29 luglio 2024, N. R.G. n. 168/2024

Fabrizio Girolami

Il “picchettaggio”, esercitato attraverso il blocco di merci e persone, attuato senza violenza e in assenza di lesione di diritti costituzionalmente garantiti, è legittimo, in quanto riconducibile all’esercizio del “diritto di sciopero” tutelato dall’art. 40 della Costituzione.

Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Milano, sezione lavoro, con sentenza 29.7.2024 (N. R.G. n. 168/2024), in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Milano n. 4452 del 21.12.2023.

Nel caso di specie, una società cooperativa operante nel settore della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) aveva convenuto in giudizio il Sindacato Intercategoriale COBAS, i cui lavoratori iscritti – nell’ambito di un conflitto sindacale che aveva condotto alla proclamazione di azioni di sciopero – avevano attuato 18 “blocchi di mezzi e persone” (ostacolando le persone e gli automezzi in entrata e in uscita dall’azienda), affinché venisse dichiarata l’illiceità di tale comportamento e venisse, conseguentemente, accertata la validità dei licenziamenti disciplinari intimati ai lavoratori partecipanti ai blocchi medesimi.

Il Tribunale di Milano aveva accolto il ricorso proposto dalla società, ritenendo che – sulla base delle risultanze dell’istruttoria, nonché dei verbali, annotazioni e relazioni di servizio della Questura di Milano acquisiti agli atti – le attività di blocco poste in essere dai lavoratori si erano sostanziate in un concreto impedimento fisico dell’entrata/uscita carraia dei siti, impedendo il transito sia in entrata che in uscita, anche attraverso la collocazione di una rete di plastica arancione posizionata sul manto stradale con la chiara intenzione di impedire l’accesso e l’uscita ai mezzi pesanti nonché attraverso azioni di intralcio (con seduta dei manifestanti a terra, al centro della sede stradale, unendosi tra loro sottobraccio, e opponendo resistenza alla forza pubblica).

La Corte d’Appello milanese, con la sentenza in commento (richiamando anche l’ordinanza di archiviazione penale pronunciata sui medesimi fatti di causa), ha accolto l’appello proposto dal COBAS, osservando quanto segue:

  • il picchettaggio, in sé e per sé, non costituisce un’attività vietata o pericolosa (i.e. un “illecito aquiliano” ex art. 2043 c.c.), ma è riconducibile “nell’alveo dell’esercizio del diritto di sciopero, tutelato dall’art. 40 Cost.”, purché non sia attuato con modalità violente o minacciose tali da condizionare la libertà dei lavoratori non scioperanti o da mettere a repentaglio la pubblica sicurezza;
  • la semplice presenza di un picchetto di molte persone che tenda a ostacolare gli automezzi in entrata o in uscita dallo stabilimento industriale o tenda a svolgere un’attività di persuasione e di sensibilizzazione sindacale, non connotata da elementi fattuali che consentano di rintracciare specifiche e individuali condotte di “violenza” o “minaccia”, non può integrare da sola una “condotta penalmente rilevante” (i.e. il reato di violenza privata ex art. 610 c.p.) in quanto si tradurrebbe in uno “strumento di repressione della libertà sindacale e del diritto di sciopero” e “in una misura antidemocratica”. Il picchettaggio diventa illegittimo solo se assume modalità aggressive per la sicurezza altrui e per l’ordine pubblico;
  • l’esercizio del diritto di sciopero, anche nella forma del c.d. picchettaggio, è, dunque, pienamente legittimo purché non comporti l’impiego della “violenza” o della “minaccia” da parte dei lavoratori che lo praticano;
  • secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, la fondamentale sentenza di Cass. 30.1.1980, n. 711), il diritto di sciopero ex art. 40 Cost. non incontra limiti diversi da quelli propri della ratio storico sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri “diritti o interessi costituzionalmente garantiti”. Di conseguenza, ne sono vietate le forme che assumono modalità illecite, in quanto lesive, in particolare, della “incolumità” e della libertà delle persone o di diritti di proprietà o della “capacità produttiva” dell’azienda;
  • in particolare, la giurisprudenza di legittimità ha individuato i c.d. “limiti esterni” del diritto di sciopero sulla base della distinzione tra “danno alla produzione” e “danno alla produttività”, per cui lo sciopero può arrecare un danno alla produzione (inteso come possibilità per l’imprenditore di ricavare, al momento dato, un “risultato produttivo dall’attività”), ma non può cagionare un danno alla produttività (intesa come “capacità produttiva” dell’azienda), non dovendo “pregiudicare irreparabilmente la possibilità per l’imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica”;
  • nel caso in esame, le condotte poste in essere dai manifestanti non hanno comportato l’impiego di violenza e non hanno messo in pericolo, né tanto meno pregiudicato, “diritti costituzionalmente garantiti al pari dello sciopero, quali quello alla vita e all’incolumità personale”, né hanno “pregiudicato irreparabilmente” la capacità produttiva dell’azienda o “una duratura inutilizzabilità degli impianti”;
  • infine, in via incidentale, le eventuali condotte violente o pericolose poste in essere da singoli manifestanti, ove pure provate, non potrebbero ascriversi al sindacato, il quale si assume “unicamente la responsabilità per le forme di protesta adottate, ma non anche per i comportamenti individuali dei singoli lavoratori aderenti alla protesta”.

Sentenza

Perimetro di legittimità del “picchettaggio” con blocco di merci e persone
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