L’APE sociale spetta, in presenza degli altri requisiti previsti dalla legge, anche al lavoratore disoccupato che non abbia in precedenza fruito dell’indennità di disoccupazione.

Cass. 17 settembre 2024, n. 24950

Sonia Gioia

Il diritto all’APE sociale, in attuazione dell’art. 1, co. 179, L. 11 dicembre 2016, n. 232 (concernente “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”), “richiede – tra gli altri requisiti – uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia beneficiato anche dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che, ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata”.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione 17 settembre 2024, n. 24950 (conforme ad App. Firenze n. 437/2022), in relazione ad una fattispecie concernente il diritto di una lavoratrice, rimasta priva di occupazione a seguito di risoluzione del rapporto di impiego, a percepire l’APE sociale pur non avendo, in precedenza, fruito dell’indennità di disoccupazione.

All’esito del giudizio di merito, la Corte d’Appello, in conformità con il giudice di prime cure, aveva riconosciuto il diritto dell’assicurata a percepire il trattamento pensionistico anticipato, ritenendo non necessario, oltre allo stato di disoccupazione, l’aver beneficiato anche della relativa indennità, dal momento che la legge fa riferimento solo alla sussistenza dello status di disoccupato e che,  solo nel caso eventuale di fruizione dell’indennità di disoccupazione, opera l’ulteriore condizione della non continuità tra disoccupazione e APE sociale.

Come noto, l’APE sociale è un’indennità di natura assistenziale a carico dello Stato, erogata dall’INPS, a specifiche categorie di lavoratori in stato di bisogno che abbiano al momento della domanda, o comunque la perfezionino entro il 31 dicembre 2024, un’età anagrafica pari ad almeno 63 anni e 5 mesi e che non siano già titolari di pensione diretta (Circ. INPS 20 febbraio 2024, n. 35).

In particolare, l’anticipo pensionistico è corrisposto, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia o fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia (di cui all’art. 24, co. 6, D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 (c.d. Legge Monti – Fornero) agli iscritti all’Assicurazione Generale dei lavoratori dipendenti (c.d. AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della stessa, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla Gestione separata (di cui all’art. 2, co. 26, L. 8 agosto 1994, n. 335), i quali:

a) si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoroper licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’art. 7, L. 15 luglio 1966, n. 604 (concernente “Norme sui licenziamenti individuali”), ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato (in tal caso è necessario che abbiano avuto, nei 36 mesi precedenti la scadenza del termine, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi), che hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi,il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’art. 3, co. 3 L. 5 febbraio 1992, n. 104), o un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni mediche, superiore o uguale al 74% e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;

d) sono lavoratori dipendenti, al momento della decorrenza dell’indennità, in possesso di almeno 36 anni di anzianità contributiva e che abbiano svolto da almeno sette anni negli ultimi dieci o almeno sei anni negli ultimi sette una o più attività lavorative gravose specificamente individuate dalla legge.

Con riguardo allo stato di disoccupazione, la Cassazione ha osservato che, ai fini dell’accertamento del diritto all’APE sociale, la normativa non prevede la condizione positiva della fruizione dell’indennità di disoccupazione, ma solo la condizione negativa della cessazione della fruizione della stessa.

L’art. 1, co. 179, lett a), cit., infatti, non collega il trattamento pensionistico anticipato all’indennità di disoccupazione: ciò, si evince non solo dal fatto che la norma richiama una contribuzione di 30 anni, ammettendo implicitamente che i requisiti dell’APE sono diversi da quelli della disoccupazione, ma “anche perché, se ciò avesse voluto fare, avrebbe posto in continuità le due prestazioni, laddove invece impone una cesura tra le stesse”.

Proprio il richiamo alla cessazione della fruizione dell’indennità di disoccupazione evidenzia – alla base dell’intervento previdenziale di sostegno – uno stato di bisogno della persona che il legislatore ritiene meritevole di tutela e che sussiste, a maggior ragione, proprio nel caso in cui il lavoratore sia rimasto privo di impiego e non abbia neppure goduto della prestazione di disoccupazione.

Pertanto, secondo la Cassazione, il diritto all’anticipo pensionistico va riconosciuto, in presenza degli altri requisiti di cui all’art. 1, co. 179 – 186, L. 232 cit., anche al prestatore, rimasto privo  di impiego a seguito di cessazione del rapporto di lavoro, che non abbia in precedenza fruito dell’indennità di disoccupazione, dal momento che, ai fini del riconoscimento delle condizioni per l’accesso a tale prestazione,  “è richiesto il requisito della distanza temporale tra la disoccupazione e l’APE sociale solo dove sia stata fruita concretamente l’indennità di disoccupazione”, fermo restando che tale fruizione non condiziona affatto il diritto all’anticipo pensionistico.

In attuazione di tali principi, la Cassazione, nel confermare la pronuncia di merito, ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento emesso dall’ente previdenziale che aveva negato l’accesso all’APE sociale alla ricorrente sul presupposto che, per il riconoscimento del diritto a tale trattamento, è indispensabile aver goduto interamente della prestazione di disoccupazione, oltre ad aver lo status di disoccupato.

Sentenza

CORTE DI CASSAZIONE 17 settembre 2024, n. 24950

Svolgimento del processo

1.Con sentenza del 7.6.22 la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza 1.7.21 del Tribunale di Pistoia, che aveva dichiarato il diritto della lavoratrice in epigrafe all’APE sociale, ritenendo non necessario ex articolo 1, comma 179, legge n. 232 del 2016- oltre allo stato di disoccupazione, pacificamente ricorrente – l’aver beneficiato altresì di indennità di disoccupazione.

2. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che la suddetta norma fa riferimento solo allo stato di disoccupazione e che, solo nel caso eventuale di fruizione dell’indennità di disoccupazione, opererà l’ulteriore condizione della non continuità tra disoccupazione ed APE sociale.

3. Avverso tale sentenza ricorre l’Inps per un motivo, cui resiste con controricorso la lavoratrice.

Motivi della decisione

4. Il motivo, che deduce violazione dell’articolo 1, comma 179, per avere la sentenza impugnata accordato il diritto all’APE pur in assenza di percezione dell’indennità di disoccupazione, è infondato.

5. Il citato comma 179 prevede, per quel che qui rileva che, dal 1 maggio 2017 e fino al 31 dicembre 2023, agli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che si trovano in una delle condizioni di cui alle lettere da a) a d) del medesimo comma, al compimento del requisito anagrafico dei 63 anni, è riconosciuta, alle condizioni di cui ai commi 185 e 186 del medesimo articolo, un’indennità per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell’età anagrafica prevista per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia di cui all’articolo 24, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214: la lettera a), che qui rileva, attribuisce il beneficio a coloro che “si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi, hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni”.

6. Una interpretazione letterale e logica della norma milita nel senso che è richiesto il requisito della distanza temporale tra la disoccupazione e l’APE sociale solo dove sia stata fruita concretamente l’indennità di disoccupazione, laddove tale fruizione non condiziona affatto il diritto all’APE.

7. Invero, la lettera della norma non prevede la condizione positiva della fruizione dell’indennità di disoccupazione, ma solo la condizione negativa della cessazione della fruizione della stessa. Del resto, la norma richiama una contribuzione di 30 anni e dunque ammette implicitamente che i requisiti dell’APE sociale sono diversi da quelli della disoccupazione.

8. La norma, peraltro, non collega l’APE all’indennità di disoccupazione anche perché, se ciò avesse voluto fare, avrebbe posto in continuità le due prestazioni, laddove invece impone una cesura tra le stesse.

9. Invero, proprio il richiamo alla cessazione della fruizione dell’indennità di disoccupazione evidenzia – alla base dell’intervento previdenziale di sostegno – uno stato di bisogno della persona, che evidentemente il legislatore ritiene meritevole della tutela e della protezione con la prestazione in discorso. Ciò tanto più in considerazione che il soggetto beneficiario maggiormente della tutela in discorso è proprio il soggetto che non ha fruito neppure dell’indennità di disoccupazione.

10. Può dunque affermarsi che il diritto all’APE sociale, in applicazione dell’articolo 1, comma 179, legge n. 232 del 2016, richiede – tra gli altri requisiti – uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia anche beneficiato dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che, ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata.

11. Spese compensate per la novità della questione interpretativa in sede di legittimità.

12. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Spese compensate.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

 

 

 

Lavoratore disoccupato: diritto all’APE sociale anche senza indennità di disoccupazione
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