Il giorno di riposo concesso per ristorare il maggior stress psico-fisico legato a una prestazione lavorativa di durata prolungata e con articolazione notturna non costituisce una mera assenza dal servizio (a sensi dell’art. 44, co. 3, ccnl comparto sanità). Tale assenza ha infatti la funzione del riposo compensativo rispetto all’avvenuto superamento dell’orario giornaliero e giustifica la corresponsione dell’indennità prevista dal citato ccnl.
Nota a Cass. (ord.) 6 novembre 2024, n. 28575
Maria Novella Bettini
La giornata di riposo concessa al lavoratore turnista, successiva a un turno notturno di 12 ore, deve essere ritenuta come giorno di riposo compensativo. Tale riposo risponde alla necessità di ristoro del lavoratore per la maggiore gravosità del turno prolungato, giustificando così il diritto alla corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 44, co. 3, del ccnl comparto sanità.
Lo afferma la Corte di Cassazione (ord. 6 novembre 2024, n. 28575, diversamente dalla Corte territoriale secondo la quale il giorno successivo a quello di c.d. “smonto” non costituisce necessariamente un riposo compensativo, considerata l’articolazione dell’orario settimanale; e ricorre l’ipotesi del riposo compensativo solo qualora vi sia stata una prestazione lavorativa eccedente rispetto al debito orario indicato dal contratto, nella specie non integratasi).
La Cassazione ha specificato che:
a) l’indennità riconosciuta dall’art. 44, co. 3, ccnl comparto sanità è finalizzata a ristorare la maggiore gravosità del lavoro prestato per turni a copertura dell’intero arco delle 24 ore. La norma in questione va letta in connessione con l’art. 26, co. 3, lett. e)) ccnl (07/04/1999), il quale ultimo, nell’ipotesi d’orario continuato e in turni sulle 24 ore, impone di prevedere “adeguati periodi di riposo tra i turni per consentire il recupero psico-fisico”;
b) In base alla locuzione adottata dall’art. 26, cit. (in merito all’esigenza di un riposo per consentire “il recupero psico-fisico” in caso di orario continuato e in turni), la giornata di “smonto”, prevista dopo il turno notturno di 12 ore, va qualificata in termini di riposo compensativo; e ciò anche laddove non risulti superato l’ordinario orario settimanale delle 36 ore contrattuali, non essendo tale requisito imprescindibile per la qualificazione della giornata “non lavorata” in termini di riposo compensativo.
Nella fattispecie sottoposta all’attenzione dei giudici, l’orario di lavoro è articolato in turni mattutini/pomeridiani con un turno notturno di 12 ore e quindi con una durata doppia rispetto al turno ordinario, al quale segue una giornata nella quale il lavoratore non è impegnato in altri turni. Per questa giornata l’azienda non ha corrisposto la maggiorazione contrattuale facendo leva sull’ultimo periodo dell’art. 44, co. 3, ccnl comparto sanità 01/09/1995 per il quadriennio 1994/1997, che la circoscrive ai soli giorni di “riposo compensativo”.
La Corte ha perciò affrontato la questione se il giorno successivo a quello di smonto dal turno notturno sia da considerare come giorno non lavorato, come propugnato dalla Azienda sanitaria, o giorno di riposo compensativo, come sostenuto dai controricorrenti.
Al riguardo, la Cassazione muove da una ricognizione della disciplina collettiva nella quale si prevede (art. 44, ccnl 01/09/1995, art. 41, ccnl 07/04/1999 e art. 25, ccnl 19/04/2004) una speciale indennità per particolari condizioni di lavoro. In particolare, l’art. 44, co. 3, ccnl, cit., nella versione ratione temporis vigente, recita: «[…] 3. Al personale del ruolo sanitario appartenente alle posizioni funzionali corrispondenti al V, VI e VII livello retributivo ed operante in servizi articolati su tre turni, compete una indennità giornaliera, pari a € 4,49182. Detta indennità è corrisposta purché vi sia una effettiva rotazione del personale nei tre turni, tale che nell’arco del mese si evidenzi un numero sostanzialmente equilibrato dei turni svolti di mattina, pomeriggio e notte, in relazione al modello di turni adottato nell’azienda o ente. L’indennità non può essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata, salvo per i riposi compensativi. […]». Il testo della disposizione, per come trascritto, è stato ripreso dall’art. 86 del CCNL del Comparto Sanità 2016/2018 che non ha apportato significative modificazioni”.
Più specificamente, l’art. 44 cit., al co. 3, prevede che al personale del ruolo sanitario appartenente alle posizioni funzionali (corrispondenti al 5^, 6^ e 7^ livello retributivo) e operante in servizi articolati su tre turni debba essere corrisposta una indennità giornaliera (pari a € 4,49); la norma collettiva precisa, tuttavia, che tale indennità non può essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata. L’unica eccezione è quella in cui l’assenza dal servizio coincida con il godimento di un riposo compensativo (v. Cass. n. 29632/2018; Cass. n. 13805/2015; Cass. n. 27273/2013).
Nel senso che “l’indennità giornaliera prevista a favore del personale del ruolo sanitario con orario di lavoro settimanale ripartito su cinque giorni lavorativi e con servizio articolato su tre turni compete ogniqualvolta il riposo sia volto a consentire il recupero del maggiore stress psico-fisico legato a un turno di servizio svolto con modalità particolarmente intense e gravose, restando irrilevante la circostanza che la prestazione lavorativa non ecceda, nel suo complesso, l’orario contrattuale settimanale, con una serie di argomentazioni che, nella presente sede, devono essere riproposte”, (si veda Cass. n. 19088/2024).
Una serie di decisioni, inoltre, convergono nel qualificare come riposo compensativo la giornata non lavorata concessa per recuperare il maggior stress psico-fisico per prestazioni legate al superamento dell’orario contrattualmente stabilito. Sicché si può qualificare come riposo compensativo non solo l’avvenuto superamento dell’orario di lavoro settimanale “ma anche qualora il riposo venga a porsi in termini di sistematica programmazione legata al recupero della maggiore gravosità della prestazione resa in un turno prolungato in periodo notturno” (v. Cass. n. 10053/2019 e Cass. n. 24439/2015, nonché Cass. n. 15291/2019, per la quale “la giornata di sabato costituisce di regola una giornata di non lavoro», ma ai lavoratori turnisti «deve essere accordato un giorno di riposo compensativo del maggior orario prestato […]», sicché, in tal caso, «questa giornata è, senza dubbio, una giornata di riposo compensativo che, tuttavia, solo occasionalmente coinciderà col sabato”.
Sentenza
CORTE DI CASSAZIONE (ord.) 6 novembre 2024, n. 28575
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza n. 3012/2020, pubblicata in data 19 ottobre 2020, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione degli appellati C.P., M.M., A. G. ha respinto l’appello proposto dalla ASL NAPOLI 3 SUD avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 52/2018, del 10 gennaio 2018, la quale, in accoglimento dei separati ricorsi – poi riuniti – proposti dagli appellati, aveva riconosciuto il diritto dei medesimi a vedersi riconoscere l’indennità di turno ex art. 44 CCNL Sanità del 1° settembre 1995 – nonché l’indennità di terapia intensiva o subintensiva – anche nei giorni di assenza dal servizio per riposo compensativo.
2. La Corte d’appello – premesso che non risultava contestato né che gli appellati svolgessero la prestazione lavorativa su tre turni, di cui uno notturno di 12 ore; né che fruissero del riposo nel giorno successivo allo “smonto” dal turno notturno – ha ritenuto – sulla scorta di un’analisi degli artt. 22, Legge n. 724/1994, 3, D. Lgs. n. 66/2003; 18 CCNL 1994-1997 e 26, CCNL 1998-2001 nonché di richiami a decisioni di questa Corte – che l’indennità ex art. 44 CCNL 1° settembre 1995 non possa essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata – trattandosi di compenso strettamente connesso alla penosità del lavoro prestato in turni ed agganciato alla effettiva prestazione del servizio – con l’unica eccezione dell’ipotesi in cui l’assenza dal servizio coincida con il godimento di un riposo compensativo, in quanto in tal caso l’assenza è causalmente collegata all’organizzazione del lavoro e funzionale al recupero della maggior durata della prestazione lavorativa, rispetto all’orario normale contrattualmente convenuto di 36 ore, per effetto della necessità di copertura dei turni stessi.
Evidenziato, quindi, che gli appellati svolgevano anche un turno notturno di dodici ore – e quindi di durata superiore al limite delle prestazioni giornaliere – la Corte partenopea ha concluso che il giorno di riposo successivo allo “smonto” deve essere considerato come giorno di riposo compensativo e non di riposo settimanale, da ciò derivando il diritto alla corresponsione delle due indennità riconosciute dal giudice di prime cure.
3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ASL NAPOLI 3 SUD.
Resistono con controricorso C.P., M.M., A. G.
4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con l’unico motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 22, Legge n. 724/1994; 3, D. Lgs. n. 66/2003; 2109 c.c.; 44, CCNL Comparto Sanità del 01.09.1995.
Il ricorso censura la decisione impugnata, in quanto la stessa, oltre a non considerare alcune circostanze in fatto, avrebbe seguito una interpretazione non corretta della nozione di riposo compensativo, di cui invece si dovrebbe adottare un’interpretazione restrittiva, limitando conseguentemente il riconoscimento dell’indennità ex art. 44, CCNL Comparto Sanità del 01.09.1995 “unicamente in funzione del recupero della prestazione lavorativa eventualmente svolta in eccedenza rispetto alle previsioni contrattuali” e quindi “limitata solo a tale evenienza”, cioè per le “assenze che sono causalmente collegate a tale organizzazione del lavoro e funzionali al recupero della maggior durata della prestazione lavorativa”.
Conclude, pertanto, affermando che il giorno successivo a quello di c.d. “smonto” non costituisce necessariamente un riposo compensativo, considerata l’articolazione dell’orario settimanale; e che ricorre l’ipotesi del riposo compensativo solo qualora vi sia stata una prestazione lavorativa eccedente rispetto al debito orario indicato dal contratto, nella specie non integratasi.
2. Il motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte, infatti, ha avuto recentemente modo (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 19088 del 11/07/2024) di enunciare il principio per cui, ai sensi dell’art. 44, comma 3, CCNL comparto sanità del 1° settembre 1995 per il quadriennio 1994/1997, l’indennità giornaliera prevista a favore del personale del ruolo sanitario con orario di lavoro settimanale ripartito su cinque giorni lavorativi e con servizio articolato su tre turni compete ogniqualvolta il riposo sia volto a consentire il recupero del maggiore stress psico-fisico legato a un turno di servizio svolto con modalità particolarmente intense e gravose, restando irrilevante la circostanza che la prestazione lavorativa non ecceda, nel suo complesso, l’orario contrattuale settimanale, con una serie di argomentazioni che, nella presente sede, devono essere riproposte.
Risulta dallo storico della lite che l’orario di lavoro è articolato in turni mattutini/pomeridiani con un turno notturno di 12 ore e quindi con una durata doppia rispetto al turno ordinario, al quale segue una giornata nella quale il lavoratore non è impegnato in altri turni.
Proprio per questa giornata l’azienda non ha, invero, corrisposto la maggiorazione contrattuale facendo leva sull’ultimo periodo dell’art. 44 comma 3 CCNL comparto sanità del 1° settembre 1995 per il quadriennio 1994/1997, che la circoscrive ai soli giorni di “riposo compensativo”.
Premesso che anche ai lavoratori turnisti dev’essere attribuito un solo giorno di riposo settimanale, dovendosi distinguere da esso il giorno di riposo compensativo (Cass., Sez. L, n. 5710/2009), occorre perciò valutare, ai fini di causa, se il giorno successivo a quello di smonto dal turno notturno sia da considerare come giorno non lavorato, come propugnato dalla Azienda, o giorno di riposo compensativo, come sostenuto dai controricorrenti.
È utile, allora, preliminarmente muovere da una ricognizione della disciplina collettiva, nella quale si prevede (art. 44 CCNL del 01/09/1995, art. 41 CCNL del 07/04/1999 e art. 25 CCNL del 19/04/2004) una speciale indennità per particolari condizioni di lavoro.
In particolare, l’art. 44, comma 3, CCNL, cit., nella versione ratione temporis vigente, recita: «[…] 3. Al personale del ruolo sanitario appartenente alle posizioni funzionali corrispondenti al V, VI e VII livello retributivo ed operante in servizi articolati su tre turni, compete una indennità giornaliera, pari a € 4,49182. Detta indennità è corrisposta purché vi sia una effettiva rotazione del personale nei tre turni, tale che nell’arco del mese si evidenzi un numero sostanzialmente equilibrato dei turni svolti di mattina, pomeriggio e notte, in relazione al modello di turni adottato nell’azienda o ente. L’indennità non può essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata, salvo per i riposi compensativi. […]».
Il testo della disposizione, per come trascritto, è stato ripreso dall’art. 86 del CCNL del Comparto Sanità 2016/2018 che non ha apportato significative modificazioni; quanto all’orario di lavoro è stabilito, poi, all’art. 26 CCNL del 07/04/1999, Comparto Sanità, come integrato dall’art. 5 CCNL del 10/04/2008, quanto segue: «1. L’orario di lavoro è di 36 ore settimanali ed è funzionale all’orario di servizio e di apertura al pubblico. I criteri delle politiche dell’orario di lavoro, nell’ambito di quanto previsto dal presente articolo, sono definiti con le procedure previste dall’art. 4, comma 2, punto VIII. […] 3. La distribuzione dell’orario di lavoro è improntata ai seguenti criteri di flessibilità, tenuto conto che diversi sistemi di articolazione dell’orario di lavoro possono anche coesistere: a. utilizzazione in maniera programmata di tutti gli istituti che rendano concreta una gestione flessibile dell’organizzazione del lavoro e dei servizi, in funzione di un’organica distribuzione dei carichi di lavoro; b. orario continuato ed articolato in turni laddove le esigenze del servizio richiedano la presenza del personale nell’arco delle dodici o ventiquattro ore; c. orario di lavoro articolato, al di fuori della lettera b), con il ricorso alla programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali ed annuali con orari inferiori alle 36 ore settimanali. In tal caso, nel rispetto del monte ore annuale, potranno essere previsti periodi con orari di lavoro settimanale, fino ad un minimo di 28 ore e, corrispettivamente, periodi fino a tre mesi all’anno, con orario di lavoro settimanale fino ad un massimo di 44 ore settimanali; d. assicurazione, in caso di adozione di un sistema di orario flessibile, della presenza in servizio di tutto il personale necessario in determinate fasce orarie al fine di soddisfare in maniera ottimale le esigenze dell’utenza; e. la previsione, nel caso di lavoro articolato in turni continuativi sulle 24 ore, di adeguati periodi di riposo tra i turni per consentire il recupero psico-fisico; una durata della prestazione non superiore alle dodici ore continuative a qualsiasi titolo prestate, laddove l’attuale articolazione del turno fosse superiore […]».
La tesi dell’Azienda è quella secondo cui solo il riposo motivato dal superamento delle 36 ore ordinarie settimanali potrebbe essere qualificato “compensativo” e cita, a sostegno di tale assunto, la giurisprudenza di legittimità sulla giornata del sabato non lavorato, e, in particolare Cass. n. 15291/2019 che però è richiamata anche dai controricorrenti a supporto della propria prospettazione.
Come si è visto, l’art. 44 CCNL Comparto Sanità, al comma 3, prevede che al personale del ruolo sanitario appartenente alle posizioni funzionali corrispondenti al 5^, 6^ e 7^ livello retributivo e operante in servizi articolati su tre turni debba essere corrisposta una indennità giornaliera, pari a Euro 4,49; la norma collettiva precisa, tuttavia, che tale indennità non può essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata.
L’unica eccezione è quella in cui l’assenza dal servizio coincida con il godimento di un riposo compensativo; nella sostanza, quindi, si tratta di un compenso strettamente connesso alla penosità del lavoro prestato in turni e agganciato all’effettiva prestazione del servizio, con la sola deroga delle assenze che sono causalmente collegate a tale organizzazione del lavoro e funzionali al recupero della maggior durata della prestazione lavorativa.
Ciò è stato affermato da questa Corte fin da epoca risalente (Cass. n. 27273/2013) con principi cui hanno dato sostanziale continuità numerose pronunce successive (Cass. nn. 13447, 13803, 13804, 13805 del 2015, Cass. nn. da 24379 a 24382 del 2015, Cass. 29632/2018).
Cass. n. 24439/2015 in un caso di superamento, da parte dei lavoratori turnisti, dell’orario normale contrattualmente convenuto di 36 ore settimanali per effetto della necessità di copertura dei turni di 8 ore su 5 giorni, con quaranta ore complessive lavorate, ha ritenuto sussistenti i presupposti per godere del riposo compensativo; in particolare, traendo spunto da una situazione in cui l’esigenza del riposo compensativo era occasionata dal superamento, da parte del turnista, dell’orario di lavoro settimanale, ma pur sempre a causa «del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera», tale pronuncia ha sottolineato che «solo per i giorni suddetti, che non sono festivi né sono assimilabili a giorni di riposo settimanale, spetterà l’indennità di turno in quanto solo per questi esiste, come chiaramente voluto dalle parti collettive, una stretta connessione causale tra la giornata di riposo e l’esigenza organizzativa di copertura dei turni nelle 24 ore giornaliere».
In termini non dissimili si esprimono Cass. n. 10052 e 10053/2019 e Cass. n. 15291/2019, in quest’ultima si precisa che l’indennità giornaliera «spetta al lavoratore per le giornate non lavorate esclusivamente in caso di assenza per riposo compensativo, in dipendenza del recupero della prestazione lavorativa svolta in eccedenza rispetto a quella prevista contrattualmente, attese le esigenze di copertura dei turni» (v. punto 3), aggiungendo, in altro passaggio della motivazione, che «la giornata di sabato costituisce di regola una giornata di non lavoro», ma ai lavoratori turnisti «deve essere accordato un giorno di riposo compensativo del maggior orario prestato […]», sicché, in tal caso, «questa giornata è, senza dubbio, una giornata di riposo compensativo che, tuttavia, solo occasionalmente coinciderà col sabato» (punto 6).
Si tratta di decisioni che, se intese nella loro oggettiva e reale portata e al di là dei casi che le hanno propiziate, convergono nel qualificare come riposo compensativo la giornata non lavorata concessa per recuperare il maggior stress psico-fisico per prestazioni legate al superamento dell’orario contrattualmente stabilito con affermazione di principio che deve potersi estendere anche alla fattispecie di cui ci si occupa in cui la maggiore gravosità della prestazione è legata all’intensità del singolo turno di servizio.
Può ben parlarsi, dunque, di riposo compensativo non solo per l’avvenuto superamento dell’orario di lavoro settimanale ma anche qualora il riposo venga a porsi in termini di sistematica programmazione legata al recupero della maggiore gravosità della prestazione resa in un turno prolungato in periodo notturno, e di ciò si mostra avvertita Cass. n. 10053/2019, cit., la quale, in coerenza con il quadro ricostruttivo sopra delineato, evidenzia che non era in discussione, nel contesto fattuale lì considerato, l’intervenuto «pagamento, regolarmente effettuato dall’Azienda, dell’indennità maturata nei giorni di riposo concessi a ristoro dell’eccedenza oraria giornaliera» (punto 2.4).
Non si può non condividere, allora, la ricostruzione operata dalla Corte territoriale, la quale ha qualificato come giornata di riposo compensativo quella non lavorata successiva allo “smonto”, in cui il lavoratore ha la necessità di recuperare le energie psico-fisiche relativamente a un turno “doppio” perché prolungato per 12 ore, potendosi configurare nell’evenienza in questione una prestazione connotata da inusuale intensità rispetto a quella ordinariamente assolta e, in quanto tale, meritevole di riposo compensativo.
La funzione dell’indennità riconosciuta dall’art. 44 comma 3 del contratto collettivo è, d’altronde, quella di ristorare la maggior gravosità del lavoro prestato per turni a copertura dell’intero arco delle 24 ore; e la disposizione in parola va opportunamente letta in connessione con l’art. 26 CCNL del 07/04/1999, il quale ultimo, nell’ipotesi d’orario continuato e in turni sulle 24 ore, impone di prevedere «adeguati periodo di riposo tra i turni per consentire il recupero psico-fisico» (art. 26 comma 3 lett. e).
La locuzione adottata nell’art. 26, cit., in merito all’esigenza di un riposo per consentire “il recupero psico-fisico” in caso di orario continuato e in turni è senz’altro decisiva nell’orientare l’interprete verso una qualificazione della giornata di “smonto”, prevista dopo il turno notturno di 12 ore, in termini di riposo compensativo; e ciò sebbene non risulti nella fattispecie oltrepassato l’ordinario orario settimanale delle 36 ore contrattuali, non essendo invero un tale requisito imprescindibile per la qualificazione della giornata “non lavorata” in termini di riposo compensativo.
Diversa, e non utilmente richiamabile dalla difesa dell’Azienda ricorrente, è, invece, la questione del sabato non lavorato, dove questa Corte nel ribadire, sulla scorta di indirizzo consolidato (Cass. n. 29632/2018, Cass. nn. da 24379 a 24382/2015, cit., Cass. nn. 13447, 13803, 13804, 13805/2015, cit., e Cass. n. 27373/2013, cit.), che lo speciale emolumento di cui all’art. 44, comma 3, CCNL, cit., è inteso a ristorare la maggiore gravosità del lavoro prestato in turni, ne ha escluso la spettanza per il “sesto giorno” non lavorativo allorquando il giorno di riposo non sia volto (si noti) a riequilibrare l’eccedenza della precedente prestazione giornaliera e/o delle maggiori prestazioni rese settimanalmente (Cass. n. 10053/2019, cit.), ma sia, piuttosto, diretta conseguenza dell’orario di lavoro settimanale ripartito per legge (art. 22 legge n. 724/1994) su cinque giorni settimanali.
In definitiva, il superamento dell’orario giornaliero, recuperato attraverso la particolare articolazione del turno, non comporta – come incongruamente opina la Asl – che il giorno di riposo concesso per ristorare il maggior stress psico-fisico legato a una prestazione lavorativa di durata prolungata e con articolazione notturna debba essere qualificato come mera assenza dal servizio a sensi dell’art. 44 comma 3 CCNL, cit., avendo, piuttosto, una siffatta assenza, la funzione del riposo compensativo rispetto all’avvenuto superamento dell’orario giornaliero
L’orientamento appena illustrato ha, del resto, trovato conferma in numerose altre pronunce di questa Corte (tra le molte, Cass. Sez. L, Ordinanza n. 23164 del 2024; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 23125 del 2024; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 23124 del 2024; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 23123 del 2024) e ad esso la decisione impugnata risulta pienamente conforme, dovendosi quindi disattendere il motivo di ricorso.
3. Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto”, spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
5. P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 2.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con distrazione a favore del procuratore antistatario.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.