L’individuazione della platea di lavoratori da avviare alla mobilità non può coincidere automaticamente con gli addetti al reparto da sopprimere, salvo che tale scelta sia giustificata da obiettive esigenze aziendali, adeguatamente esposte nella lettera di apertura della procedura, e che i licenziandi non svolgano mansioni fungibili con quelle dei dipendenti assegnati ad altri reparti.

Nota ad App. Milano 30 dicembre 2024 – R.G. N. 911/2024

Sonia Gioia

In materia di licenziamenti collettivi, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o a un settore dell’impresa, la comparazione dei lavoratori, al fine di individuare la manodopera in eccedenza, può essere limitata agli addetti all’unità o al settore da ristrutturare, purché l’imprenditore, nella lettera di apertura del licenziamento, di cui all’art. 4, co. 3, L. 23 luglio 1991, n. 223, indichi le obiettive esigenze aziendali che limitano i recessi ai dipendenti dell’unità o settore in questione e le ragioni per le quali gli addetti all’unità produttiva o settore da ristrutturare non possano essere utilizzati e comparati con dipendenti del restante complesso aziendale.

Pertanto, se la scelta dei lavoratori da licenziare si basa esclusivamente sulla loro collocazione nel reparto soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altri settori aziendali, si determina una violazione dei criteri di scelta, con conseguente applicazione dell’art. 18, co. 4, L. 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. Statuto dei Lavoratori), ex art. 5, co. 1 e 3, L. n. 223 cit., come sostituito dall’art. 1, co. 46, L. 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero).

Lo ha precisato la Corte d’Appello di Milano 30 dicembre 2024, R.G.N. 911/2024 (conforme a Trib. Milano n. 4327/20), in relazione ad una fattispecie concernente una lavoratrice, impiegata nell’area operativa Customer Service, che lamentava l’illegittimità del recesso per violazione dei criteri di scelta, avendo la società datrice fatto coincidere l’ambito di selezione dei licenziandi con l’insieme degli addetti al sito produttivo, di cui aveva decretato la soppressione in ragione della cessazione della commessa, senza indicare le obiettive esigenze organizzative fondanti la riduzione del personale e le ragioni per cui gli addetti dell’unità da eliminare non potevano essere utilizzati e comparati con i lavoratori del restante complesso aziendale”.

Come noto, nell’ipotesi di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, allo scopo di ampliare quanto più possibile l’area entro cui operare la scelta dei licenziandi e di apprestare idonee garanzie contro il pericolo di discriminazione a danno del singolo lavoratore (tanto più probabili quanto più si restringe l’ambito di selezione), l’individuazione della platea dei lavoratori da espellere deve avvenire in relazione alle esigenze tecniche, produttive ed organizzative del “complesso aziendale”, nel rispetto dei criteri di scelta previsti dai contratti collettivi o, in mancanza, dalla legge, vale a dire carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico, produttive ed organizzative (art. 5, co. 1, L. n. 223 cit.).

Ove la ristrutturazione aziendale interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori destinatari del licenziamento (o del procedimento di messa in mobilità) può essere limitata agli addetti all’unità o al settore da ristrutturare purché la predeterminazione del limitato campo di selezione sia giustificata da esigenze tecnico-produttive ed organizzative che hanno dato luogo alla riduzione del personale, la cui sussistenza va esclusa qualora i lavoratori da licenziare siano idonei – per acquisite esperienze e per pregresso e frequente svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda con positivi risultati – ad occupare posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti o sedi (Cass. n. 20671/2023; Cass. nn. 21306, 18416 e 2221/2020; Cass. n. 21015/2015; Cass. n. 12783/2013).

L’individuazione della platea dei licenziandi, infatti, non può coincidere automaticamente con gli addetti all’unità produttiva da sopprimere, “senza una ulteriore specificazione relativa alle mansioni effettivamente svolte e alla loro comparabilità con quelle dei lavoratori degli altri settori o unità dell’impresa”, con la conseguenza che se la scelta del lavoratore si fonda unicamente sul fatto che egli sia impiegato nel reparto operativo soppresso o ridotto, senza tener conto del possesso di professionalità equivalente a quella del personale impiegato in settori non interessati dalla ristrutturazione aziendale, si configura una violazione dei criteri di scelta di cui all’art. 5, co. 1 e 3, L. n. 223 cit., con applicazione della tutela apprestata dall’art. 18, co. 4, Stat. Lav.  (Cass. n. 18215/2024; Cass. (ord.) n. 1803/2024, in q. sito con nota di P. PIZZUTI; Cass. n. 20502/2018; Cass. n. 18847/2016)

 Ai fini dell’esclusione della comparazione con i prestatori di equivalente professionalità addetti alle unità produttive interessate dalla ristrutturazione e dislocate sul territorio nazionale, non assume rilievo (non essendo contemplata fra i criteri di scelta) la circostanza che il mantenimento in servizio di un dipendente impiegato nella sede soppressa esigerebbe il suo trasferimento in altra sede, con aggravio di costi per l’azienda e interferenza sull’assetto organizzativo, considerato che la regola legale risponde all’esigenza di assicurare che “i procedimenti di ristrutturazione delle imprese abbiano il minor impatto sociale possibile” e che non si può a priori escludere che il lavoratore da  trasferire  in seguito del riassetto delle posizioni lavorative in esito alla valutazione comparativa, preferisca una diversa dislocazione alla perdita del posto di lavoro (Cass. n. 22040/2023; Cass. n. 1380/2022, annotata in q. sito da M. MOCELLA; Cass. n. 32387/2019; Cass. n. 17177/2013).

L’imprenditore, pertanto, ben può circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare ma, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei licenziamenti programmati, è tenuto ad indicare nella comunicazione di apertura della procedura, ai sensi dell’art. 4, co. 3, L. n. 223 cit., le esigenze che limitano i recessi ai dipendenti dell’unità produttiva o settore in questione e le ragioni per le quali egli non ritiene di ovviare al licenziamento con il trasferimento ad altre sedi.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte distrettuale, in conformità con il giudice di prime cure, verificato che la dipendente svolgeva mansioni “pienamente” fungibili con quelle degli impiegati addetti ad altre sedi aziendali, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento per violazione dei criteri di scelta, per avere la società datrice limitato la platea dei licenziandi alla sede da sopprimere, senza adeguatamente motivare tale decisione nella comunicazione di avvio della procedura alle organizzazioni sindacali, ordinando conseguentemente il reintegro della lavoratrice ai sensi dell’art. 18, co. 4, Stat. Lav.

Sul tema, v., in q. sitoAmbito di applicazione, fungibilità e specializzazione nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale, a cura di M.N. BETTINI, con la collaborazione di P. PIZZUTI e F. BELMONTE.

Sentenza 

Licenziamento collettivo in una singola unità produttiva e selezione dei licenziandi
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: