Nel caso di attività extralavorative durante l’assenza per infortunio, qualora la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore non siano pregiudicati, il licenziamento è illegittimo.
Nota a Cass. (ord.), 4 novembre 2024, n. 28255
Fabrizio Girolami
È illegittimo il licenziamento della lavoratrice che, durante la convalescenza per infortunio, svolge attività extralavorative, a meno che non vi siano indicazioni precise del personale medico che evidenzino un pregiudizio alla guarigione e al rientro in servizio. Inoltre, è irrilevante che, in un momento successivo, il personale medico abbia imposto alla lavoratrice specifiche limitazioni nei movimenti, se tali indicazioni non erano state formulate durante la precedente visita.
Lo ha affermato la Cassazione con l’ordinanza n. 28255 del 4.11.2024, in relazione alla vicenda di una lavoratrice (dipendente di una compagnia aerea) che era stata licenziata per giusta causa, in quanto, durante la convalescenza (per un infortunio che le aveva procurato un trauma contusivo alla spalla destra), a seguito di accertamenti tramite agenzia investigativa, aveva svolto attività extralavorative idonee – secondo la tesi della compagnia – a pregiudicare il rientro in servizio (tra cui portare una borsa sulla spalla destra; uscire dal supermercato con un sacchetto contenente anche una bottiglia; condurre la bicicletta, anche contemporaneamente parlando al cellulare con la mano destra; trascinare il trolley contenente la spesa utilizzando il braccio destro; aprire la portiera dell’autovettura con la mano destra, reggendo sul braccio destro una borsa voluminosa).
La Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento (dichiarata con sentenza n. 2421/2022 della Corte d’Appello di Roma), richiamando i seguenti generali principi di diritto:
- in tema di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività (lavorativa o extralavorativa), durante l’assenza per malattia del dipendente, grava sul datore di lavoro l’onere della prova che “la malattia in questione sia simulata ovvero che la predetta attività sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente medesimo”;
- lo svolgimento di altra attività da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio “ex ante” in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio.
Nel caso di specie, secondo la Cassazione:
- nella prima visita medica, svolta prima dell’attività investigativa che aveva determinato l’avvio del procedimento disciplinare, l’INAIL non aveva prescritto alla lavoratrice alcun tipo di terapia né tantomeno l’immobilizzazione della spalla o l’applicazione di tutore e aveva richiesto, invece, accertamenti radiologici ed esame elettromiografico;
- il fatto che, nelle visite mediche successive, il personale medico abbia prescritto alla lavoratrice di evitare movimenti (attività ripetitive con le mani sopra la testa e i gomiti lontani dal corpo, evitando sforzi in elevazione e abduzione) è irrilevante ai fini del licenziamento;
- alla luce della perizia medico-legale – in relazione alla diagnosi e alla terapia prescritte nei giorni delle investigazioni datoriali – le condotte contestate non avevano inciso sul trauma alla spalla destra, né avevano causato un suo aggravamento;
- pertanto, le attività extralavorative svolte dalla lavoratrice durante la convalescenza erano pienamente compatibili con le prescrizioni terapeutiche del momento e – come accertato dalla menzionata perizia – non solo non avevano contribuito a pregiudicare o ritardare la guarigione clinica e il rientro in azienda, ma neppure avevano influito sull’ulteriore lesione alla cuffia dei rotatori, diagnosticata in un secondo momento.
Sentenza
Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Roma A.A. dipendente della AIR FRANCE sa dal 6.5.1987, deduceva di essere stata licenziata con lettera dell’8.2.2017, all’esito di una procedura di mobilità e, a seguito di impugnazione giudiziaria, di essere stata reintegrata nel posto di lavoro: reintegra che però avveniva mediante l’assegnazione presso la sede di T (in luogo di quella precedente di M) ove, secondo quanto riferito, veniva costretta quasi all’ inattività, con attribuzione di mansioni non equivalenti alle precedenti; rappresentava di avere preso comunque servizio presso la sede di T e, in data 17.4.2018, di essere scivolata in bagno procurandosi un trauma contusivo alla spalla destra, riconosciuto indennizzabile come infortunio sul lavoro dall’INAIL con prognosi fino all’11.8.2018 ed esito permanente del 4%; riferiva, altresì, di avere ricevuto una contestazione disciplinare con la quale le era stato addebitato, a seguito di accertamenti di una agenzia investigativa, che nelle date del 6, 7, 12, 13, 16, 17 e 18 luglio era stata ripresa svolgere attività incompatibili con il suo stato di salute e che alla contestazione era seguito, in data 21.8.2018, il recesso per giusta causa; chiedeva, pertanto, dichiararsi l’illegittimità dell’ordine di trasferimento relativo alla ordinanza di reintegra del 19.2.2018, la condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro presso la sede di M, con la tutela risarcitoria ex art. 18 co. 1 legge n. 300 del 1970 o, in subordine, ex art. 18 co. 4 legge n. 300 del 1970.
2. L’adito Tribunale rigettava il ricorso mentre la Corte di appello di Roma, con la sentenza oggi impugnata, in parziale accoglimento del reclamo annullava il licenziamento intimato a A.A. e condannava AIR FRANCE sa a reintegrarla nel posto di lavoro e a corrisponderle una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre accessori e regolarizzazione contributiva previdenziale e assistenziale; confermava nel resto la pronuncia di rigetto di primo grado.
3. I giudici di seconde cure rilevavano che: a) la contestazione disciplinare riguardava solo lo svolgimento di attività incompatibili con la malattia e la loro idoneità a pregiudicare e/o ritardare la guarigione ed il rientro in azienda; b) dalla istruttoria espletata, anche attraverso la consulenza tecnica di ufficio, era emerso che le uniche azioni extralavorative per le quali vi era la prova documentale nelle indagini investigative non avevano svolto alcun ruolo decisivo e non erano compatibili con un eventuale aggravamento della patologia della spalla destra, né erano di entità tale da potere avere determinato la lesione della cuffia dei rotatori, oltre a non avere pregiudicato o ritardato la guarigione clinica; c) dalla insussistenza dei fatti addebitati derivava il riconoscimento della tutela ex art. 18 co. 4 legge n. 300 del 1970 e la impossibilità di convertire il licenziamento per giusta causa in giustificato motivo soggettivo, né sussistevano elementi per ritenere il licenziamento adottato quale ritorsivo; d) infondati erano anche le questioni, prospettate dalla lavoratrice, circa la illegittimità del disposto trasferimento a T; e) non meritevole di accoglimento era anche l’eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata dalla società, per mancata notifica del ricorso in opposizione nel termine di cui all’art. 1 co. 51 e ss. di trenta giorni prima della data fissata per la costituzione dell’opposto; f) la domanda di detrazione dell’aliunde perceptum e/o percipiendum era inammissibile perché generica e priva di elementi specifici utili all’accertamento.
4. Avverso la sentenza di secondo grado AIR FRANCE sa ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso A.A.
5. Le parti hanno depositato memorie.
6. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380-bis 1 c.p.c.
Motivi della decisione
1.I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo si denuncia la violazione o comunque omessa applicazione, ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., delle norme sull’esecuzione de contratto e, in particolare, dell’art. 1175 c.c. e 1375 c.c., nonché dell’art. 2104 c.c., dell’art. 2105 c.c., dell’art. 2110 c.c. e degli artt. 115 co. 1, 141 co. 2, 169 co. 1, 173 co. 2 e 182 co. 2 D.Lgs. n. 285/1992, per non avere la Corte territoriale considerato che il compimento di altre attività da parte del dipendente, assente per malattia e/o infortunio, non era circostanza disciplinarmente irrilevante ma poteva anche giustificare la sanzione del licenziamento in relazione ai doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà.
Si deduce che la Corte di merito avrebbe dovuto valorizzare la circostanza che, a seguito degli accertamenti eseguiti, la A.A., mentre era assente dal servizio, aveva svolto plurime attività gravemente imprudenti, negligenti e addirittura illecite, quali parlare al cellulare (con il braccio interessato dall’ infortunio) durante la conduzione del velocipede, oltre che condurre lo stesso a mani libere: ciò, oltre a contrastare con le disposizioni del codice della strada, costituiva condotta pericolosa in uno stato di infortunio.
3. Con il secondo motivo si eccepisce l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c., per non avere considerato la Corte distrettuale che la lavoratrice, in plurime occasioni, aveva tenuto condotte illecite e pericolose ai sensi degli artt. 115, 141, 169, 173 e 182 D.Lgs. n. 285/1992. Si obietta che, secondo una valutazione ex ante, i giudici di seconde cure avrebbero dovuto rilevare la messa in pericolo della precaria situazione di salute e la rapida ed efficace guarigione dalla patologia.
4. I motivi, che per la loro connessione logico-giuridica possono essere esaminati congiuntamente, non sono fondati.
5. I principi di diritto cui avere riguardo sono rappresentati dai precedenti di questa Corte (Cass. n. 13063/2022) secondo cui, in materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività, lavorativa o extralavorativa, durante l’assenza per malattia del dipendente, grava sul datore di lavoro la prova che la malattia in questione sia simulata ovvero che la predetta attività sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente medesimo, atteso che l’art. 5 della legge n. 604 del 1966 pone a carico del datore di lavoro l’onere della prova di tutti gli elementi di fatto che integrano la fattispecie che giustifica il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l’ illecito disciplinare contestato e (Cass. n. 26496/2018) secondo cui lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’ inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio “ex ante” in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio.
6. Nella fattispecie, la Corte territoriale – esclusa la questione della simulazione perché non rite et rete proposta e perché, in ogni caso, non vi erano dubbi, in considerazione della documentazione medica proveniente dal Pronto Soccorso e delle verifiche svolte dall’INAIL sulla esistenza della patologia – con un accertamento di merito, argomentato con motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. nuova formulazione ratione temporis applicabile e svolto mediante accertamenti medici disposti in grado di appello, ha ritenuto, in un contesto di pluralità di condotte contestate che, all’esito della visita del 2.7.2018 (prima, cioè, dell’attività di vigilanza svolta dalla datrice di lavoro e posta a base del provvedimento disciplinare), l’INAIL non aveva prescritto alla lavoratrice alcun tipo di terapia né tantomeno l’ immobilizzazione della spalla o l’applicazione di tutore ed aveva richiesto, invece, accertamenti radiologici ed esame elettromiografico.
7. Si evince, pertanto, che prima dei pedinamenti non vi era stata alcuna prescrizione limitativa dei movimenti per la A.A.: solo successivamente (in data 27.8.2018 e 15.11.2018) venne prescritto alla lavoratrice di evitare movimenti costituiti da attività ripetitive con le mani sopra la testa ed i gomiti lontani dal corpo, evitando sforzi in elevazione ed abduzione.
8. Ne consegue che, in relazione alla diagnosi e alla terapia in atto nei giorni degli accertamentidatoriali, correttamente la Corte distrettuale ha precisato che le condotte contestate nel luglio 2018 (“guidare una vettura con il cambio automatico, portare una borsa sulla spalla destra, utilizzare il cellulare con entrambe le mani, sorreggere un ombrello, consumare la colazione utilizzando indifferentemente entrambe le braccia e mani per mangiare, bere il caffè, avvicinare/allontanare la sedia dal tavolo, aprire e chiudere con la mano destra il veicolo modello FIAT, uscire dal supermercato con un sacchetto contenente anche una bottiglia, condurre la bicicletta (anche contemporaneamente parlando al cellulare tenendolo con la mano destra), trascinare il carrello-trolley contenente la spesa utilizzando il braccio destro, sorreggere con entrambe le mani due piatti, aprire la portiera della predetta autovettura con la mano destra, reggendo, sul braccio destro una borsa voluminosa”) non avevano svolto alcun ruolo di rilevanza apprezzabile a carico della spalla destra né avevano causato un aggravamento della lesione dei rotatori: in sostanza, è stato accertato, con una indagine in punto di fatto, insindacabile in questa sede, che le condotte di cui alla incolpazione disciplinare, in linea con le prescrizioni terapeutiche del momento, non avevano contribuito a pregiudicare o ritardare la guarigione clinica ed il rientro in servizio, come accertato a mezzo di consulenza tecnica medico-legale, e non avevano influito assolutamente in ordine alla lesione alla cuffia dei rotatori successivamente diagnosticata.
9. Deve, poi, evidenziarsi che le asserite violazioni al codice della strada, di cui parte ricorrente lamenta l’omesso esame, oltre a non avere formato oggetto specifico di addebito nella lettera di contestazione disciplinare ma solo nel provvedimento di licenziamento, sia pure in modo generico (“(…) in alcuni casi in palese violazione del Codice della Strada (…)” e “la Sua condotta potrebbe costituire illecito sotto altri profili”), sono comunque irrilevanti ai fini dell’ intimato recesso fondato essenzialmente sulla circostanza di avere svolto attività idonee a pregiudicare o quantomeno a ritardare la guarigione della patologia da cui la dipendente era affetta.
10. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
11. Al rigetto segue la condanna della ricorrente società al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del Difensore della A.A. 12. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
12. In ragione della natura dei dati su riferiti, si dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi della controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
In caso di diffusione dispone che sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della controricorrente, ai sensi dell’art. 52 D.Lgs. n. 196/2003 e ss.mm.