Nel regime delle c.d. tutele crescenti, al licenziamento nullo si applica sempre la tutela reintegratoria “forte” anche se il datore occupa meno di 15 dipendenti.
Nota a Trib. Roma 12 ottobre 2024, n. 10104
Fabrizio Girolami
Nel caso di assunzioni effettuate dopo il 7.3.2015 (con applicazione del regime delle “tutele crescenti” di cui al D.Lgs. n. 23/2015), laddove al lavoratore venga intimato un licenziamento disciplinare in totale assenza della contestazione da parte del datore di lavoro (con meno di 15 dipendenti), il recesso è affetto da radicale nullità (anche se la stessa non è espressamente disciplinata dalla legge: c.d. “nullità virtuale”) e si applica, a favore del lavoratore, non la “tutela indennitaria ridotta” (art. 9, D.Lgs. n. 23/2015), ma la “tutela reintegratoria forte” (art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 23/2015).
Lo ha affermato il Tribunale di Roma con la sentenza n. 10104 del 12 ottobre 2024 in accoglimento del ricorso di un lavoratore, con mansioni di pasticcere, dipendente da una piccola impresa di ristorazione, il quale era stato licenziato per giusta causa, senza alcuna preventiva contestazione disciplinare.
La sentenza in commento rileva quanto segue:
- nel caso di specie, il datore (imprenditore con meno di 15 dipendenti) ha intimato al lavoratore (assunto dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2015) un licenziamento caratterizzato – sotto il profilo formale – per “mancanza assoluta di contestazione”;
- secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, l’irrogazione del recesso in assenza di una coerente e specifica fattispecie accusatoria, al di fuori delle regole procedimentali previste per legge, priva il lavoratore di “strumenti di difesa essenziali”. Ne deriva che il radicale difetto di contestazione dell’infrazione determina “l’inesistenza dell’intero procedimento, e non solo l’inosservanza delle norme che lo disciplinano, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria, per insussistenza del fatto contestato”;
- in caso di impresa con meno di 15 dipendenti, occorre individuare la tutela applicabile al licenziamento senza previa contestazione, in quanto “ipotesi non espressamente disciplinata”;
- tale licenziamento è affetto da radicale nullità (anche se non prevista ex lege: c.d. nullità virtuale), in quanto le sanzioni disciplinari irrogate in violazione dell’iter legislativo previsto dall’art. 7 Stat. Lav. (che, come noto, prevede la necessità della contestazione dell’addebito) configura una “nullità di protezione”, sicché la procedura garantistica in materia disciplinare “è inderogabile ed è fondata su un evidente scopo di tutela del contraente debole del rapporto”;
- nel caso di specie si è, dunque, in presenza, non già di una “mera deviazione formale dallo schema procedimentale della norma disciplinare”, bensì di una “vera e propria nullità”;
- la Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 22/2024, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 23/2015, nella parte in cui limita l’operatività della tutela reintegratoria forte ai casi di nullità “espressamente previsti dalla legge”;
- pertanto, l’art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 23/2015 va interpretato nel senso che lo stesso comprende, tra le ipotesi meritevoli di tutela reintegratoria forte, anche quelle derivanti da “nullità virtuali”, ossia quelle che, pur in mancanza di tale espressa previsione, costituiscono ipotesi di contrarietà a “norme imperative” (art. 1418 c.c.), “salvo che la legge disponga diversamente”;
- nel caso di specie, la prescrizione è contenuta in una “norma imperativa”, come si evince dal tenore dell’art. 7, co. 1, Stat. lav. (“il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito”); inoltre, la violazione “incide concretamente sulle garanzie di difesa del lavoratore e concreta, perciò, una nullità di protezione conseguente al mancato rispetto del procedimento dettato a garanzia del lavoratore”;
- né si tratta di ipotesi in cui la legge “disponga diversamente” quanto all’impianto sanzionatorio, in quanto essa non rientra “né nell’art.9, né nell’art.4, né nell’art. 3 del D.Lgs. n. 23/2015”;
- pertanto, in caso di licenziamento disciplinare non preceduto dalla relativa (necessaria) contestazione, va sempre applicata la tutela reintegratoria “forte” di cui all’art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 23/2015, per la quale non sono previste distinzioni di requisiti dimensionali.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il giudice ha dichiarato nullo il licenziamento intimato al lavoratore, condannando il piccolo datore alla reintegrazione nel posto di lavoro con le mansioni in precedenza svolte e il livello III del CCNL Pubblici Esercizi e al pagamento dell’indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, dal giorno del licenziamento fino a quello di effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge.